di Alessandro Iacuelli

Tutto secondo copione nella strana emergenza gas di questi giorni.
A dare il fatidico annuncio è il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola, che dichiara: "Abbiamo bisogno di chiedere agli italiani un sacrificio". L'ennesimo. Sacrificio in conseguenza di un decreto legge approvato in tutta fretta dal Consiglio dei Ministri che impone un grado in meno nella temperatura del riscaldamento delle abitazioni e degli uffici e, non bastasse, un'ora in meno nella durata del riscaldamento stesso.
Sempre il ministro Scajola fa notare che il decreto "porterà beneficio alla situazione di difficoltà nel gas che abbiamo in Italia" e grazie a questo intervento sarà possibile un risparmio dei consumi pari a 5-10 milioni di metri cubi di gas al giorno. Nonostante questo risparmio nei consumi, precisa poi il ministro di Forza Italia, anche che le misure previste per affrontare l'emergenza gas potrebbero comportare qualche ritocco alle bollette dell'energia, come se non bastassero tutti i rincari degli ultimi anni.

di Patrizia Orlandi

Il governo che voleva fare dell'imprenditorialità il fattore di successo che avrebbe rivoluzionato la pubblica amministrazione, sembra avere uno strano concetto sia della imprenditorialità che della pubblica amministrazione. Il tratto comune a diverse situazioni nelle quali sono stati innestati i criteri di imprenditorialità, dalla scuola, alla sanità, fino all'attività diplomatica e alle aziende quasi-privatizzate, sembra quello di nominare alcuni manager ed affidare loro enormi responsabilità, per poi dileguarsi non prima di aver provveduto a tagliare drasticamente i trasferimenti dallo stato. Il passo successivo è quello di accusare i lavoratori per l'inevitabile fallimento; lavoratori inadatti a "stare sul mercato" o troppo intrisi di "logiche stataliste". Succede nella scuola, è successo con Trenitalia, e in questi giorni abbiamo avuto la certezza che lo stesso destino toccherà all'Alitalia.

di Bruno Ballardini

Silvio Berlusconi L'affare BNL-Unipol, per come è stato utilizzato mediaticamente, è il primo sintomo di una transizione che sta per compiersi: l'era berlusconiana sta finendo. Tutti si stavano preparando a questo, da Fiorani a Consorte, dalla Lega Nord alla sinistra. Ognuno a modo suo. La sortita di Berlusconi in Procura nasce dal tentativo di recuperare punti di credibilità presso l'elettorato erodendoli ai suoi avversari. Ha deciso di farlo da solo, senza consultarsi prima con gli alleati. Sarebbe stato un comportamento politico e lui non è politico. E' qui la sua debolezza maggiore, come pure l'aver fondato un movimento senza basi politiche, ovvero che non si fonda sulla militanza. Ma ciò che ha fatto il presidente del Consiglio in questi ultimi giorni non può essere definito semplicemente "avanspettacolo" come l'ha definito Casini, né può essere ridotto ad una semplice "nota stonata" come ha fatto Maroni.

di Sara Nicoli

Adesso ogni dubbio è davvero fugato: Silvio Berlusconi paga le tasse. E non ci si faccia ingannare dalla propaganda comunista che diffonde informazioni sul fatturato delle sua aziende miracolosamente in ascesa da quando lui è premier: lui non miscela affari e politica, anzi la politica lo ha oggettivamente impoverito e il suo conflitto d'interessi non esiste. Inoltre, diversamente da quanto sostiene la solita propaganda comunista, è riuscito a mantenere fede ad uno dei punti principali del famoso "patto con gli italiani": ridurre le tasse.
A cominciare da se stesso.

di Bruno Ballardini

Buon anno L'editoriale di fine anno di Eugenio Scalfari è stato senz'altro più utile del discorso annuale di Ciampi. Detto così sembra una provocazione alla Sgarbi, ma non vuol esserlo. Allora, utile a chi? Alla nostra sinistra, s'intende, se solo sapesse fare ammenda. E utile, in definitiva, al Paese tutto considerando che il ritardo storico nella ristrutturazione del "reparto progressista" del sistema-Italia incide sulle sue dinamiche politiche complessive causando non poco danno. In questo, il carico maggiore di responsabilità resta sempre appannaggio della sinistra tutta, colpevole dapprima di aver lasciato andare al governo una nuova generazione di affaristi, poi di non aver imparato a comunicare in modo chiaro col proprio elettorato (il che implicava che fossero chiari almeno i programmi) e, infine, di aver sottovalutato la questione morale.


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