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Si è detto a lungo che la Colombia è l'Israele dell'America Latina, un'affermazione che è stata fatta da vari analisti e figure politiche, soprattutto quando nell'ultimo decennio si è approfondito il suo ruolo di base statunitense che serve come esperimento e centro di destabilizzazione della regione.
Un numero imprecisato di basi militari sono state installate in quel paese, che sono servite realmente come truppe di controinsurrezione, perché in termini di traffico di droga i loro fallimenti sono più che evidenti, e anche clamorosi. Basta guardare le notizie di questa settimana sul coordinamento tra alcuni alti ufficiali dell'esercito e gruppi narco-paramilitari, in particolare proteggendo le azioni del clan Barros, un clan della Guajira alleato con il clan del Golfo dedicato al narcotraffico e al contrabbando di benzina nei dipartimenti di Guajira, Cesar, Magdalena, Atlántico e il sud di Bolívar.
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- Scritto da Thierry Meyssan
È dalla fine del XIX secolo che il mondo assiste alle guerre per il petrolio. Ora iniziano quelle per il litio, minerale indispensabile per i telefoni portatili, ma soprattutto per le vetture elettriche. Da documenti del Foreign Office, esaminati da uno storico e da un giornalista britannici, risulta che il Regno Unito ha organizzato da cima a fondo il rovesciamento del presidente Evo Morales, al fine d’impossessarsi delle riserve di litio della Bolivia.
Ripensate al rovesciamento a fine 2019 del presidente Evo Morales: all’epoca i media egemonici asserivano che Morales aveva trasformato la Bolivia in una dittatura e per questa ragione il popolo lo cacciava. L’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) pubblicò un rapporto per certificare che le elezioni erano state truccate e che si stava assistendo al ripristino della democrazia.
Il presidente Morales, temendo di far la fine del presidente cileno Salvador Allende, fuggì in Messico e denunciò un colpo di Stato, organizzato per far man bassa delle riserve di litio del Paese. Non essendo riuscito a individuarne i mandanti, in Occidente non ottenne che sarcasmo. Soltanto Réseau Voltaire rivelò che l’operazione era stata condotta da una comunità di cattolici croati ustascia, insediatasi in Bolivia - a Santa Cruz - dalla fine della seconda guerra mondiale; una rete stay-behind della NATO.
Un anno dopo, il partito del presidente Morales vinse le elezioni con larghissimo margine. Non ci furono contestazioni e Morales poté rientrare trionfalmente in patria. La supposta dittatura di Morales non è mai esistita; quella di Jeanine Áñez è stata rovesciata dalle urne.
Lo storico Mark Curtis e il giornalista Matt Kennard hanno ottenuto l’accesso a documenti desecretati del Foreign Office e li hanno studiati, pubblicando le conclusioni sul sito Declassified UK, trasferito in Sud Africa dopo aver subito nel Regno Unito la censura militare.
Curtis ha mostrato in tutte le sue ricerche che la politica del Regno Unito non è affatto mutata dopo la decolonizzazione. Réseau Voltaire ha citato i suoi lavori in decine di articoli.
Dalle analisi emerge che il rovesciamento del presidente Morales fu comandato dal Foreign Office stesso e da elementi della CIA sfuggiti al controllo dell’amministrazione Trump. L’obiettivo era il furto del litio boliviano, bramato dal Regno Unito nel quadro della transizione energetica.
Già nel 2009 l’amministrazione Obama aveva tentato un colpo di Stato, che però Morales riuscì a sventare. Molti diplomatici e funzionari USA furono all’epoca espulsi dalla Bolivia. L’amministrazione Trump ha invece lasciato in apparenza campo libero ai dittatori dell’America Latina, impedendogli però sistematicamente di mettere in atto i loro piani.
Il litio è un elemento essenziale delle batterie. Si trova soprattutto nelle soluzioni saline naturali dei laghi degli altipiani desertici andini in Cile, Argentina e, in particolare, in Bolivia (il “triangolo del litio”), nonché in Tibet: i salares. Si trova in forma solida anche in taluni minerali estratti dalle miniere, segnatamente australiane. È indispensabile per la transizione dai veicoli a benzina a quelli elettrici. Con gli Accordi di Parigi per contrastare il riscaldamento atmosferico, è diventato una posta più importante del petrolio.
A febbraio 2019 il presidente Morales ha autorizzato una società cinese, TBEA Group, a sfruttare le principali riserve di litio del Paese, il Regno Unito ha perciò architettato un piano per appropriarsene.
Morales, indiano aymara, è diventato presidente della Bolivia nel 2006: rappresentava i produttori di coca, pianta locale indispensabile alla vita ad alta quota, ma anche una potente droga proibita nel mondo dalle statunitensi leghe cattoliche sedicenti virtuose. L’elezione di Morales e il suo governo hanno segnato il ritorno al potere degli indiani, esclusi sin dall’epoca della colonizzazione spagnola.
Dal 2017-2018 il Regno Unito inviò esperti presso la società nazionale Yacimientos de Litio Bolivianos (YLB) per valutare le condizioni di sfruttamento del litio boliviano.
Nel 2019-20 Londra finanziò uno studio per «ottimizzare la ricerca e la produzione di litio in Bolivia per mezzo della tecnologia britannica».
Ad aprile 2019 l’ambasciata del Regno Unito a Buenos Aires organizzò un seminario con rappresentanti di Argentina, Cile e Bolivia, nonché con responsabili d’industrie minerarie e governi, per presentare i vantaggi che avrebbero ricavato utilizzando la Borsa dei Metalli di Londra. Vi partecipò anche un ministro dell’amministrazione Morales.
Subito dopo il colpo di Stato, emerse che a finanziare i progetti britannici era la Banca Interamericana di Sviluppo (IADB).
Molto prima del colpo di Stato, il Foreign Office incaricò una società di Oxford, la Satellite Applications Catapult, di predisporre una mappa delle riserve di litio; la società fu però retribuita dalla IADB soltanto dopo il rovesciamento di Morales. Alcuni mesi dopo l’ambasciata del Regno Unito a La Paz organizzò un seminario cui parteciparono 300 protagonisti della filiera del litio, con il concorso della società Watchman UK, specializzata nel coinvolgimento delle popolazioni in progetti per loro dannosi, al fine di prevenirne la rivolta.
Prima e dopo il colpo di Stato l’ambasciata britannica della Bolivia trascurò la capitale, La Paz, per interessarsi soprattutto alla regione di Santa Cruz, quella dove i croati ustascia presero legalmente il potere: vi fiorirono eventi culturali e commerciali.
Otto mesi prima del colpo di Stato, per neutralizzare le banche boliviane, l’ambasciata britannica di La Paz organizzò un seminario sulla sicurezza informatica. I diplomatici presentarono la società DarkTrace (creata dai servizi britannici per la sicurezza interna) e spiegarono che unicamente gli istituti bancari che ne avrebbero usato i servizi per la propria sicurezza avrebbero potuto operare con la City.
Secondo Curtis e Kennard, gli Stati Uniti non parteciparono direttamente al complotto contro Morales, però funzionari della CIA lasciarono l’Agenzia per organizzarlo. Così DarkTrace ha reclutato Marcus Fowler, specialista della CIA in cyber-operazioni, e soprattutto Alan Wade, ex capo dell’Intelligence. La maggior parte del personale che partecipò all’operazione era britannico; fra loro i responsabili di Watchman UK, Cristopher Goodwin-Hudson (ex militare di carriera, poi direttore della Sicurezza di Goldman-Sachs) e Gabriel Carter (membro del privatissimo Special Forces Club di Knightsbridge, distintosi in Afghanistan).
Lo storico e il giornalista affermano altresì che l’ambasciata britannica fornì all’Organizzazione degli Stati Americani i dati che le servirono a “provare” i brogli elettorali; un rapporto demolito prima dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), poi dai boliviani stessi nelle successive elezioni.
L’attualità dà ragione alle ricerche dello storico Mark Curtis. Infatti abbiamo mostrato il ruolo di Londra nei tre anni successivi al colpo di Stato in Bolivia del 2019: nella guerra dello Yemen e in quella dell’Alto-Karabakh del 2020.
Il Regno Unito predilige guerre brevi e operazioni segrete e fa il possibile perché i media non le individuino. Per mezzo di uno stuolo di agenzie di stampa e di media, che finanzia in segreto, controlla direttamente la pubblica percezione della sua presenza. Impone alle popolazioni del Paese che vuole sfruttare condizioni di vita ingestibili. Situazioni che può anche far durare a lungo, sicuro che le vittime ricorreranno nuovamente al Regno Unito, il solo in grado di spegnere il conflitto da esso stesso appiccato.
fonte: www.voltairenet.org
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- Scritto da Alberto Negri
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Mentre in Italia il Governo prova a spegnere i primi focolai di protesta contro le nuove misure di contenimento del contagio da coronavirus con la politica dei “ristori”, in Spagna l’esecutivo targato PSOE-Podemos vara una legge di bilancio per il 2021 (Presupuestos Generales del Estado – PGE) all’insegna di cospicui investimenti infrastrutturali (+115%), del rafforzamento del sistema sanitario, di misure strutturali per il sostegno al reddito e della redistribuzione della ricchezza attraverso una maggiore imposizione sui redditi più elevati e sui grandi patrimoni.
Un modo diverso di rispondere alla crisi, avendo riguardo in primo luogo alle fasce più deboli e vulnerabili della società; un primo tentativo, per quanto ancora timido, di intervenire sulle gravi diseguaglianze prodotte dalla crisi precedente. Non solo. Rinunciando al MES e ai prestiti del pacchetto Next Generation Ue, l’esecutivo spagnolo sta dimostrando di essere molto più avanti di altri governi europei, a cominciare da quello italiano, nella comprensione di ciò che sta accadendo in questa fase nell’ambito della governance comunitaria.
La prova che Sanchez e Iglesias stanno andando nella direzione giusta? Il giudizio sulla manovra da parte del padronato spagnolo e dei mass media ad esso collegati, che può essere riassunto nell’incipit di un articolo apparso sul noto quotidiano economico Expansion, a firma di Ignacio de la Rica: «Il discorso del duo dei Flintstones è vecchio. Suona come una stantia sacralizzazione del collettivismo sovietico o, non volendo esagerare, del socialismo scandinavo del secolo scorso, felicemente superato dagli stessi paesi di quella regione».
Ma andiamo con ordine. Dopo molti anni di dominio dell’ideologia monetarista (i suoi danni li abbiamo scontati anche nella crisi del 2008-2012), sembra che questa nuova crisi abbia riportato in auge un concetto che nel dopoguerra, dagli Stati Uniti al Vecchio Continente, nessun Governo avrebbe mai messo in discussione: nei periodi di recessione o depressione non basta aumentare l’offerta di moneta, ma è necessario che questa moneta vanga effettivamente spesa. Meglio ancora se banche centrali e governi lavorano, ognuno dalla loro postazione, per lo stesso obiettivo. Una formuletta keynesiana, che, come tante regole economiche, è solo una regola di buonsenso. Un po’ quello che sta succedendo in Europa in questo periodo. Il patto di stabilità è stato momentaneamente sospeso, i governi spendono in deficit come non si vedeva da decenni, la Banca Centrale Europea tiene bassi i tassi sulle obbligazioni statali.
Perché, allora, indebitarsi con un organismo tecnico come il MES o con la stessa Ue, quando l’accesso al mercato dei capitali attualmente è quasi a costo zero (in Spagna il rendimento dei decennali è inferiore dello 0,5% rispetto a quelli italiani, quindi quasi nullo)? È il ragionamento che hanno fatto a Madrid che, evidentemente, tiene conto di un altro e non secondario elemento: le emissioni statali vengono acquistate sul mercato secondario dalla Bce per il tramite delle banche centrali nazionali e il “reddito monetario” da esse prodotto viene retrocesso agli Stati stessi.
Siamo al dunque: meglio avere come creditore la propria banca centrale o un’organizzazione internazionale? Sarebbe logico che anche in Italia alcuni esponenti politici e di governo si facessero questa domanda, anziché parlare di MES senza cognizione di causa, ovvero per buttarla in caciara, come spesso accade dalle nostre parti.
Nella situazione in cui siamo immersi, tuttavia, affidarsi esclusivamente alle risorse del mercato non è la soluzione ideale e nemmeno quella più conveniente (il momento della resa dei conti è sempre incombente). Servono tanti soldi ed è giusto che chi ha molto paghi una parte del costo della crisi per chi ha meno o non ha niente. «Giustizia fiscale, chi ha di più contribuisca di più», ha dichiarato il leader di Podemos Pablo Iglesias. Un concetto che il Governo spagnolo ha provato a mettere in pratica, accompagnando alla dilatazione del disavanzo alcuni interventi redistributivi dal lato, per l’appunto, dell’imposizione fiscale.
Vediamo di che si tratta. Per quanto riguarda la rimodulazione delle aliquote (IRPF), si prevede un aumento di due punti percentuali di quelle sui redditi da lavoro superiori a 300 mila euro annui e di tre punti per quelle relative ai redditi da capitale superiori a 200 mila euro annui. A queste modifiche si aggiungerà un prelievo dell’1% sui patrimoni superiori a dieci milioni di euro, una piccola patrimoniale, e una tassa minima del 15% per le società di investimento immobiliare quotate.
La platea dei contribuenti coinvolta non è molto larga (36.194 contribuenti, lo 0,17% del totale, secondo le stime del Ministero delle finanze), ma, al di là del valore simbolico delle misure, e tenendo conto anche di alcune tasse indirette (bevande zuccherate, “aliquote Google”, tassa sulla plastica), il Governo stima di conseguire da questa manovra maggiori entrate per quasi sette miliardi di euro nel 2021 e di due miliardi e mezzo nel 2022.
Dove andranno questi soldi, tra nuovo deficit, nuove entrate e grants europei (196,1 miliardi di euro, di cui 27 da aiuti Ue)? Anche qui la differenza con il nostro Paese e con altri paesi europei è notevole.
I soldi per le piccole e medie imprese ci sono, ma il grosso degli interventi vanno nella direzione della sanità pubblica, del sociale, del welfare. C’è un aumento significativo della spesa sanitaria (+151,4%) e per l’educazione (+70%); un aumentano delle risorse per la ricerca e l’innovazione (+80%), per i sussidi di disoccupazione e per quella che in Spagna viene definita «economia della cura», nella quale rientra il sistema degli asili nido, il baby sitting e tutte le misure di sostegno alle famiglie, compresi i congedi parentali di maternità e di paternità; l’ampliamento della platea dei beneficiari dell’Ingreso Minimo Vital (IMV), il reddito di base che attualmente varia da 461 a 1015 euro al mese (sono stati modificati alcuni requisiti d’accesso alla luce della caduta dei redditi privati nella pandemia). Cose diverse dal “ristorare” attività economiche senza alcun riguardo al loro fatturato o tagliare l’IRAP anche alle imprese che con questa crisi ci stanno guadagnando o dispensare bonus una tantum agli scarti della società.
Non è il “socialismo” di cui parla il giornalista di Expansion, niente rispetto alle conquiste dei primi trent’anni del Secondo dopoguerra, ma la dimostrazione che da questa crisi si può uscire senza portare tutto il conto ai ceti popolari come è accaduto nel recente passato un po’ ovunque in Europa. Un esempio che potrebbe seguire anche il nostro Governo con la prossima legge di bilancio, magari facendo anche meglio.
fonte. www.volerelaluna.it
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- Scritto da Manlio Dinucci
Alla base aerea Nellis in Nevada - annuncia il Pentagono - inizierà in luglio la costruzione di una rete sperimentale 5G, che diverrà operativa nel gennaio 2021. In questa base si è svolta lo scorso marzo la Red Flag, la più importante esercitazione aerea degli Stati uniti, cui hanno partecipato forze tedesche, spagnole e italiane.
Queste ultime erano composte anche da caccia F-35 che - comunica l’Aeronautica militare - sono stati «integrati con i migliori assetti dell’aviazione americana» così da «sfruttare al massimo le potenzialità dei velivoli e dei sistemi d’arma in dotazione», compresi sicuramente quelli nucleari. Alla Red Flag del 2021 saranno già probabilmente in funzione, per essere testate in un ambiente reale, reti mobili 5G formate da torri montabili e smontabili in meno di un’ora per essere rapidamente trasferite a seconda dell’operazione in corso.
La base Nellis è la quinta selezionata dal Pentagono per sperimentare l’uso militare del 5G: le altre si trovano nello Utah, in Georgia, in California e nello stato di Washington. Un documento del Servizio di ricerca del Congresso spiega che questa tecnologia di quinta generazione della trasmissione mobile di dati può avere «numerose applicazioni militari». Una di queste riguarda i «veicoli militari autonomi», ossia i veicoli robotici aerei, terrestri e navali in grado di effettuare autonomamente le missioni di attacco senza neppure essere pilotati a distanza.
Ciò richiede l’archiviazione e l’elaborazione di una enorme mole di dati che non possono essere effettuate unicamente a bordo del veicolo autonomo. Il 5G permetterà a questo tipo di veicolo di usare un sistema esterno di archiviazione ed elaborazione dati, analogo all’odierno Cloud per l’archiviazione personale di file. Tale sistema può rendere possibili «nuovi concetti operativi militari», come quello dello «sciame» in cui ciascun veicolo si collega automaticamente agli altri per effettuare la missione (ad esempio di attacco aereo a una città o attacco navale a un porto).
Il 5G permetterà di potenziare l’intero sistema di comando e controllo delle forze armate statunitensi su scala mondiale: attualmente - spiega il documento - esso usa le comunicazioni satellitari ma, a causa della distanza, il segnale impiega un certo tempo per arrivare, causando ritardi nell’esecuzione delle operazioni militari. Tali ritardi saranno praticamente eliminati dal 5G. Esso avrà un ruolo determinante in particolare nell’uso delle armi ipersoniche le quali, dotate anche di testate nucleari, viaggiano a velocità superiore a 10 volte quella del suono. Estremamente importante sarà il 5G anche per i servizi segreti, rendendo possibili sistemi di controllo e spionaggio molto più efficaci di quelli attuali. «Il 5G è vitale per mantenere i vantaggi militari ed economici dell’America», sottolinea il Pentagono.
Particolarmente vantaggioso è il fatto che «l’emergente tecnologia 5G, commercialmente disponibile, offre al Dipartimento della Difesa l’opportunità di usufruire a costi minori di tale sistema per le proprie esigenze operative». In altre parole, la rete commerciale del 5G, realizzata da società private, viene usata dalle forze armate statunitensi con una spesa molto più bassa di quella che sarebbe necessaria se la rete fosse realizzata unicamente a scopo militare.
Ciò avviene anche in altri paesi. Si capisce quindi che il contenzioso sul 5G, in particolare fra Stati uniti e Cina, non fa parte solo della guerra commerciale. Il 5G crea un nuovo campo della corsa agli armamenti, che si svolge non tanto sul piano quantitativo ma su quello qualitativo. Ciò viene taciuto dai media e largamente ignorato anche dai critici di tale tecnologia, che concentrano la loro attenzione sui possibili effetti nocivi per la salute. Impegno questo di grande importanza, che deve però essere unito a quello contro l’uso militare di tale tecnologia, finanziato inconsapevolmente dai comuni utenti dei cellulari di quinta generazione.
fonte: voltairenet.org