La sconfitta incassata domenica dal proprio candidato alla carica di sindaco di Istanbul rischia di innescare una delicata crisi politica per il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Il successo del candidato dell’opposizione, Ekrem Imamoglu, potrebbe infatti accelerare le spinte centrifughe che sul fronte domestico minacciano l’integrità e la presa sul potere del partito di governo (AKP). Allo stesso modo, le pressioni internazionali si moltiplicheranno con ogni probabilità su un Erdogan in una posizione di crescente debolezza e già costretto a destreggiarsi tra una serie di delicate questioni aggravate dalle sue stesse scelte di politica estera in questi ultimi anni.

Con 108 voti a favore su 192 aventi diritto, Qu Dongyu, il candidato della Cina alla poltrona di Direttore Generale della FAO, ha sconfitto la francese Catherine Geslain-Lanéelle (71 voti), che era il candidato non solo della Francia ma di tutta l’Unione Europea ed era sostenuta dagli Stati Uniti e dai paesi satelliti. L'outsider georgiano, Davit Kirvalidze, ha invece ottenuto 12 voti mentre uno è risultato una astensione.

 

A poco è servito l’intenso lavoro diplomatico di Parigi per compattare l’Occidente e l’Africa sulla sua candidata. Anzi, proprio dall’Africa i segnali arrivati al palazzone razionalista di Roma sono stati inequivocabili ed hanno rappresentato uno smacco per la consolidata influenza che la Francia esercita sul continente nero.

L’abbattimento di un drone americano forse in territorio iraniano è stato giovedì il primo incidente che ha messo di fronte direttamente Washington e Teheran da quando le tensioni tra i due paesi sono tornate ad aumentare a causa delle politiche sempre più aggressive dell’amministrazione Trump. Le forze armate USA avevano inizialmente negato di avere velivoli in ricognizione nell’area del Golfo, ma, dopo i dettagli dell’accaduto diffusi dai Guardiani della Rivoluzione iraniani, la notizia dell’abbattimento è stata confermata anche dai militari americani.

Il segretario alla Difesa ad interim degli Stati Uniti, Patrick Shanahan, martedì si è improvvisamente dimesso dalla sua carica, dopo che poco più di un mese fa era stato candidato dalla Casa Bianca alla nomina definitiva a capo della macchina da guerra americana. L’addio dell’ex top manager di Boeing è da attribuire ufficialmente a un’oscura vicenda di maltrattamenti famigliari risalente a quasi un decennio fa, anche se, quasi certamente, la vera ragione dell’avvicendamento alla guida del Pentagono ha a che fare con le divisioni crescenti all’interno dell’amministrazione Trump sotto la spinta delle numerose crisi internazionali in corso, a cominciare da quella iraniana.

Anche se la morte improvvisa dell’ex presidente egiziano, Mohamed Mursi, in un’aula di tribunale sembra essere avvenuta per cause naturali, i veri responsabili del suo decesso sono coloro che ne hanno ordinato la detenzione e i processi-farsa a suo carico, vale a dire i vertici dell’attuale regime militare del generale Abdel Fattah al-Sisi, assieme ai governi occidentali che, dopo il golpe del 2013, avevano rapidamente abbandonato alla propria sorte il primo leader democraticamente eletto del paese nordafricano.


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