Guerra e dottrina militare statunitense: il conflitto armato in Europa è direttamente collegato alla pianificazione militare statunitense. La "Third Offset Strategy", la "Interim Strategic National Security Guidance" e l'avvento del "Concetto strategico" della NATO del 2022 delineano il piano militare degli Stati Uniti per il dominio globale. La terza strategia di compensazione, proposta dal segretario alla difesa Chuck Hagel e dal vicesegretario Robert Work, è una prospettiva di adattamento del potenziale bellico degli Stati Uniti ed è una risposta all'adesione della Crimea alla Federazione Russa nel 2014.

L'orientamento strategico di Biden, adottato nel 2021, è un aggiornamento dottrinale che pone le potenze emergenti, guidate da Russia e Cina, al centro delle sue preoccupazioni. Da parte sua, la NATO ha deciso di aggiornare il suo Concetto Strategico prendendo in considerazione tre idee cardine, tra cui l'adozione di un approccio più globale.* Questi piani ufficiali degli Stati Uniti e della NATO spiegano perché le preoccupazioni di sicurezza della Russia sono legittime.

L'Ucraina nella geopolitica di oggi: in linea con la pianificazione delineata sopra, il governo di Kiev intende trasformare l'Ucraina in un avamposto della NATO, rafforzare l'accerchiamento militare della NATO alla Russia e trasformare l'Ucraina nel perno energetico dell'Europa, il che spiega il boicottaggio del gasdotto Nord Stream 2 che fornirebbe gas dalla Russia alla Germania per servire 26 milioni di famiglie. *L'approccio dell'adesione dell'Ucraina alla NATO aveva lo scopo di rompere l'avvicinamento geopolitico della Russia all'Unione europea, delineando la tutela energetica degli Stati Uniti sull'Europa, e quindi risponde agli interessi geo-strategici di Washington".

Operazione militare speciale della Russia: Considerando le ripercussioni politico-diplomatiche di questa azione armata, le sue capacità militari in contrasto con la potenza militare della Russia, la forza corazzata della Russia in un teatro di operazioni caratterizzato dalla piatta topografia ucraina e la sua indubbia supremazia aerea, tutto ciò indica che Mosca sta perseguendo una guerra di decisione rapida.

Per la NATO, una guerra prolungata per logorare la federazione russa, cioè la vietnamizzazione del conflitto, sarebbe la cosa più auspicabile. La "guerra cognitiva" della NATO contro la Russia, il forte sostegno di tutte le potenze occidentali all'Ucraina e i preparativi per la difesa del governo di Volodymir Zelensky suggeriscono che se non si raggiunge prima un accordo negoziato, pesanti combattimenti sono all'orizzonte e definiranno il corso degli eventi. *Kiev è il centro di gravità della guerra. La sua cattura suggella la vittoria della campagna militare russa. Ma il costo politico di questa battaglia definirà il vincitore della guerra.

L'avvento di un nuovo ordine. La guerra di oggi non è tra destra e sinistra. Stiamo assistendo alla fine del mondo unipolare ereditato dalla guerra fredda. Gli eventi presagiscono l'emergere di una nuova realtà internazionale. Indubbiamente, gli Stati Uniti a capo della NATO difendono la loro egemonia globale mentre il capitalismo neoliberale è in crisi. L'Occidente si sta riaffermando con la sua narrazione, le sue principali potenze si pongono come i cancerogeni dell'attuale modello di civiltà e liquidano alcune idee liberali imponendo sanzioni che violano i diritti umani che pretendono di difendere. Da parte loro, le potenze emergenti chiedono maggiore spazio nella politica internazionale. Allo stesso tempo, molti popoli stanno resistendo all'imperialismo. *Non è la fine del capitalismo. Stiamo assistendo a un cambiamento d'epoca in cui la multipolarità sembra esserne il segno.

Una soluzione negoziata. Nessuno sano di mente può alimentare un confronto militare che potrebbe sfociare in una guerra nucleare. Gli amanti della vita reclamano la pace e un nuovo quadro istituzionale capace di superare la subordinazione delle Nazioni Unite agli imperativi di certi poteri. Lo smantellamento della NATO è un altro imperativo che non può essere rimandato per salvaguardare la pace e l'autodeterminazione dei popoli. Per ora, il grido dell'umanità è che l'Ucraina diventi un territorio neutrale dove prevalga il rispetto delle diverse nazioni e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa sul suo territorio.

Questa sarebbe la politica giusta per difendere la sua sovranità e servire da cuscinetto contro gli scontri tra le potenze mondiali. Un negoziato onesto deve affrontare questi problemi. *Gli imperativi della NATO non sono nell'interesse nazionale dell'Ucraina. Tanto meno sono nell'agenda dell'umanità. Al contrario, il cambiamento climatico, la povertà, la fame e il neocolonialismo sono le questioni più urgenti e di reale preoccupazione per milioni di persone nel mondo. Non c'è dubbio che l'umanità ha bisogno di alternative*.

Fonte: cuatrof.net

Si stenta a crederlo, ma un’alleanza militare, la Nato, il cui funzionamento vìola i principi di sovranità e uguaglianza degli Stati, iscritti nella Carta delle Nazioni Unite, negli ultimi 27 anni ha continuato a espandersi, contravvenendo ai trattati internazionali. È talmente incredibile che tutti se ne dimenticano. «L’allargamento della Nato negli ultimi decenni è stato un grande successo e ha anche aperto la strada a un ulteriore allargamento della UE»: lo ha ribadito sabato scorso alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Per comprendere appieno le sue parole, occorre ricostruire nei termini essenziali questa storia di «grande successo».

Essa inizia nello stesso anno - il 1999 - in cui la Nato demolisce con la guerra la Jugoslava e, al vertice di Washington, annuncia di voler «condurre operazioni di risposta alle crisi, non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza». Dimenticando di essersi impegnata con la Russia a «non allargarsi neppure di un pollice a Est», la Nato inizia la sua espansione ad Est. Ingloba i primi tre paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Quindi, nel 2004, si estende ad altri sette: Estonia, Lettonia, Lituania (già parte dell’Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia (già parte del Patto di Varsavia); Slovenia (già parte della Federazione Jugoslava). Nel 2009, la Nato ingloba l’Albania (un tempo membro del Patto di Varsavia) e la Croazia (già parte della Federazione Jugoslava); nel 2017, il Montenegro (già parte della Jugoslavia); nel 2020 la Macedonia del Nord (già parte della Jugoslavia) In vent’anni, la Nato si estende da 16 a 30 paesi.

In tal modo Washington ottiene un triplice risultato. Estende a ridosso della Russia, fin dentro il territorio dell’ex Urss, l’Alleanza militare di cui mantiene le leve di comando: il Comandante Supremo Alleato in Europa è, «per tradizione», sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati Uniti e appartengono agli Usa anche gli altri comandi chiave. Allo stesso tempo, Washington lega i paesi dell’Est non tanto all’Alleanza, quanto direttamente agli Usa. Romania e Bulgaria, appena entrate, mettono subito a disposizione degli Stati Uniti le importanti basi militari di Costanza e Burgas sul Mar Nero. Il terzo risultato ottenuto da Washington con l’allargamento della Nato a Est è il rafforzamento della propria influenza in Europa.

Sui dieci paesi dell’Europa centro-orientale che entrano nella Nato tra il 1999 e il 2004, sette entrano nell’Unione Europea tra il 2004 e il 2007: alla UE che si allarga a Est, gli Stati Uniti sovrappongono la Nato che si allarga a Est sull’Europa. Oggi 21 dei 27 paesi dell’Unione Europea appartengono alla Nato sotto comando Usa. Il Consiglio Nord Atlantico, l’organo politico dell’Alleanza, secondo le norme Nato decide non a maggioranza ma sempre «all’unanimità e di comune accordo», ossia d’accordo con quanto deciso a Washington. La partecipazione delle maggiori potenze europee a tali decisioni (esclusa l’Italia che ubbidisce tacendo) avviene in genere attraverso trattative segrete con Washington sul dare e avere. Ciò comporta un ulteriore indebolimento dei parlamenti europei, in particolare di quello italiano, già oggi privati di reali poteri decisionali su politica estera e militare.

In tale quadro, l’Europa si ritrova oggi in una situazione ancora più pericolosa di quella della guerra fredda. Altri tre paesi – Bosnia Erzegovina (già parte della Jugoslavia), Georgia e Ucraina (già parte dell’Urss) – sono candidati a entrare nella Nato. Stoltenberg, portavoce degli Usa prima che della Nato, dichiara che «teniamo la porta aperta e, se l’obiettivo del Cremlino è quello di avere meno Nato ai confini della Russia, otterrà solo più Nato». Nella escalation Usa-Nato, chiaramente diretta a far esplodere una guerra su larga scala nel cuore dell’Europa, entrano in gioco le armi nucleari. Fra tre mesi inizia negli Usa la produzione in serie delle nuove bombe nucleari B61-12, che saranno schierate sotto comando Usa in Italia e altri paesi europei, probabilmente anche dell’Est ancora più a ridosso della Russia.

Oltre a queste, gli Usa hanno in Europa due basi terrestri in Romania e Polonia e quattro navi da guerra dotate del sistema missilistico Aegis, in grado di lanciare non solo missili anti-missile ma anche missili Cruise a testata nucleare. Stanno inoltre preparando missili nucleari a raggio intermedio, da schierare in Europa contro la Russia, il nemico inventato che può però rispondere in maniera distruttiva se attaccato.

A tutto questo si aggiunge l’impatto economico e sociale della crescente spesa militare. Alla riunione dei ministri della Difesa, Stoltenberg ha annunciato trionfante che «questo è il settimo anno consecutivo di aumento della spesa della Difesa degli Alleati europei, accresciuta di 270 miliardi di dollari dal 2014». Altro denaro pubblico sottratto alle spese sociali e agli investimenti produttivi, mentre i paesi europei devono ancora riprendersi dal lockdown economico del 2020-21. La spesa militare italiana ha superato i 70 milioni di euro al giorno, ma non bastano. Il premier Draghi ha già annunciato «Ci dobbiamo dotare di una difesa più significativa: è chiarissimo che bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora». Chiarissimo: stringiamo la cinghia perché la Nato possa allargarsi.

 

fonte: www.voltairenet.org

Quito. Molto stupidamente, alcuni mesi fa, pensavo che la pandemia e i disastri naturali derivanti dalla distruzione dell'equilibrio ecologico, ci avrebbero fatto riflettere come collettivo di Umanità e cercare più soluzioni solidali tra umani e umani e con il Pianeta, la nostra casa. Molto ingenuo da parte mia non ricordare che l'avidità del grande capitale non ha limiti o valori, se non l'accumulazione irrazionale.  Siamo ancora fiduciosi che l'istinto di sopravvivenza animale, che abbiamo come esseri umani, ci porterà a trovare le risposte necessarie. Spero che l'opzione democratica per il socialismo ci conduca ad una razionalità indispensabile e ci conduca ad un  rapporto fraterno e filiale  con la nostra Pachamama e tra umano e umano. Scommettiamo su questo e dobbiamo andare avanti lì. Questa guerra provocata e inaspettata è un altro campanello d'allarme.

Mentre la situazione nel Donbass diviene sempre più incandescente, Biden, alla vigilia del colloquio con Putin, ha convocato l’11 febbraio quello che di fatto è il consiglio di guerra della Nato e dell’Unione Europea: il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il primo ministro britannico Boris Johnson, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro italiano Mario Draghi, il presidente polacco Andrzej Duda, il presidente rumeno Klaus Iohannis, il primo ministro canadese Justin Trudeau, affiancati dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Il consiglio di guerra Nato-UE ha chiarito che «se la Russia effettua una ulteriore invasione dell’Ucraina, gli Stati uniti, insieme con i loro Alleati e partner, risponderanno con decisione e imporranno immediati e pesanti costi alla Russia».

Questo ha detto il giorno dopo Biden a Putin, a nome non solo degli Stati Uniti ma della Nato e dell’Unione Europea. Rifiuto totale di ogni trattativa, di fatto una dichiarazione di guerra, sottoscritta dall’Italia per mano di Mario Draghi sotto gli occhi di un Parlamento silente e consenziente. Ogni giorno di più si intensificano i segnali di guerra imminente. Il Dipartimento di Stato sta evacuando l’Ambasciata a Kiev, lasciandovi solo pochi diplomatici e una squadra di Marines, e avverte i cittadini statunitensi di lasciare l’Ucraina perché «non sarebbe in grado di proteggerli dall’attacco russo». Lo stesso ha fatto la Farnesina.

Il Pentagono sta ritirando dall’Ucraina 160 istruttori militari, che hanno addestrato le forze di Kiev. Restano però consiglieri e istruttori militari appartenenti alle Forze Speciali Usa e Nato, che hanno di fatto la direzione dell’Esercito e della Guardia nazionale di Kiev. In prima fila il battaglione neonazista Azov, già distintosi per la sua ferocia contro le popolazioni russe del Donbass, promosso per i suoi meriti a reggimento meccanizzato di forze speciali, armato e addestrato dalla Nato.

Ha la stessa insegna della Divisione Panzer SS Das Reich, una delle 200 divisioni hitleriane che nel 1941 invasero l’Unione Sovietica. Furono sconfitte, ma il prezzo pagato dall’Unione Sovietica fu altissimo: circa 27 milioni di morti, per oltre la metà civili, corrispondenti al 15% della popolazione (in rapporto allo 0,3% degli Usa in tutta la Seconda guerra mondiale); circa 5 milioni di deportati in Germania; oltre 1.700 città e grossi abitati, 70 mila piccoli villaggi, 30 mila fabbriche distrutti. Tutto questo viene pericolosamente dimenticato, mentre la Russia continua a ripetere, parlando al vento, che non intende attaccare l’Ucraina e denuncia la crescente concentrazione di truppe di Kiev di fronte all’area del Donbass abitata dalle popolazioni russe.

Qui Kiev ha schierato oltre 150 mila soldati. Sono dotati di veicoli lanciarazzi Grad, ciascuno capace di lanciare fino a 40 km, in una salva di 20 secondi, 40 razzi da 122 mm con testate ad alto esplosivo che, deflagrando, investono una vasta area con migliaia di taglienti frammenti metallici o piccole bombe a scoppio ritardato. Un attacco su vasta scala con armi di questo tipo, contro gli abitanti russi delle regioni di Donetsk e Lugansk, provocherebbe una strage e non potrebbe essere arrestato dalle forze locali costituite da circa 35 mila uomini.

La guerra potrebbe esplodere con una operazione false flag. Mosca denuncia la presenza in Donbass di mercenari Usa con armi chimiche. La miccia potrebbe essere una provocazione, tipo un attacco a un abitato ucraino, attribuito ai russi del Donbass che verrebbero attaccati dalle soverchianti forze di Kiev. La Federazione russa ha avvertito che, in tale situazione, non resterebbe a guardare, ma interverrebbe a difesa dei russi del Donbass, distruggendo le forze attaccanti.

Esploderebbe così, nel cuore d’Europa, una guerra a tutto vantaggio degli Usa che, attraverso la Nato a cui appartengono 21 dei 27 paesi Ue, e con la collaborazione della stessa Unione Europea, riportano l’Europa a una situazione simile, ma più pericolosa, di quella della guerra fredda, rafforzando l’influenza e la presenza statunitensi nella regione europea.

 

fonte: voltairenet.org

Da alcuni mesi i dirigenti dell’Alleanza Atlantica denunciano che la Russia si sta preparando a invadere l’Ucraina. Mosca però respinge totalmente le accuse, giustificando senza difficoltà i movimenti di truppe. Il Consiglio di Sicurezza russo ha infine chiarito pubblicamente la propria posizione: ha pubblicato una proposta di trattato di pace che soddisferebbe chiunque fosse dotato di buon senso. Washington però tace perché la proposta russa mette in evidenza la sua ambivalenza.

La Federazione Russa ha consegnato agli Stati Uniti d’America, il 15 dicembre, il progetto di un Trattato e di un Accordo per disinnescare la crescente tensione tra le due parti. I due documenti sono stati resi pubblici, il 17 dicembre, dal Ministero degli Esteri russo. La bozza di trattato prevede, all’Art. 1, che ciascuna delle due parti «non intraprenda azioni che incidono sulla sicurezza dell’altra parte» e, all’Art.2, che «si adoperi per garantire che tutte le organizzazioni internazionali e alleanze militari a cui partecipa aderiscano ai principi della Carta delle Nazioni Unite».


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