di Carlo Benedetti

Il senatore americano Richard Lugar, uno stretto collaboratore di Obama, é stato recentemente a Mosca per sondare il Cremlino, cercando di capire le eventuali e nuove mosse che il presidente Dmitrij Medvedev (classe 1965) metterà in campo nei confronti del presidente degli Usa Barack Obama (classe 1961). Ed è appunto sulla base di questa missione - che si colloca nel quadro di un’evoluzione globale disseminata di percorsi contorti e cambiamenti improvvisi - che i cremlinologi d’oltreoceano hanno creduto d'intravedere alcune soluzioni reciprocamente accettabili. Facendo leva, soprattutto, sull’idea di un mondo sempre più articolato che dovrebbe muoversi, ad esempio, insieme all’Europa concordando anche con la Russia una nuova agenda comune con l’obiettivo di creare un mondo più stabile ancorato ad una comunità di potenze altamente responsabili.

di Mario Braconi

Si sa, l’oscenità della guerra è spesso nascosta da un velo trasparente di ipocrisia. Ultimo esempio: per “stanare” Obama dal suo meditabondo silenzio e costringerlo ad una (pur blanda) presa di posizione sulla tragedia che si sta abbattendo sui Palestinesi della striscia di Gaza c’è voluta la strage della scuola di al-Fakhora nel campo profughi di Jabaliya, centrata, a quanto sembra, da ben due F16 dell’aviazione israeliana. La conseguente esplosione di un deposito di carburante in un lampo si è portata via quarantadue persone, certamente in gran parte civili innocenti che avevano cercato rifugio nell’edificio agli scambi di artiglieria tra l’esercito israeliano e le milizie di Hamas. Mentre si diradava il fumo sui resti della scuola, arriva la flebile dichiarazione del neo-presidente americano, “preoccupato delle morti di civili in Palestina e in Israele”.

di Mariavittoria Orsolato

Gli studenti bellicosi e anche solo quelli che speravano si rassegnino: la riforma Gelmini dell’Università e della Ricerca è ormai legge. E’ stata approvata ieri con 281 voti a favore, 196 contrari e 26 astenuti dichiarati in casa Udc come segno di "un'apertura di credito nei confronti del ministro Gelmini". Dopo il vincolante voto di fiducia posto lo scorso lunedì alla Camera dei deputati - l’ennesimo sgambetto alla democrazia da parte dell’esecutivo Berlusconi - la ministra bresciana che fa gli esami a Reggio Calabria è riuscita nella sua battaglia “contro la mediocrità e gli sprechi” ed è riuscita a far approvare la sua riforma giusto il giorno prima del termine ultimo per la conversione in legge. A nulla sono valse le fioche lamentele dell’opposizione sull’impossibilità di dibattere (com’è lecito e consigliato) una finanziaria travestita da riforma. Il miliardo e mezzo di tagli all’Università e all’apparato della ricerca è infatti ancora sul piatto.

di Stefania Pavone

Le più grandi speranze diplomatiche si sono arrestate di colpo quando il Presidente francese di turno all’ONU, Kouchner, nonostante grandi sforzi in tutte le direzioni, non è riuscito a trovare un accordo di nessun tipo in seno al Consiglio di sicurezza. La crisi di Gaza rimane una crisi netta e vede annunciarsi, nei suoi fallimenti politici, sempre più lo stallo pauroso della diplomazia mondiale. Tutto mentre le esili speranze della popolazione palestinese si attaccano al filo di tre ore di una tregua concessa da Israele per prendere aiuti alimentari e cercare parenti. I documenti sul tavolo dell’Onu sono due: una bozza della Libia e quella della cosiddetta “dichiarazione presidenziale”, presentato dalla Francia e che deve essere approvato all’unanimità. Kouchner, assieme alla Rice al segretario del Foreign Office David Millibrand e ai suoi colleghi americano e britannico, ha incontrato i capi diplomatici dei paesi arabi per gettare le basi di un cessate il fuoco duraturo e permanente, come va di moda dire da qualche giorno, tra Israele e Hamas.

di Carlo Benedetti

L’ordine è partito dal centro operativo del “Gazprom” ed è stato concordato con il governo di Putin. E così il blocco del flusso di gas verso l’Ucraina non è più solo una minaccia. Ora è operativo e sta a significare che la “riduzione” sarà pari a 65 milioni e 300 mila metri cubi, cioè la quantità di gas che l’Ucraina ha sottratto ai consumatori europei, clienti fedeli della Russia. Ma a soffrire per questa decisione non sarà, ovviamente, la sola Kiev, perché i gasdotti forniti di gas russo si irradiano, dall’Ucraina, verso altre nazioni. A forte rischio c’è anche l’Italia che dipende dal gas russo per il 30% del suo import e che ha scorte per almeno un mese come sostiene il ministro Scajola. Si scatena così quella che nel gergo geopolitico e geoeconomico è chiamata la “guerra del gas”. Da un lato c’è la potenza produttrice (Russia) e dall’altro la nazione che offre il “transito” (Ucraina) ricevendo anche una parte del prodotto. Ma è sulla questione del prezzo da pagare che non si trova l’accordo.


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