di mazzetta

“Questa volta vinciamo". Si chiudeva così l'ultima mail del mio amico di penna e corrispondente dal Ciad ricevuta tre giorni fa. La colonna di ribelli era appena partita da una località dell'Est del Ciad in direzione della capitale, con l'obbiettivo di defenestrare il dittatore Deby. Obbiettivo raggiunto, perchè secondo le ultime righe pervenute la capitale Ndjamena è stata presa e il dittatore è assediato nel centro della capitale. Con una mossa che ricorda quella del gambetto negli scacchi, la scombinata opposizione ciadiana, guidata ora da due nipoti di Deby e dal suo ex ministro della difesa Mahamat Nour Abdelkerim è riuscita dove aveva fallito nella primavera 2006 a causa dell'intervento francese. Questa volta la Francia non poteva intervenire, proprio oggi dovevano giungere i primi uomini della forza d'intervento ONU-UE da dispiegare in Ciad-RCA. La missione di peacekeeping, intitolata formalmente alla protezione dei profughi del Darfur, avrebbe dovuto in realtà dispiegarsi entro i confini del Ciad, fornendo aiuto ai profughi di Ciad e Repubblica Centrafricana; centinaia di migliaia di persone in fuga dalle rappresaglie sui civili operate dai loro governi.

di Raffaele Matteotti

Il peggior presidente della storia degli Stati Uniti, così lo giudica la gran parte dell'elettorato americano, è politicamente morto e sepolto. Fa impressione come tutti i contendenti alle primarie americane, siano avversari democratici o repubblicani, evitino accuratamente di nominarlo. Chi si lega a Bush in questo momento può salutare la corsa alla Casa Bianca. George W. Bush è così diventato invisibile; più una “invisible duck” che una “lame duck”, o anatra zoppa, espressione che indica tradizionalmente il presidente a fine mandato. A questo punto ci si aspetterebbe che i candidati, in particolare i democratici, sfruttassero questa circostanza e usassero le critiche all'amministrazione Bush come trampolino di lancio, ma non accade. Non accade semplicemente perché nessuno dei candidati si è mai opposto alle decisioni più importanti e disastrose prese dalla banda Bush. Non accade perché tutti i candidati sono multimilionari in cerca di brividi o di potere, senza alcun progetto o ideale che vada oltre la presa del potere e la promozione delle proprie cordate. Un quadro molto simile a quello osservabile in molte delle democrazie occidentali e no d’inizio millennio.

di Giuseppe Zaccagni

E’ il massimo esponente dei narco-atlantici albanesi; è “ricercato” per i crimini commessi nei territori dell’ex Jugoslavia; è stato il terrorista numero uno delle milizie dell’Uck; ha guidato gli squadroni della morte sostenuti militarmente dalla Nato e da Washington; lo hanno sempre chiamato “il serpente” perché si comportava con aggressività nei confronti di tutti gli oppositori. Ora - forte degli appoggi occidentali, contento della sua recente vittoria elettorale e coperto dalla fama di essere il “primo socialdemocratico” dell’indipendentismo kosovaro-albanese - si appresta a dichiarare il distacco del Kosovo dalla Serbia e a sancire la secessione da Belgrado divenendo primo ministro di Pristina. Il personaggio si chiama Hashim Thaci, quaranta anni. E’ nato a Drenica, un centro della resistenza albanese contro la Serbia. Condannato nel ’93 e nel ’97 con l’accusa di terrorismo è arrivato ad ottenere l’appoggio degli Usa e, in particolare, del Sottosegretario Madeleine Albright, che nel ’99 lo consacrò leader del Kosovo. Ora conta di ricevere, a stretto giro di posta, il placet di Washington e Bruxelles per quella che definisce come la “soluzione definitiva”. Ed è certo che anche l’Italia (il cui governo, nel 1998, approvò i bombardamenti della Nato contro la Jugoslavia) si affretterà a riconoscere la nuova realtà kosovara. In proposito, Thaci si vanta di aver ricevuto assicurazioni in merito durante una sua missione a Roma.

di Michele Paris

Con 260 voti a favore e 152 contrari la Camera dei Rappresentanti del Congresso USA ha fallito la scorsa settimana nel suo secondo tentativo di annullare il veto posto dalla Casa Bianca sul provvedimento di legge democratico volto ad allargare il programma pubblico di copertura sanitaria a circa quattro milioni di bambini attualmente privi di qualsiasi assicurazione. Ai parlamentari democratici, sostenuti in questo progetto anche da 42 repubblicani, sono mancati 15 voti per raggiungere la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea, numero necessario secondo la Costituzione per far passare una legge alla quale il Presidente abbia posto il veto. Nonostante al nuovo testo di legge, voluto dai democratici per fronteggiare gli effetti della crisi economica sulle famiglie a basso reddito, fossero state apportate significative modifiche rispetto a quello presentato lo scorso mese di ottobre, che ricevette uguale trattamento, esso è nuovamente naufragato tra le divisioni ideologiche dei due schieramenti e la difesa di interessi lobbystici di parte.

di Carlo Benedetti

Sarà un caso, sarà colpa di qualche sbaglio tecnico, sarà il frutto di una macchinazione di palazzo o sarà una semplice vendetta firmata dalla più alta nomenklatura del Paese, ma un fatto è, comunque, certo ed è che l’unico e reale oppositore del Cremlino alle prossime presidenziali del 2 marzo resterà lontano dalla competizione. Perché per Michail Kasyanov - un personaggio classe 1957, discusso ed anche compromesso con giri di affari sporchi - la commissione elettorale, che doveva ammetterlo alla corsa presidenziale, lo ha rimandato a casa adducendo che nella raccolta di firme in suo favore (2 milioni) si sono registrati errori tecnici e sono state individuate 80.147 firme false. E così la messa fuori gioco di Kasyanov - leader di un’opposizione liberale - toglie di torno un esplicito avversario del Cremlino da una gara che l'opposizione considera già sbilanciata a favore di Dmitry Medvedev, il quarantaquattrenne che Putin vuole imporre come suo successore. Kasyanov, che è stato il primo premier durante la presidenza di Putin (fra il maggio 2000 e il febbraio 2004), non ha mai goduto di buona stampa. Molti russi lo chiamano ancora “Misha due per cento” alludendo alle tangenti che avrebbe avuto l`abitudine di chiedere quando apparteneva alla nomenklatura russa.


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