di Carlo Benedetti

MOSCA. Soffiano venti di guerra anche nelle gole abchase del Kodorskje (quelle che portano ancora i segni dell’antico regno della Colchide) perchè la dirigenza russa - Putin in testa - si dichiara sempre più pronta a sostenere le rivendicazioni separatiste dell’Abkhazia del presidente Sergej Bagapsh. E così anche questa fetta di territorio compreso nella Georgia (8.600 km² nell'estrema parte occidentale, sulla costa del Mar Nero, con 600mila abitanti) torna al centro del conflitto caucasico: cede alla logica delle circostanze e riapre il “contenzioso” con il potere del georgiano Saakasvili ormai bollato dal Cremlino come il responsabile del genocidio degli ossetini. Tutto era in qualche modo annunciato, ma ora si scopre che sta avvenendo secondo piani già ben prestabiliti, perchè il potere locale - quello che opera nella capitale Sukumi, città segnata da una presenza genovese nel XII secolo - alza il tiro contro Tbilissi dopo che, nel 1992, forte dell'appoggio di Mosca, aveva unilateralmente proclamato la propria indipendenza.

di Eugenio Roscini Vitali

La tensione crescente sull’arsenale atomico iraniano pare aver incontrato un momento di pausa. Forse le previsioni dei più scettici non corrispondono alla reale situazione geopolitica mediorientale, o forse è esagerato pensare che possa accadere, tanto alto sarebbe il prezzo che migliaia di civili pagherebbero, dall’una e dall’altra parte. Ma anche se quella militare non è la sola opzione scelta da Israele, è ormai certo che Tel Aviv sta assemblando una capacità di attacco tale da piegare definitivamente le ambizioni atomiche di Teheran. Questa volta però la soluzione armata non vede i favori degli Stati Uniti, che dal luglio scorso hanno cambiato praticamente il loro modo di affrontare il problema del nucleare iraniano ed hanno deciso, per la prima volta dal 1979, di aprire con la Repubblica Islamica relazioni dirette.

di Carlo Benedetti

MOSCA. La crisi che sconvolge la terra del Caucaso si sposta nel mare, dal momento che la flotta russa si aggira sullo specchio d’acqua dove si affaccia l’Abchasia. E le conseguenze possono essere immense ed anche disastrose perchè l’esercito di Kiev ha annunciato che controllerà che la flotta russa nel Mar Nero - basata nel porto ucraino di Sebastopoli - rispetti le nuove restrizioni imposte dal presidente di Kiev, Viktor Yushcenko. Questo vuol dire che le “porte” del mare potranno essere aperte solo se gli ucraini lo consentiranno. Ai russi che “utilizzano” le basi navali della costa non si presentano, al momento, alternative. Perchè se lasciano i porti dovranno dare assicurazione agli ucraini che le missioni non saranno di guerra. Spetterà a Kiev decidere. E così torna ad aprirsi un contenzioso (del resto mai sopito) tra l’Ucraina post-sovietica e il Cremlino.

di Fabrizio Casari

Sono lontani i tempi nei quali alcuni addirittura prevedevano un possibile affiancamento (parziale e non a livelli di comando, certo) della Russia nel dispositivo Nato. Perché è evidente come la crisi tra Georgia e Russia, che rischia ora di allargarsi all’intero Caucaso, sia stata originata da un elemento di fondo della dottrina Bush: l’intenzione - praticata e mai dichiarata ufficialmente - di mettere Mosca all’angolo, per impedirgli di riacquistare ruolo politico e militare che, uniti ad una forza economica dovuta soprattutto al peso nel mercato energetico, ne fanno un temibile competitor sul piano della governance globale. I passaggi concreti attraverso i quali la Casa Bianca ha operato per contenere il crescente peso russo si sono snodati su tre principali direttrici: quella degli organismi internazionali, dove l’ingresso della Russia nel WTO continua ad essere impedito; quello diplomatico, con l’esclusione di Mosca dai processi decisionali sulle crisi politiche e militari nello scacchiere internazionale; quello politico-militare, con l’irruzione di forza nella sfera d’influenza russa, dai Balcani al Caucaso, all’Asia minore.

di Giovanni Cecini

A Parigi si erge un ponte elegante e maestoso, dedicato a un sovrano che amava molto la Francia. L’unico dettaglio strano, che sembra anacronistico, è che questo personaggio non era affatto francese, ma bensì russo: lo zar Alessandro III. Tale elemento è indicativo per comprendere la secolare vicinanza politica, dai tempi della grande Caterina fino ai giorni nostri, spesso ideologicamente divergente ma solida in ordine pratico, che intercorre tra la Russia e la Francia. Quando la prima era un impero mistico, la seconda era una repubblica laica, quando la prima uno Stato a vocazione internazionale, la seconda una roccaforte di nazionalismo; ma quasi sempre i due Paesi avevano interessi complementari, che ne favorivano l’amicizia, piuttosto che la contrapposizione. Ecco quindi che questa tradizione prosegue fino ad oggi, per ritrovarci Nicolas Sarkozy, come un prestigiatore dal suo cilindro, tirar fuori un coniglio, quasi risolvere la matassa caucasica e dare una strigliata agli avversari dei russi. In realtà come tutti i cilindri, anche quello del presidente francese è truccato.


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