di Elena G. Polidori

Succede tutte le volte che una corrente interna ad un partito decide di giocare il tutto per tutto: volti spaesati e incerti dei militanti più accesi, sguardi riflessivi per non dire preoccupati dei dirigenti, silenzi delle platee che attendono dal palco quella frase che segna il momento della svolta. E’ successo così anche sabato scorso alla Fiera di Roma, assise della sinistra Ds. E’ stato quando Cesare Salvi, davanti a tremila dello zoccolo più duro dei Ds, ha fatto partire la controffensiva del “correntone” con una nota spiazzante e ultimativa: “Se dovesse nascere il Partito Democratico, il prossimo potrebbe essere l’ultimo congresso dei Ds”. Ma è stato Fabio Mussi, leader da sempre della frangia sinistra del Botteghino, da lui guidata attraverso cinque anni e due congressi, a dettare lo spartito della svolta e della sfida. “Il correntone non c’è più; e al prossimo congresso non ci andiamo per partecipare, ma per vincere”.

di Domenico Melidoro

Una tesi abbastanza diffusa vuole che le maggiori minacce per la tenuta del Governo Prodi provengano dalla cosiddetta sinistra radicale (o, se si preferisce, antagonista) e dalle sue aspirazioni massimaliste inconciliabili con lo spirito riformista che dovrebbe ispirare l’operato dell’Esecutivo. Le cronache di sabato 4 novembre hanno registrato una manifestazione di lavoratori precari a Roma alla quale hanno preso parte esponenti del governo in carica e leaders di alcuni partiti della maggioranza (PRC, Verdi e PdCI). Secondo molti osservatori questa sarebbe l’ennesima dimostrazione della presenza nel governo di una sinistra estrema che protesta contro il Governo di cui fa parte e non permette la realizzazione delle condizioni necessarie a una politica di reale innovazione.

di mazzetta

Una nota trasmissione televisiva ha intervistato a tradimento alcuni parlamentari aspettandoli fuori dalle camere per interrogarli sui fatti di cronaca. Il risultato è stato quanto di più desolante. A domanda risposero che il Darfur è uno stile di vita (confondendolo con il fast-food); che Abu Grahib era un tizio che è stato torturato (e che “l’effetto - Abu Grahib” è il sinonimo di “effetto - domino”); che Rabin era un rappresentante palestinese incarcerato e oppresso; che Hitler non scrisse il Mein Kampf perchè non aveva tempo. A completare il quadro una diffusa ignoranza sul significato di oscure sigle, su cosa significhi Consob, o su quella altrettanto misteriosa che identifica la Rizzoli-Corriere della Sera (RCS).

di Domenico Melidoro

Il decreto fiscale collegato alla Finanziaria è passato alla Camera, nonostante le rumorose quanto scarsamente civili intemperanze del Polo. Sarà ora la volta del Senato, dove la situazione è, ovviamente, numericamente diversa. Ma l’ottimismo di Prodi è ormai cosa nota. Di fronte al crescente malcontento nei confronti della manovra finanziaria che riceve critiche dall’opposizione (ma anche da alcuni settori non trascurabili della maggioranza) dagli industriali e dai sindacati, il Premier qualche giorno fa ha sorprendentemente affermato che “una finanziaria se è seria deve scontentare tutti. E questa va bene” (il Manifesto, 21 Ottobre 2006). Eppure, uno sguardo un poco più realistico rileva che la finanziaria si sta rilevando una prova estremamente difficile per la tenuta della maggioranza e del Governo del Professore. Infatti, con il passare dei giorni e con il susseguirsi di accesi dibattiti sugli errori commessi dal Premier e dai suoi Ministri, anche il sorridente Prodi è stato costretto ad ammettere che qualcosa non procede per il verso giusto.

di Giovanna Pavani

Che il mondo del lavoro sia sempre più precario è, purtroppo, un’ovvietà con cui si è costretti a confrontarsi quotidianamente. Oggi, in Italia, perdere il posto significa rimanere per strada. Ma la maggioranza dei lavoratori italiani un posto di lavoro vero, a tempo indeterminato, non l’ha mai conosciuto. E, forse, non lo conoscerà mai. E’ una situazione sempre più allarmante che ha convinto il Presidente della Repubblica ad intervenire, ancora una volta, su questo fronte. Lo ha fatto sollecitando con forza il Parlamento a perdersi meno in chiacchiere affrontando con determinazione, una volta per tutte, quella che sta diventando la prima emergenza nazionale al pari solo della devastazione dei conti sociali: la precarietà del lavoro.Parlando davanti ad un folto numero di studenti e docenti universitari che lo sollecitavano sulle speranze tradite e sull’inutilità di proseguire nella valorizzazione della loro cultura e della qualificazione professionale, visti gli sbocchi del mercato, Napolitano non ha usato mezze parole: “E’ un problema molto serio, mi auguro che possa essere affrontato al più presto nelle sedi giuste, cioè in Parlamento”.


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