di Maurizio Coletti

Il Tar del Lazio ha sospeso il Decreto della Ministro Turco che innalzava da 500 a 1000 milligrammi la quantità di cannabis detenibile prima di incorrere nel reato di spaccio. Il provvedimento del Ministro alla Salute era stato impugnato da una Comunità Terapeutica di Taranto e, addirittura, dal Codacons. Le motivazioni della sentenza sono che la politica ed il Governo non possono stabilire dette misure senza appoggiarsi si basi scientifiche. Bene, si direbbe: basta con i proclami politici ed avanti con le evidenze scientifiche. Se non fosse per il fatto che anche il limite precedente (ora di nuovo in vigore) non sembra avere queste evidenze. Una commissione di esperti in materia poco più di un anno fa rispose al Ministro Storace che questa soglia (quella sotto la quale si può ragionevolmente affermare che è per i bisogni o per i desideri di un individuo) è non tracciabile una volta per tutte e che la decisione in materia dipende dall’approccio politico che si vuole dare alla questione. Infatti, Ciccio Storace prese per sante queste parole e stabilì lui questo limite.

di Sara Nicoli

L’aveva pensato da tempo, il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, di portare allo scoperto lo scandalo del blocco politico che gli impedisce di far funzionare l’azienda anche nelle piccole cose. Erano mesi, se la si vuole dire proprio tutta, che i consiglieri d’amministrazione di area centrosinistra (Curzi, Rognoni e Rizzo Nervo) gli chiedevano un’azione coraggiosa, un richiamo forte al Palazzo a risolvere, una volta per tutte, la questione legata ad una maggioranza del cda che è ancora quella voluta da Berlusconi e che non ha alcuna intenzione di permettere cambiamenti che non siano confacenti al bene della concorrenza: se la Rai non si muove, il Biscione ne guadagna. Alla fine, Cappon non ce l’ha fatta più. E nonostante a palazzo Chigi gli avessero chiesto di resistere, non volendo proprio adesso la grana Rai sul tavolo, lui è entrato in cda e si è fatto bocciare, una per una, tutte le nomine proposte. Un messaggio forte e chiaro: o il ministro Padoa Schioppa si mette in testa di sostituire il consigliere espresso dal Tesoro, quell’Angelo Maria Petroni nominato da Tremonti e ancora ben saldo sulla poltrona, oppure io me ne vado.

di Elena G. Polidori

Sarebbe stato bello, davvero bello, se dopo una manifestazione come quella di ieri a Piazza Farnese per dare la “sveglia” al governo sui diritti civili, Prodi non si fosse improvvisamente “svegliato” dal torpore e non avesse rilasciato dichiarazioni critiche contro la presenza di tre ministri in piazza. Prodi che critica una parte, seppur minimale, del proprio governo, vuole dire tante cose e nessuna buona. Ma una, in particolare, risulta più pesante delle altre. Ed è quell’ipocrisia, tutta democristiana, di gettare il sasso e nascondere la mano, come quei preti che prima in confessionale ti assolvono da tutti i peccati ma poi, se ti incontrano per strada, abbassano lo sguardo per non incrociare quello di una donna di malaffare. Il popolo che ieri si è riunito a Roma per manifestare sulla necessità oggettiva di ampliare i diritti civili non si meritava certo questa presa di distanza che, invece, tanto è piaciuta Oltretevere. Tanto meno se la meritavano quei tre ministri che, in barba alle pressioni dei poteri forti di questo Paese, sono saliti sul palco per dimostrare agli elettori di avere punti di riferimento laici e costituzionali dai quali non hanno nessuna intenzione di prescindere, anche se la famigerata logica dei numeri in Parlamento dovesse costringerli ad andare a casa con grande anticipo rispetto alle previsioni.

di Cinzia Frassi

Lo scivolone del governo Prodi sulla politica estera, poi resuscitato miracolosamente, sembrava aver liberato il professore dal tarlo delle unioni di fatto, escluse scientemente dal manifesto e dai suoi dodici punti. Niente di più falso. E’ iniziato pochi giorni fa in commissione giustizia al Senato, la discussione sui diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi ed è gia palpabile un notevole fermento fuori e dentro le stanze della politica. Sul tavolo di Cesare Salvi, presidente della commissione giustizia, ci sono ben nove progetti presentati dall’alveo delle forze dell’Unione prodiana e uno dal forzista Alfredo Biondi. Il ddl partorito dal ministro della Famiglia Rosy Bindi e dal ministro dei Diritti e Pari Opportunità Barbara Pollastrini non è stato accolto nel migliore dei modi. Anzi, l’onorevole Salvi nella sua relazione ha duramente criticato il disegno di legge governativo, definendolo “pasticciato” e in sostanza prefererendo proprio non vederlo sul tavolo della commissione.

di Sara Nicoli

La verità non si dice mai in politica. A meno che non si voglia schienare un avversario ormai in ginocchio per toglierlo definitivamente di mezzo con il colpo di grazia. Piero Fassino, venerdì corso alla Camera, per una volta è venuto meno a questa regola non scritta, mandando a tappeto con una frase un Silvio Berlusconi scosso e preoccupato dal comportamento freddo e distaccato di due dei suoi principali alleati, l’Udc e la Lega. “La verità – ecco la frase affondo di Fassino – è che buona parte della sua coalizione diffida della sua leadership”. Questa “buona parte” fa di nome Pier Ferdinando Casini, ma anche la compagine del Carroccio ancora legata ad Umberto Bossi, non si è certo spellata le mani alla replica del leader di Forza Italia. Ed è stato un momento che più di molte parole, ha scattato l’istantanea della grave crisi in cui versa il centrodestra.


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