di Fabrizio Casari

Thomas Shannon Una visita lampo, o meglio un blitz, vista l'attitudine del suo governo. Comunque una incursione breve ma intensa, quella che ha caratterizzato il viaggio in Nicaragua di Thomas Shannon, Sottosegretario Usa per l'emisfero centroamericano. Il viaggio di Shannon è il segno evidente della preoccupazione statunitense per le elezioni presidenziali nella terra di Sandino, dove la competizione elettorale entra nella fase decisiva, quella che sancirà, con il voto del 5 Novembre prossimo, quale dovrà essere il destino del piccolo paese centroamericano.
Le quotazioni del Frente Sandinista de Liberacion Nacional, (FSLN) che candida il suo Segretario generale, Daniel Ortega, alla Presidenza della Repubblica, sono in continua ascesa. Vuoi per la credibilità del Frente, vuoi per il diffuso malessere della popolazione nei confronti del governo liberale di Enrique Bolanos, i sandinisti vedono consolidarsi il loro "zoccolo duro", cioè quella quota di elettorato che oscilla tra il 34 e il 40% dei voti.

di Alessandro Iacuelli

Il quattro luglio, in perfetta sincronia con la festa d'indipendenza degli USA, e forse non per coincidenza, la Corea del Nord, l'ennesimo degli "stati canaglia" secondo il governo Bush, si è dedicata ad una serie di test missilistici.
I primi due lanci di vettori, a breve gittata, hanno terminato il loro volo in mare; uno in prossimità di un'isola dell'arcipelago giapponese e l'altro al largo delle coste russe.
Pochi minuti dopo, il lancio di un terzo missile, che secondo i satelliti spia del Pentagono sarebbe un Taepodong 2, che è il vettore di punta coreano, un missile a lunga gittata guardato con preoccupazione dalla comunità internazionale. Preoccupazione che nasce dalle caratteristiche del missile dichiarate dai suoi progettisti: una gittata intercontinentale, di circa 4000 Km, in grado di attraversare il Pacifico, fino alla California o alla costa canadese, e di trasportare una testata nucleare.
Il lancio è però decisamente fallito: il Taepodong 2 è caduto in mare dopo appena 50 secondi dal lancio.
Sono seguiti lanci di altri tre missili a breve gittata. Tutti volutamente in mare.

di Carlo Benedetti

Le "politiche" sono alle porte. L'attuale maggioranza del governo di Skopje - che vede uniti i socialdemocratici che rappresentano il partito moderato e una formazione politica albanese nata dalle ceneri del movimento di guerriglia (Udi) - va così alla prova del fuoco fissata per mercoledi 5 luglio. Si trova a doversi confrontare con un'opposizione agguerrita formata dai nazionalisti macedoni del "Vmro Dpmne" e gli albanesi del "Pdsh". Ma a preoccupare non è tanto l'oggi della politica, quanto il domani della gestione del Paese, che è più che mai diviso soprattutto dal punto di vista delle religioni. Perché su una popolazione di oltre due milioni d'abitanti c'è un 54,4% che dichiara la sua appartenenza alla confessione "cristiano-ortodossa" e un 29,9% che denuncia la sua appartenenza all'Islam. La religione, quindi, rischia di divenire lo spartiacque della situazione attuale, anche perché la vicina Albania interviene pesantemente, appoggiando i suoi "confratelli" dell'Unione democratica per l'integrazione (Udi) che, guidati da Ali Ahmeti, (ex comandante politico della guerriglia albanese) puntano a rafforzare ancor più la loro leadership.

di mazzetta

In Somalia sembra finalmente aprirsi uno spiraglio di speranza per la ricostituzione di un'amministrazione ed un governo nazionale.
A Karthoum, in Sudan, sotto l'egida della Lega Araba, i rappresentanti del governo provvisorio e delle Corti Islamiche si sono accordati per il reciproco riconoscimento e la disponibilità a collaborare.
Nonostante notizie di segno diverso, la condotta politica delle Corti Islamiche è stata improntata al basso profilo e al conseguimento di un accordo che conduca all'unità d'intenti per sollevare la Somalia dal baratro in cui giace da oltre quindici anni. Il tentativo ha trovato buona accoglienza anche da parte del composito governo provvisorio, lesto ad espellere dai suoi ranghi i signori della guerra sconfitti e a convenire sulla necessità di deferirli a un tribunale internazionale che giudicherà i loro crimini.

di Daniele John Angrisani

Più di due anni fa, il lontano 1 maggio 2003, il presidente Bush atterrava vestito da parà sulla plancia della portaerei americana Abraham Lincoln. Era una scena talmente emozionante che gran parte dei media si erano dimenticati di far notare che in realtà la Guerra contro il Terrorismo era finita la settimana precedente. Il martedì precedente, infatti, il Segretario alla Giustizia, Donald Rumsfeld, aveva infatti annunciato il ritiro delle truppe americane dall'Arabia Saudita, dopo oltre 10 anni di permanenza.
Spesso e volentieri ci si è chiesti: cos'è che spinge Osama Bin Ladin? Cos'è che vuole davvero Al Qaeda? Bene, Al Qaeda stessa, all'atto della sua nascita, ha reso nota a chiare lettere la sua missione in un atto denominato "Dichiarazione di guerra contro gli americani che occupano la terra dei due posti santi - espellere gli infedeli dalla penisola arabica". I due posti santi sono, ovviamente, La Mecca e Medina e la loro "terra" è l'Arabia Saudita. Questo è precisamente ciò che voleva Bin Ladin: cacciare gli americani dall'Arabia Saudita. Ed è anche ciò che precisamente ha ottenuto.


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