di Sara Nicoli

Hanno rubato la buona fede degli italiani. Hanno sottratto denaro destinato dai cittadini al patrimonio culturale del Paese per fare la guerra. Insomma, hanno realizzato una vera e propria truffa per finanziare la missione in Iraq. Questo è successo nella scorsa legislatura quando una parte dell’8 per mille, normalmente destinato a finanziare associazioni di solidarietà, ambientaliste o impegnate nella tutela dei beni culturali, è stata invece stornata a favore di una delle missioni militari più sciagurate mai organizzate dal nostro Paese. E adesso ammettono, i governanti di ieri di centrodestra, sfoderando la stessa faccia tosta di sempre, che siccome le casse dello Stato le avevano già prosciugate per bene, c’era poco da scegliere; meglio andare a togliere i soldi alla cultura piuttosto che ammettere di non avere più fondi per combattere la sporca guerra di Bush. L’eccesso di servilismo li ha anche resi ladri. Peccato che tutto questo sia venuto fuori solo oggi; sei mesi fa, in campagna elettorale, questa notizia avrebbe avuto un peso diverso e non stentiamo a credere che la vittoria del centrosinistra avrebbe potuto avere margini più solidi. Eppure, dopo il sano disappunto delle prime ore, già sembra passato tutto in giudicato, come se in fondo fosse normale, in un Paese come questo, che i desideri e le istanze dei cittadini vengano sempre in secondo piano rispetto alle mire politiche di chi governa. E’ bene sottolineare, al di là del senso comune, che in questo caso la truffa l’ha commessa il governo Berlusconi. La prossima volta, alle urne, sarà bene tenerlo a mente con chiarezza.

A denunciare il fatto è stata la presidente del Fai (Fondo per l’ambiente italiano) Giulia Maria Crespi. Il suo j’accuse è arrivato in una sede autorevole, quella della Confindustria all’Eur, che ospitava appunto il convegno nazionale dell’associazione intitolato “La riscossa del patrimonio”. “Sono rimasta strabiliata - ha detto Crespi aprendo la conferenza - che l’8 per mille dato dai cittadini italiani per l’arte, la cultura e il sociale sia andato in gran parte per la guerra in Iraq e, solo in minima parte, per la fame nel mondo. A rivelarmelo è stato Enrico Letta il quale a suo tempo lo aveva riferito in una conferenza stampa, ma la notizia era stata riportata solo in un trafiletto di giornale”. Insomma era stata, e forse non a caso, dimenticata, o non gli era stata data quella giusta enfasi – colpevolmente - anche dall’attuale Esecutivo. Tirato in ballo, il precedente governo, nella persona dell’ex vice-ministro dell’economia Giuseppe Vegas, è stato costretto ad ammettere il misfatto: “L’8 per mille - ha detto l’esponente di Forza Italia - originariamente doveva essere devoluto tutto agli aiuti al terzo mondo, alla cultura e a cose di questo genere. Poi una parte, circa un terzo, equivalente a ottanta milioni, venne utilizzata per le missioni all’estero e anche per l’Iraq”.

Nessuno, dopo le rivelazioni dell’una e dell’altra parte politica (Vegas ed Enrico Letta, per intendersi) si è posto il problema di perseguire chi ha commesso una siffatta truffa ai danni dei cittadini. Solo Rifondazione e il presidente della Commissione Cultura della Camera, Pietro Folena, hanno richiesto a gran voce l’apertura di un’inchiesta per accertare responsabilità ed eventuali ipotesi di reato. “Un fatto come questo - ha stigmatizzato Folena - non può essere tenuto sotto banco”. Eppure siamo pronti a scommettere il contrario, anche se - come ha voluto sottolineare Roberto della Seta, presidente di Legambiente - questo fatto non può che tradursi “nell’aumento della sfiducia dei cittadini verso le istituzioni”. Ammesso che ne sia rimasta almeno un po’.

Come dicevamo la denuncia è arrivata nel corso di un’importante iniziativa, quella appunto del Fai, realizzata alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del ministro della Cultura Francesco Rutelli, del Presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e del sindaco di Roma Walter Veltroni. Tutti hanno così potuto ascoltare con le proprie orecchie che cosa è successo con il precedente governo. E tutti hanno riascoltato, anche questa volta con le proprie orecchie, in quale stato versa la tutela dei beni culturali in Italia, come hanno spiegato con dovizia di particolari Salvatore Settis e Roberto Cecchi. Sovraintendenze prive di poteri, burocratismo, conflitto di interessi tra governo centrale e regioni, fino al paradosso di un sito tutelato dall’Unesco e proprio per questo più facile oggetto di speculazione, insieme ad una vera e propria malattia del mattone che continua ad affliggere l’Italia. Ci mancava solo la guerra in Iraq, un fine agli occhi delle destre senz’altro più nobile del nostro patrimonio culturale e della conseguente industria del turismo. Uno scandalo, in altri Paesi. Ma non meno scandaloso ci appare il silenzio di chi, ora al governo, non ha sentito il dovere di dire ai cittadini che una finanziaria così dura la si deve solo a chi, nei cinque anni precedenti, ha svuotato tutto quello che c’era da svuotare, usando anche soldi non suoi per scopi diversi dal bene del Paese, come comprare armi per combattere una guerra non certo nostra. Insomma, una più solida indignazione da parte del centrosinistra sarebbe stata oltremodo gradita. E siamo fiduciosi che, passato l’imbarazzo del momento, qualche voce di denuncia si alzi dai banchi del parlamento prima che qualche cittadino, di certo molto più indignato, si armi di pazienza e faccia causa allo Stato che ha tradito le indicazioni espresse nella sua dichiarazioni dei redditi. Intanto, l’importate sarà tenere alto il livello di attenzione collettiva sui danni causati dalla Cdl. Perché non saranno mai abbastanza le voci da unire al coro del livello di indecenza che era stato raggiunto da precedente governo. Un fatto da non dimenticare mai.

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