Di lotta, di governo, di ripresa, di sfide e risultati. Il 2019 in Nicaragua è stato un anno intenso e positivo. Sebbene sporcato dalla vergognosa successione di misure unilaterali da parte degli Stati Uniti, ha visto il ritorno al pieno effetto del circuito economico del paese gravemente danneggiato dall'ondata terroristica del 2018, che ha lasciato l'eredità del danno economico e la fine di un viaggio condiviso tra tutti i settori della società.
Il 2019 ha visto il proseguire della riconciliazione con coloro che erano disposti a riconciliarsi riconoscendo la sovranità della pace; ma, allo stesso tempo, anche la riaffermazione del sandinismo e l'assoluto rispetto del dettato costituzionale. Perdonare senza dimenticare, dare il benvenuto ma vigilare, permettere ma verificare. Poiché la generosità è figlia della forza, ma la tranquillità del paese è risultato del suo controllo totale.

Una delle prime preoccupazioni degli assassini è quella di far sparire i testimoni dei loro crimini. Trattandosi di crimini politici su vasta scala, come il recente golpe in Bolivia contro Evo Morales con annessi massacri, si tratta di far sparire i giornalisti, quelli onesti ovviamente, non gli embedded che fanno finta di fare i giornalisti. Eliminandoli fisicamente.

Per questi motivi suscita molti e giustificati interrogativi la morte del giornalista argentino Sebastián Moro, che viveva a La Paz dal febbraio 2018, svolgendo un’intensa attività informativa per la stampa e le radio locali ed era anche inviato speciale del noto quotidiano argentino Pagina 12 e di molti altri organi di informazione indipendenti, comunitari ed alternativi latinoamericani.

Moro lavorava per media appartenenti alla Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini della Bolivia, un’importante organizzazione di massa molto attiva tra agricoltori ed indigeni. Il suo ruolo nell’informazione relativa al colpo di Stato e agli attacchi fascisti che lo hanno preceduto ha attirato su di lui l’attenzione di gruppi terroristici di estrema destra. Non è casuale che la sua ultima nota a Pagina 12, inviata il 9 novembre, riguardava proprio gli sviluppi del colpo di Stato in una giornata contrassegnata dagli ammutinamenti dei poliziotti favorevoli ai golpisti. Quello stesso giorno Moro aveva assistito alla devastazione degli uffici dove lavorava da parte delle bande fasciste che hanno costituito il detonatore del colpo di Stato.

Dopo l’invio dell’ultima corrispondenza non si sono più avute notizie di Sebastian, successivamente ritrovato, dopo l’intervento della famiglia, in stato di incoscienza all’interno dell’appartamento dove viveva e ricoverato d’urgenza in una clinica privata di La Paz. Nonostante le cure ricevute in terapia intensiva le condizioni del giornalista si sono progressivamente aggravate, fino al coma profondo e poi alla morte.

Occorre stabilire se le numerose lesioni interne ed esterne, contusioni multiple e politraumi rinvenute sul suo corpo siano effettivamente riconducibili all’incidente cardiocircolatorio, causa ufficiale della sua morte. Potrebbe invece essersi trattato di una brutale aggressione, accompagnata dalla sottrazione dei ferri del mestiere: un giubbotto con la scritta “giornalista della CSUTCB”, il registratore e il quadernetto degli appunti.

La vicenda va del resto collocata nel quadro della vera e propria caccia cruenta a giornalisti, dirigenti sociali e funzionari pubblici con relativi familiari, scatenata proprio in quei giorni dalle orde fasciste che agivano e continuano ad agire in Bolivia su ispirazione dell’amministrazione Trump e con l’aperto sostegno delle Forze armate e della Polizia.

Proprio nelle ore in cui Moro viveva la conclusione della sua operosa esistenza venivano incendiati e saccheggiati in modo sistematico gli organi informativi schierati con il legittimo governo di Evo Morales.

Il direttore generale dei mezzi informativi della CSUTCB a La Paz, José Aramayo, subiva, quello stesso giorno, un tentativo di linciaggio da parte delle squadracce cui seguiva un arresto da parte della Polizia con motivazioni pretestuose. La notte del sabato in questione vari mezzi pubblici di informazione come Red Patria Nueva, Bolivia TV, Canal Abya Yala, ed altri, venivano silenziati in modo violento da forze di Polizia e paramilitari. La famiglia ha denunciato l’accaduto alla Commissione Interamericana dei diritti umani che si è occupata, fra le altre cose, dell’attacco, tuttora in corso, alla libertà d’informazione nel Paese.

Occorre far luce su ogni aspetto della morte di Sebastian Moro, portandolo quanto prima all’attenzione delle giurisdizioni competenti. Queste ultime, compresa la Corte penale internazionale, potrebbero ben presto essere chiamate a investigare su molti dei crimini commessi dai golpisti.

La Russia ha annunciato ufficialmente che i suoi nuovi missili Avanguard sono operativi e che il loro sistema di puntamento è stato calibrato verso Usa e Ue. Si tratta di armi ipersoniche, capaci cioè di viaggiare a 20-25 volte la velocità del suono e di eludere senza difficoltà qualunque sistema di difesa missilistica oggi disponibile. Secondo il New York Times, si apre così “un nuovo capitolo nella lunga corsa agli armamenti tra le principali potenze nucleari del mondo”. La tecnologia degli Avanguard è talmente avanzata che, stando agli esperti del Pentagono, per molti anni gli eserciti della Nato non saranno in grado di allestire una controffensiva davvero efficace.

A distanza di trent’anni dalla sanguinosa invasione statunitense, il presidente Laurentino Cortizo ha dichiarato il 20 dicembre giorno di lutto nazionale “per onorare tutti gli innocenti che persero la vita e difesero l’integrità del nostro territorio”. Ė la prima volta che il governo panamense adotta una tale decisione, venendo incontro a una richiesta dell’Associazione dei familiari e amici delle vittime.

Un passo puramente simbolico: la bandiera nazionale è stata issata a mezz’asta, ma su pressione del mondo imprenditoriale fabbriche e uffici sono rimasti aperti. Si tratta comunque di una novità importante, che segna la presidenza di Cortizo (Partido Revolucionario Democrático) eletto nel maggio di quest’anno. Cortizo ha vinto le presidenziali con la promessa di lottare contro povertà e disuguaglianze, di rivedere il nefasto trattato di libero commercio con gli Usa che ha portato alla rovina l’agricoltura del paese e di prendere le distanze dalla politica estera di estrema destra delle amministrazioni precedenti.

L’antitesi della giustizia. Così la relatrice speciale dell’alto commissariato ONU per i diritti umani, Agnès Callamard, ha definito il verdetto emesso lunedì in Arabia Saudita sul barbaro assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi. Cinque persone non identificate sono state condannate a morte per i fatti, ancora in buona parte oscuri, accaduti il 2 ottobre 2018 all’interno dell’ambasciata del regno wahhabita a Istanbul. Il procedimento pseudo-giudiziario è andato in scena nella quasi totale segretezza a Riyadh e il suo vero scopo è sempre stato fin dall’inizio quello di proteggere ed evitare eccessivi imbarazzi sul piano internazionale ai veri responsabili dell’omicidio premeditato.


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