di Agnese Licata

Duecentosettantadue pagine per dare un significato a 425 milioni di lire. Per spiegare come una cifra del genere sia finita, da un giorno all’altro, tra le mani di un giudice della Repubblica. Per ribadire che in quel 1991 la corruzione all’interno di “un certo ambiente romano” era cosa frequente, tanto da delineare un “allarmante quadro d’insieme”, che coinvolge giudici, avvocati, imprenditori. Le pagine sono quelle depositate venerdì dalla terza sezione della corte d’Appello di Milano e rappresentano le motivazioni per la sentenza del “lodo Mondadori”, risalente a un mese fa. Il giudice - ormai ex - è Vittorio Metta, colui che con la sua decisione riconsegnò alla Fininvest di Berlusconi il controllo della Mondatori, ai danni della Cir di De Benedetti. Gli avvocati sono l’ancora deputato di Forza Italia Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora. Tutti già condannati in via definitiva per un’altra sentenza, per un’altra corruzione in atti giudiziari, quella della vicenda Imi-Sir. Sullo sfondo, “l’enorme interesse della Fininvest” e del suo patron Silvio Berlusconi, uscito definitivamente di scena nel 2001, grazie all’inspiegabile attribuzione di un reato meno grave rispetto agli altri imputati - corruzione semplice - e alla conseguente prescrizione.

di Fabrizio Casari

Vedremo stasera quali saranno le manovre parlamentari incrociate tra maggioranza e opposizione e quale esito avranno avuto, tanto sull’approvazione del Decreto di rifinanziamento delle missioni militari all’estero, come sulle sorti del governo Prodi. Non si può però non cogliere, nel merito della polemica politica, la vergognosa strumentalizzazione della destra, che mentre invoca maggiore sicurezza per i nostri soldati, ne chiede l’entrata in combattimento e cerca, contemporaneamente, di far cadere il governo. Il combinato disposto delle due cose (instabilità politica e trasformazione della missione da difensiva a offensiva) rappresenta di per sé il pericolo più grave per la sicurezza delle missioni e degli attori coinvolti. Ad evidenziare maggiormente il grado di strumentalità della richiesta della destra, si deve ricordare non solo che il “caveat” della missione Isaf è stato da loro voluto e votato dal 2003 ad oggi, ma che anche solo fino a dieci giorni fa, la stessa destra non riteneva di dover procedere ad una modifica della missione stessa. Cosa è successo, dunque, negli ultimi dieci giorni?

di Elena Ferrara

Il Sindaco di Roma Walter Veltroni ha oltrepassato la Grande muraglia cinese – raggiungendo Pechino, Tianjin e Xian – ed ha già avviato una missione per stabilire accordi nei settori dell'urbanistica, del turismo, della mobilità, della tutela dell'ambiente, del patrimonio artistico, della cultura e dell'istruzione superiore. Un piano estremamente ambizioso in una terra che è pur sempre lontana. L’obiettivo, comunque, non è tanto quello relativo alla promozione culturale (al Capital Museum della capitale cinese c’è già in bella mostra il busto della Medusa di Gian Lorenzo Bernini) quanto quello di dimostrare che una città come Roma ha un potenziale “culturale e tecnologico” capace di aiutare una Cina che punta al recupero e alla ristrutturazione di interi quartieri cittadini. E così se Veltroni riuscirà a convincere gli amministratori di Pechino, Tianjin e Xian si potrebbe anche prevedere una sorta di joint-venture dedicata ai restauri e alla salvaguardia dei maggiori monumenti della storia e dell’architettura. L’esperienza romana potrebbe poi investire un campo che per i cinesi è divenuto più che drammatico. Quello dell’inquinamento atmosferico.

di Elena G. Polidori

Nel giorno in cui un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio di mezzi militari italiani nella provincia di Farah, nell'Afghanistan occidentale (segnale inequivocabile che il clima, nella regione, sta cambiando in peggio), al Senato il dibattito politico alla vigilia del voto sul rifinanziamento di tutte le missioni militari all’estero, prima tra tutte proprio quella in Afghanistan, sta facendo emergere divisioni e contrapposizioni che non promettono nulla di buono a prescindere dall’esito finale del voto. Il quadro è infatti frammentato, fatto salvo che a nessuno, in questo momento, preme davvero una bocciatura del governo sul fronte caldo della politica estera. E la sopravvivenza di Prodi, in questo caso, è solo un problema secondario.Un “no” al rifinanziamento delle missioni provocherebbe infatti un immediato ritiro di tutte le truppe italiane sui fronti caldi, con conseguenze pesanti a livello di alleanze ed equilibri internazionali.

di Fabrizio Casari

Daniele Mastrogiacomo è libero. E’ stato rilasciato oggi pomeriggio sano e salvo e dire che ne siamo felici è usare un eufemismo. La sua liberazione, una delle poche buone notizie che provengono dallo scenario di guerra afgano, si deve alla capacità del governo italiano di negoziare con i Talebani e all’indiscutibile, decisivo aiuto, fornito da “Emergency”, l’unica struttura occidentale che può legittimamente parlare di pace e di gesti umanitari a Kabul e dintorni. Proprio insieme a Gino Strada, fondatore dell’associazione umanitaria, il giornalista de La Repubblica si è fatto ritrarre nella sua prima foto da libero. La liberazione di Daniele avrebbe dovuto aver luogo già nella giornata di ieri, ma alcuni intoppi relativamente alla conclusione della trattativa avevano complicato la chiusura definitiva della stessa ed il conseguente rilascio degli ostaggi.


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