di Giovanni Gnazzi

Questo non è un Paese normale. Se nel terzo millennio, Andreotti e un trotkista riescono a mettere in crisi il governo di un membro del G8, è chiaro che non siamo di fronte ad un paese normale. La sconfitta del Governo e della maggioranza sulla mozione sulla politica estera, se da un lato, costituzionalmente, non obbliga a nessuna dimissione dell’Esecutivo, dall’altro è ovvio che apre una crisi politica serissima: non si tratta di un voto negativo su un singolo provvedimento, bensì di un voto straordinariamente importante, dal momento che si trattava di valutare la politica estera, non una bubbola qualunque. E’ una sconfitta che ha molti padri ed una sola madre. Questa è una legge elettorale pazzesca, una “porcata”, com’è stata definita dal suo stesso autore in un raro momento di sobrietà di giudizio, concepita dal Polo con il preciso obiettivo di rendere instabile la maggioranza che l’avrebbe cacciato, così da ridurre la sconfitta ad ingovernabilità di tipo libanese. I padri, invece, sono variamente allocati nella sinistra cosiddetta “radicale” che, euforica per uno sbarramento elettorale ridicolo, ha candidato tutti e tutto, scegliendo in coerenza con la legge elettorale la via della competizione intestina voto per voto. Oliviero Diliberto ha scelto di candidare Fernando Rossi e Fausto Bertinotti ha scelto di candidare la pattuglia dei Turigliatto and &. I motivi sono da ricercarsi negli assetti interni di Pdci e Prc, destinati solo a rafforzare i centri di comando dei rispettivi segretari.

di mazzetta

Nella ridente cittadina di Vicenza, che pure da qualche tempo ride poco, è andato tutto bene. Chi avesse creduto alle dichiarazioni dei politici, dei funzionari e delle stampa ieri era in attesa di notizie che non potevano pervenire, perché tutta la costruzione messa in piedi in questi giorni era semplicemente falsa. Ancora ieri uno dei principali quotidiani dava conto della preparazione di una unità di soccorso batteriologico, adatta anche a fronteggiare la minaccia di un attacco all’antrace. Sfortunatamente per chi ha steso l’articolo, la realtà ci dice che non c’è cura per la contaminazione da antrace, ma ci dice anche che “l’allarme antrace” era una bufala, un falso. Così come è stata un considerazione falsa quella che ha giustificato la costituzione dell’unità di soccorso, visto che a memoria d’uomo non si sono verificati attacchi chimici nel nostro paese.

di Lorenzo Zamponi

“È la politica di Vicenza che ha preso la parola”, ha commentato il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero. «Oggi a Vicenza nessuno parla nel nostro dialetto: c'è gente in giro che parla solo nel peggiore romanesco”. è stata invece la sapida valutazione del presidente della Regione Giancarlo Galan. Probabilmente sta in queste due dichiarazioni, più che in quelle di Prodi (“Il governo ha detto e continuerà a dire i suoi sì e suoi no in coerenza con le linee generali di politica interna ed estera”) il vero dato politico della manifestazione di sabato. Ammettere infatti che 200 000 persone (secondo le stima degli organizzatori e di SkyTg24) sono scese in piazza in una città come Vicenza, nella più grande manifestazione che il Veneto ricordi, non è facile per la classe politica locale.

di Giovanni Gnazzi

Dunque nessuno scontro, nessuna devastazione, nessuna rissa tra anime diverse. La manifestazione di Vicenza si è rivelata quello che molti auspicavano: una splendida manifestazione di popolo. Un popolo che ha scelto di scendere in piazza numeroso e rumoroso, indisponibile a restare a casa, nella quale minacce e allarmi ingiustificati cercavano di ricacciarli. Consapevole dell’impossibilità di rinunciare a dire, forte e chiaro, che la base Dal Molin non va raddoppiata. Semmai smantellata. A poche ore dallo svolgimento del corteo appaiono, in tutta la loro inutilità, le parole di Amato. Il Ministro dell’Interno, avviluppato alla consueta cascata di parole cui piace dar mostra, aveva insinuato collegamenti indiretti, possibili link e ipotizzabili complicità tra la protesta contro un provvedimento sbagliato e la follia armatista.

di Sara Nicoli

E' un'offensiva politica che non trova similitudini nella storia recente quella che la Chiesa sta mettendo in atto contro i Dico, il disegno di legge del governo firmato Bindi-Pollastrini, che ha l'intento di diventare una legge quadro sui diritti delle coppie di fatto, nonostante i vistosi maldipancia presenti anche all'interno della stessa compagnie governativa che l'ha proposta. Stavolta non è sceso in campo il solito Osservatore Romano a criticare il governo per le sue coraggiose scelte in un campo del sociale molto sentito nel Paese (secondo l'Istat in Italia ci sono 500 mila coppie di fatto interessate alla nuova legislazione). Prima ha preso la parola il cardinal Ruini annunciando una "nota ufficiale, una parola meditata, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti". Poco dopo è stato il Papa, in prima persona, a intervenire.


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