di Rosa Ana De Santis

E’ il 13 dicembre 2006 quando a New York vede la luce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. In quel documento c’é il progetto di far nascere in ognuno degli Stati membri un osservatorio nazionale che si curi della condizione delle persone disabili. Il 30 marzo 2007, l’allora ministro della solidarietà sociale, Ferrero, aveva apposto la sua firma alla convenzione. Il governo italiano aderisce così alla Convenzione. Su questo si è acceso a Palazzo Madama il dibattito politico. Come sottolineato nella relazione introduttiva di Luigi Compagna, finora non esisteva uno strumento vincolante internazionale sulla condizione della disabilità. Ed è abbastanza vero che, fintanto che un problema d’inserimento sociale (che nei fatti esiste ancora) viene affidato unicamente alla sensibilità personale senza un‘investitura e un riconoscimento formale, rischia di rimanere ben nascosto nel privato, lontano dalla vita degli uomini e delle donne normali.

di Mario Braconi

Nell’ottobre del 2008 la British Humanist Association (Società Umanistica Britannica) ha lanciato una campagna finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’opzione esistenziale atea. Almeno all’inizio, le ambizioni erano modeste: gli Umanisti si proponevano semplicemente di raggranellare 5.500 sterline, pari al costo di due set di messaggi pubblicitari da applicare sulle fiancate di 30 bus londinesi per due settimane. Nessuno avrebbe immaginato che la sottoscrizione si rivelasse un successo clamoroso: soprattutto tramite donazioni via internet di modesta entità, sono state raccolte, infatti, ben 140.000 sterline: segno che il tema, alla fine, è meno di nicchia di quanto si voglia far credere qui da noi, dopo il deludente epilogo dell’analoga campagna lanciata dalla UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) a Genova.

di Mariavittoria Orsolato

Non era la classica storia natalizia strappalacrime sui maltrattamenti degli animali, ma quello che si è scoperto ad Osteria, una frazione nella campagna ravennate, è qualcosa che può essere etichettato esclusivamente come aberrazione. Dopo le insistenti denunce degli attivisti di Animal Liberation e dopo la segnalazione alla Procura da parte del consigliere regionale leghista Mauro Manfredini, i Nirda (Nucleo Investigativo per i Reati contro gli Animali) sono entrati nell’allevamento di pointer inglesi del dottor Giorgio Guberti, veterinario ottantacinquenne pluripremiato per i suoi esemplari di cani da caccia. Una volta dentro, gli uomini della forestale si sono trovati davanti uno spettacolo abominevole che in molti non hanno esitato a definire “lager”: oltre 170 cani, tutti in stato di denutrizione avanzato, quasi tutti con ferite aperte ed evidenti patologie, erano stipati in gabbiotti fatiscenti coperti di escrementi e fango. Non si sono trovate né ciotole per il cibo, né fontanelle o taniche per l’acqua ma in compenso, attorno al terreno marcescente su cui poggia l’allevamento “ Del Vento” sono state ritrovate ossa e interiora animali, molte delle quali identificabili in resti di cane.

di Rosa Ana De Santis

Guardate la foto. Emmanuel Bonsu Foster, 22 anni, è ghanese. La sera del 29 settembre scorso, mentre attendeva l’inizio delle lezioni serali all’ITIS, confuso per un puscher è stato sequestrato, interrogato, malmenato e ingiuriato con le offese più volgari del vocabolario razzista. Un manipolo di vigili urbani ha riservato questo trattamento a un ragazzo che qualcosa di sbagliato aveva fatto. Secondo loro. Tanto per cominciare non era bianco, ma così nero da scatenare l’ilarità e l’oscenità di questi piccoli uomini in divisa. Grandi dietro ai libretti con cui multano gli automobilisti indisciplinati e al fischietto con cui gestiscono il traffico. Quattro dei dieci vigili indagati sono ai domiciliari, gli altri sei rimangono indagati. Sul pc di uno di loro il trofeo che ora appare ovunque. I nomi di quelli che potevano reiterare il reato e inquinare le prove sono: Mirko Cremonini, Ferdinando Villani, Marcello Frattini e Pasquale Fratantuono. E’ giusto ricordarseli uno ad uno, come si conviene a chi colleziona trofei. Soprattutto se di questo tipo.

di Bianca Cerri

Il 5 febbraio del 2008, James Elliott, un marine tornato dalla guerra dopo 15 mesi ininterrotti di missione, uscì di casa armato di tutto punto convinto di andare a combattere. Poiché l’uomo soffriva di una grave forma di depressione, la sua convivente si allarmò e chiamò la polizia. Molte ore dopo, Elliott fu ritrovato mentre imprecava contro i passanti fermo in mezzo alla carreggiata di una strada di grande scorrimento. Con la pistola bene in vista infilata nella cintura e visibilmente provato, ondeggiava costringendo le macchine a frenare per non travolgerlo. Per immobilizzarlo, gli agenti gli spararono una micidiale scarica elettrica da 50.000 volts che per poco non lo uccise e lo trascinarono al comando. Quello stesso giorno, un giudice ordinò il trasferimento in carcere di Elliott e solo tre settimane più tardi l’uomo era divenuto uno dei 940 reduci di guerra usati come cavie umane dalla casa farmaceutica Pifzer, in combutta con il governo americano, per la sperimentazione di un farmaco dagli effetti collaterali imprevedibili.


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