di Mariavittoria Orsolato

L’ex ministro leghista della Giustizia e nuovo prezzemolino dei talk-show politici, Roberto Castelli, ha pubblicamente affermato che per l’Italia “gli immigrati sono un costo e non una risorsa “. E da quello che ci ha restituito l’ultima consultazione elettorale, lo pensa anche una buona fetta di italiani. A Roma come a Napoli, nella Romagna (ex) comunista come nel ricco e “padano” nord-est. Il problema è che, nella realtà dei fatti, questi flussi migratori sono una benedizione proprio per gli stessi che vorrebbero sorvegliare le coste con i bazooka e che improvvisano, con risultati quantomeno simpsoniani, le ormai gettonatissime ronde di quartiere, nella speranza di scovare qualche malintenzionato rom e di provare così la nuova Beretta, acquistata giusto dopo la modifica della legge sulla legittima difesa, legge targata Berlusconi II.

di Elena Ferrara

Ora è d’obbligo l’allarme nomadi. Le sequenze delle storie narrate da Emir Kusturica nel “Tempo dei Gitani” sono solo un lontano ricordo e le musiche di Goran Bregovic accompagnano la triste strada dei nuovi dannati della terra. Eppure si parla di prove di dialogo su questo tema dei rom e si fa riferimento ad un “asse Milano-Roma” con l’obiettivo di “azzerare i campi”. Sono in arrivo commissari-sceriffi mentre i sindaci di 16 città del Nord (Parma, Modena, Piacenza, Verona, Padova, Treviso, Belluno, La Spezia, Asti, Alessandria, Novara, Cremona, Como, Mantova, Pavia, Lodi), governate da giunte di centrodestra e di centrosinistra, accolgono con favore la decisione di Maroni si inserire nel pacchetto sicurezza i principi della Carta da loro sottoscritta il mese scorso a Parma. Intanto - mente si discute sul processo di integrazione che dovrebbe ostacolare l’emarginazione - bruciano i campi rom del quartiere napoletano di Ponticelli. E siamo ad un drammatico crescere della tensione.

di Alessandro Iacuelli

La Terza sezione penale della Cassazione ha annullato le sentenze di appello che avevano archiviato lo scorso giugno il caso giudiziario italiano più clamoroso in materia di elettrosmog, quello intentato contro Radio Vaticana. L'emittente d'oltretevere è stata accusata per molti anni per i suoi impianti situati tra Roma e Bracciano, nella zona di Cesano ed Anguillara, un'area che secondo numerosi abitanti, ed anche secondo molte misurazioni effettuate sul territorio, è sottoposta ad inquinamento elettromagnetico provocato proprio dagli impianti, dotati di particolare potenza per quanto riguarda le emissioni di onde elettromagnetiche. La Corte d'Appello di Roma lo scorso giugno aveva assolto padre Pasquale Borgomeo, direttore dell'emittente, e padre Roberto Tucci, presidente del comitato di gestione della Radio Vaticana. Secondo la Cassazione, però, l'assoluzione non è legittima e dunque il caso va riportato alla Corte d'Appello, con l'indicazione della validità dei ricorsi presentati dalle parti civili che si erano costituite, nonché dalla Procura generale di Roma.

di Rosa Ana De Santis

Tutti o quasi i commentatori e gli analisti politici che si sono espressi sui recentissimi risultati elettorali, hanno individuato nel bisogno di sicurezza uno degli elementi decisivi dello spostamento a destra del Paese. Più che un diverso orientamento ideologico o politico, la paura di una società ormai in preda all’insicurezza e alla criminalità, pare sia stato il segno sociologicamente distintivo dello spostamento dei flussi di voto. Eppure, l’Italia non vive nessuna “emergenza sicurezza”. A dirlo é il rapporto ISTAT “100 statistiche per il Paese”, presentato a pochi giorni dall’investitura del nuovo sindaco di Roma Alemanno che ha cavalcato l’onda della paura e dell’insicurezza, cullandosi sulla tempesta emotiva scatenata sui cittadini da una violenta aggressione mediatica di fatti, coincidenze e volute amplificazioni. I numeri dicono che l’Italia nel panorama europeo risulta essere il Paese meno pericoloso per morti violente, in ottava posizione dopo l’Austria; nello specifico, poi, analizzando i dati, emerge che la maggior parte degli omicidi interessa il Mezzogiorno ma, anche qui, con un andamento decrescente.

di mazzetta

Se in Turchia i sindacati hanno festeggiato il primo maggio resistendo a furiosi assalti della polizia, impegnata fin dal mattino ad attaccare le sedi dei sindacati ad Istambul e poi, per il resto della giornata, a sparare migliaia di lacrimogeni, mentre in tutto il paese pestava ed arrestava chi provava a manifestare, in Italia le manifestazioni per la festa dei lavoratori sono passate senza particolari emozioni: placido il concertone di Roma, placide le manifestazioni dei sindacati e placida anche la Mayday milanese. Tradizionalmente preceduta da un robusto fuoco di sbarramento di autorità e politici locali che prevedono brividi, terrore e raccapriccio per le strade di Milano, la grande manifestazione del precariato si è invece snodata per le vie di Milano serena, colorata ed imponente. A sfilare era il popolo del precariato metropolitano, che ormai da anni ha eletto questo appuntamento come momento di sintesi e d'incontro misconosciuto dalla politica ufficiale.


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