Un nuovo caso di abuso di potere da parte del presidente americano Trump ha riacceso in questi giorni il dibattito su un possibile imminente procedimento di impeachment nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca. Senatori e deputati del Partito Democratico, in parallelo ai media ufficiali di orientamento “liberal”, si sono rapidamente mobilitati dopo l’ennesima fuga di notizie che ha raccontato di come Trump avesse discusso con un leader straniero, poi identificato nel neo-presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di informazioni giudicate sensibili dall’intelligence USA e, soprattutto, si fosse adoperato per ottenere vantaggi in chiave elettorale.

Difendere la terra e i beni comuni diventa sempre più rischioso e la possibilità di perdere la vita, quasi una certezza. Nell’ultima settimana, tre attiviste sono state uccise in Guatemala e Honduras. Il 14 settembre, Paulina Cruz Ruiz, autorità ancestrale maya Achi, è stata assassinata da sconosciuti in Baja Verapaz. Suo marito è in ospedale in bilico tra la vita e la morte. Paulina era molto attiva nei processi di organizzazione comunitaria e da tempo si opponeva a progetti minerari che minacciano il territorio.

Stessa sorte per Mirna Suazo Martínez, presidentessa del patronato della comunità di Masca e attivista per i diritti della popolazione garifuna honduregna, assassinata l’8 settembre da uno sconosciuto che ha fatto irruzione nel locale che gestiva. In questa zona la popolazione sta lottando contro la costruzione di due dighe e la possibile installazione di una “charter city”.

A poche settimane dalle elezioni federali in Canada, il primo ministro Justin Trudeau, a lungo considerato il volto vincente del progressismo occidentale, è stato trascinato in un nuovo scandalo, o presunto tale, che minaccia di complicare il suo percorso verso la rielezione. Se è innegabile che il leader dei liberali canadesi abbia fatto soprattutto dell’ipocrisia e della finzione la cifra delle sue politiche solo in apparenza di sinistra, è altrettanto vero che il fuoco incrociato a cui è esposto da mesi risponde a una precisa campagna, orchestrata da determinate sezioni dei poteri forti canadesi, per spostare ancora più a destra il baricentro politico del paese nordamericano.

Nella serata di mercoledì, Trudeau si è dovuto presentare alla stampa per scusarsi pubblicamente di un comportamento ritenuto inaccettabile in occasione di un evento risalente all’anno 2001. A provocare un autentico polverone sui media canadesi e americani è stata cioè la pubblicazione sulla rivista Time di un’immagine che ritrae il premier travestito da Aladino con la faccia e le mani dipinte di nero.

Le elezioni anticipate di martedì in Israele hanno restituito risultati estremamente incerti che lasciano aperta la clamorosa ipotesi di un epilogo dell’era Netanyahu. Il primo ministro e il suo partito Likud devono fare i conti con la minaccia di essere scalzati dal ruolo di prima forza politica dalla coalizione “Blu e Bianca”, nominalmente di centro-sinistra. Se i risultati finali dovessero confermare questa realtà, Netanyahu potrebbe non solo veder finire la sua permanenza alla guida del governo, ma anche ritrovarsi ad affrontare la giustizia israeliana senza alcuna speranza di immunità.

Il devastante attacco del fine settimana contro alcuni impianti petroliferi sauditi è tornato a far salire il rischio di un’aggressione militare americana contro l’Iran proprio nel momento in cui i leader dei due paesi stavano esplorando un complicato percorso diplomatico. I responsabili della clamorosa iniziativa, che minaccia di sconvolgere il mercato del greggio in tutto il pianeta, non sono ancora stati individuati, anche se il messaggio lanciato a Riyadh con questa operazione appare chiarissimo e ha a che fare sia con il teatro di guerra dello Yemen sia con l’offensiva in corso contro Teheran da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati.


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