di Elena G. Polidori

La ricorderemo, senza dubbio, come la notte in cui l’Italia intera visse uno psicodramma politico e sociale squassante e che fece emergere dubbi, ancora tutt’altro che sopiti, sulla solidità della nostra democrazia e delle nostre istituzioni. E la fotografia che è rimasta, indelebile, di quella notte lunghissima tra il 10 e l’11 aprile 2006 è senz’altro quella di un Berlusconi furibondo che varca le porte del Quirinale urlando ai brogli e all’inganno dei dati elettorali. La macchina elettorale del Viminale, in quelle ore, si era clamorosamente inceppata. I dati affluivano dai comuni ai terminali del ministero dell’Interno con inusitata lentezza, nonostante le operazioni di voto si fossero concluse ormai da sette ore e in quasi nessun seggio d’Italia ci fossero ancora presenti gli scrutatori e i rappresentanti di lista. Era successo, dunque, qualcosa di inquietante, che la Cdl sconfitta solo di una manciata di voti cavalcò subito sull’onda delle parole del proprio leader costringendo le Corti d’Appello a rifare i conti. Si ricorderà che il risultato finale sulle elezioni politiche 2006 fu proclamato solo con due giorni di ritardo rispetto alla chiusura dei seggi. Non era mai successo prima. I brogli, forse, ci sono stati davvero. Solo che a commetterli è forse stata quella stessa parte politica che, a caldo, ne ha denunciato l’esistenza.

di Sara Nicoli

Chi nasce Epurator muore epurato, si potrebbe dire parafrasando il vecchio adagio della nemesi popolare secondo cui, prima o poi, chi di spada ferisce, con lo stesso mezzo viene fatto fuori non appena il caso ne concede l’opportunità. Gianfranco Fini, presidente di An, non ha invece atteso che si verificasse un particolare casus belli per decidere, in magnifica solitudine, di cacciare Francesco Storace dall’esecutivo di An. Come da prassi recentemente consolidata nei partiti dove la democrazia latita e il dissenso non viene in alcun modo tollerato, Fini ha “informato” Storace della sua decisione semplicemente facendo sparire il suo nome dal sito del partito. Quindi ha dato alle stampe, attraverso il portavoce Andrea Ronchi, un comunicato in cui si spiegavano succintamente le ragioni dell’ignominiosa cacciata: eccesso di dissenso dalla linea politica del capo. Quando si dice la classe.

di Maurizio Coletti

Livia Turco, “di concerto” con Mastella e Ferrero, dà una iniziale spallata alla legge del centrodestra innalzando le dosi massime consentite di principio attivo di cannabis detenibile per uso personale senza incorrere in sanzioni penali e correre in carcere. Immediati ed alti si alzano i lamenti di Giovanardi, Fini e compagnia: si vuole toccare il loro capolavoro ed accusano il Governo di strizzare l’occhio ai narcotrafficanti, minacciano massive azioni di piazza, gridano all’antiproibizionismo, al le droghe libere, al lassismo. In realtà, la misura era largamente annunciata da mesi e voleva essere solo un segnale di inversione di tendenza: rendere più lontana la misura detentiva per i possessori di canne e riprendere il cammino per il cambiamento profondo della legge in vigore

di Sara Nicoli

Hanno rubato la buona fede degli italiani. Hanno sottratto denaro destinato dai cittadini al patrimonio culturale del Paese per fare la guerra. Insomma, hanno realizzato una vera e propria truffa per finanziare la missione in Iraq. Questo è successo nella scorsa legislatura quando una parte dell’8 per mille, normalmente destinato a finanziare associazioni di solidarietà, ambientaliste o impegnate nella tutela dei beni culturali, è stata invece stornata a favore di una delle missioni militari più sciagurate mai organizzate dal nostro Paese. E adesso ammettono, i governanti di ieri di centrodestra, sfoderando la stessa faccia tosta di sempre, che siccome le casse dello Stato le avevano già prosciugate per bene, c’era poco da scegliere; meglio andare a togliere i soldi alla cultura piuttosto che ammettere di non avere più fondi per combattere la sporca guerra di Bush. L’eccesso di servilismo li ha anche resi ladri.

di Elena G. Polidori

Succede tutte le volte che una corrente interna ad un partito decide di giocare il tutto per tutto: volti spaesati e incerti dei militanti più accesi, sguardi riflessivi per non dire preoccupati dei dirigenti, silenzi delle platee che attendono dal palco quella frase che segna il momento della svolta. E’ successo così anche sabato scorso alla Fiera di Roma, assise della sinistra Ds. E’ stato quando Cesare Salvi, davanti a tremila dello zoccolo più duro dei Ds, ha fatto partire la controffensiva del “correntone” con una nota spiazzante e ultimativa: “Se dovesse nascere il Partito Democratico, il prossimo potrebbe essere l’ultimo congresso dei Ds”. Ma è stato Fabio Mussi, leader da sempre della frangia sinistra del Botteghino, da lui guidata attraverso cinque anni e due congressi, a dettare lo spartito della svolta e della sfida. “Il correntone non c’è più; e al prossimo congresso non ci andiamo per partecipare, ma per vincere”.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy