di Roberta Folatti

Ci sono almeno due motivi per essere curiosi di vedere questo film. Il primo è che è stato realizzato a basso budget - e inizialmente nemmeno i distributori gli davano grandi chances, avendo messo in circolazione in America otto sole copie. Il secondo è che sempre negli States nel giro di poco, grazie al passaparola, è diventato un piccolo cult tra le comunità ispaniche. Aggiungiamoci che è stato il trionfatore (premiato sia dalla giuria che dal pubblico) del Sundance Film Festival, la creatura di Robert Redford che seleziona le migliori produzioni indipendenti. E che prende spunto da un'antichissima celebrazione di origini atzeche, la cosiddetta quinceanera, una specie di rito di passaggio nell'età adulta riservato alle ragazzine, qualcosa di simile alla nostra Prima Comunione o a un matrimonio, con tanto di "accompagnamento all'altare".

di Roberta Folatti

Quando suo padre morì, Nathaniel scoprì di non esistere. I giornali dell'epoca infatti, parlando della fine del famoso architetto, colpito da infarto nei bagni pubblici di una stazione newyorkese, si limitarono a citare la moglie e la figlia ufficiali, tacendo l'esistenza di Nathaniel e dell'altra sorellastra. Perchè Louis Kahn, per il mondo, aveva una sola famiglia e la sua intricata vita privata era un'appendice nascosta della sua instancabile passione per l'architettura. Personaggio complesso e geniale, figlio di ebrei estoni poverissimi che si trasferirono negli Stati Uniti quando lui aveva sei anni, Louis Kahn dovette combattere anche contro i postumi di un brutto incidente che gli sfigurò il volto. A scuola i compagni lo chiamavano "scarface", ma lui si dimostrò il più brillante del suo corso.

di Roberta Folatti

Forse la vita è proprio così. Caotica, imprevedibile, dolorosa, piena di incomprensioni e di colori, di cose non dette, di affetti trattenuti fino a quando è troppo tardi. E' così soprattutto se si è nati in una famiglia numerosa come quella che tracima dallo schermo del film Crazy, del regista del Quebec Jean Marc Vallée, sommerso da una pioggia di premi nel suo paese.

di Roberta Folatti

Il Festival del cinema di Locarno è stato sicuramente un successo di pubblico. Quasi 200.000 persone hanno affollato le sale delle proiezioni e soprattutto la suggestiva piazza Grande, in cui ogni sera, come in un rito, ci si riunisce attorno all'enorme schermo posto nel centro della cittadina svizzera. Un esempio di quanto la cultura possa rappresentare anche un'attrazione turistica, oltre che una fonte di guadagno.
Dal punto di vista artistico, il Festival ha offerto una buona qualità, lavori provenienti da tutto il mondo di forte impronta civile, firmati in molti casi da donne.

di Roberta Folatti

Due anni fa un film italiano - "Private" di Saverio Costanzo - vinse il Pardo d'oro, ma in questa edizione le pellicole nostrane sono poche e per certi versi deludenti. Il Festival del cinema di Locarno volge a conclusione e, in attesa del verdetto che designerà i preferiti della giuria e del pubblico, diamo un'occhiata ai prodotti italiani.


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