di mazzetta

Quello che é cominciato è il ventesimo anno dalla caduta del muro di Berlino e per molti versi si presenta come la chiusura di un ciclo ventennale, seguito al termine della Guerra Fredda. Fin da quel 1989 si sentì la mancanza di un nemico: all'improvviso il mostro sovietico non esisteva più e cadeva la possibilità di dirsi migliori per differenza, mettendo i governi di tutto il mondo di fronte a responsabilità nuove, ormai denudati dello schermo costituito dallo stato di necessità imposto dalla divisione del mondo in blocchi. Venti anni dopo possiamo dire che il confronto con queste nuove responsabilità sia fallito su tutta la linea e che il prossimo anno sarà il peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale per molti paesi. Caduto il muro ci fu chi parlò di fine della storia e chi dell'avvento di un mondo di pace, progresso e benessere e ben pochi osarono obbiettare, la fine di un lungo incubo non poteva che essere accolta con favore.

di Mario Braconi

La dottrina incomprensibile, retrograda e contraddittoria della chiesa cattolica, viene diffusa sui media con grande tempismo ed impegno mistificatorio; ciò accade anche perché il Paese, immemore della sua importante cultura laica, risulta particolarmente vulnerabile ad infiltrazioni di tipo clericale. Benché in un paese non teocratico la pubblicazione di un simile documento non farebbe alcun titolo di giornale, in Italia la notizia di un documento (“Istruzione”) emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (un tempo detto Sant’Uffizio e ancora prima Santa Inquisizione) è stata ripresa ed approfondita dai media. Ad esporre alla stampa il contenuto della Dignitas Personae il cardinale Javier Lozano Barragan, il quale condanna “ogni soppressione della vita”, assimilando con surreale disinvoltura l’aborto agli assassini per mafia. Il porporato ce l’ha in particolare con la RU486 (pillola abortiva), un farmaco che egli ritiene di catalogare tra quelli che “non sono tanto innocenti per la salute delle donne che li assumono”.

di Rosa Ana De Santis

Craig Ewert, 59 anni, malato di sclerosi laterale amiotrofica, finisce i suoi ultimi istanti di vita ripreso da una telecamera. Fissa sul suo viso a seguire la scena mentre beve con una cannuccia potenti barbiturici e strappa con i denti il polmone artificiale. Succede così che nel piccolo schermo basta trovare il canale giusto e nel palinsesto dei programmi ci viene riservato uno spazio per il racconto di una morte in diretta. Consumata a freddo, confezionata con un titolo, drammatizzata nei contorni di un film. Trasmette Sky. La programmazione di quanto accaduto nel settembre 2006 coincide con la sentenza britannica del “non luogo a procedere” per i genitori di Daniel James, paralizzato e aiutato a morire nella stessa clinica svizzera. Si potrebberoo rintracciare, nelle motivazioni di una scelta così forte, una sorta di volontà formativa, di educazione civica ad approcci all’esistenza umana che appaiono terribilmente sul confine, controversi nella drammaticità di ogni ragionamento morale che voglia indagarli nel profondo.

di Mario Braconi

Rama Yade, Segretario di Stato (Vice-ministro degli esteri) francese con delega per i Diritti Umani, l’ha detto chiaramente: il suo Paese, che dallo scorso Luglio è presidente di turno dell’Unione Europea, intende dare una più concreta attuazione ai diritti umani, in particolare combattendo l’omofobia. Va detto, a beneficio dei più distratti e tanto per sottolineare la peculiarità antropologica della destra nostrana, che la Yade, pur essendo socialista, rappresenta un governo conservatore. La ministra di origine senegalese, a margine di un incontro UNESCO - ONG tenutosi a settembre a Parigi, ha proposto di celebrare il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (10 dicembre 2008) presentando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una bozza di Dichiarazione Politica finalizzata alla depenalizzazione del reato di omosessualità; in quell’occasione la Ministra ha ricordato che in ben 90 paesi il sesso tra persone consenzienti dello stesso sesso è un reato punibile con multe, anni di reclusione in carcere, assoggettamento a punizioni corporali di vario genere e perfino con la morte - impiccagione, schiacciamento, lapidazione - ogni stato ha le sue sadiche preferenze.

di Mario Braconi

Vladimir Luxuria vince “L’Isola dei famosi” (poteva essere diversamente?) ed é subito bagarre. I primi a commentare sono ovviamente gli incrollabili tutori della morale pubblica, i democristiani di destra, quelli che, per intenderci, militano nelle file del partito dell’On. Cosimo Mele, beccato con cocaina e prostitute in un albergo romano. “Che la tv pubblica erga ad eroina un trans è scandaloso. Più che Isola dei famosi, l'Isola della vergogna”, così Maurizio Ronconi dell’UDC. Dichiarazione che risulterebbe insipida nel suo sdegno preconfezionato se non tradisse un lapsus che rivela il riflesso condizionato del politico italico: scopo di qualsiasi programma televisivo (non importa quanto sciocco, inutile, detestabile) dev’essere edificare il “popolo”. Pierferdinando Casini, gagliardo paladino dell’indissolubilità del matrimonio (degli altri) ha voluto così commentare la notizia: “Complimenti a Vladimir, è stata veramente simpatica ma la sua vittoria certifica la morte della sinistra comunista”, coniugando aristocratico fair play e irresistibile non sequitur politico: che la sinistra comunista sia scomparsa dal Parlamento è un fatto; più arduo è comprendere quale sia il nesso logico tra la “morte” della stessa e il fatto che Vladimir Luxuria si sia aggiudicata un trofeo trash.


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