Il sabotaggio dei negoziati di pace tra Russia e Ucraina nell’aprile 2022 da parte dei governi occidentali non è una notizia nuova. Varie fonti hanno già raccontato come i due paesi avessero trovato un accordo per fermare la guerra dopo poche settimane dall’inizio delle operazioni russe, ma l’intervento soprattutto dell’allora primo ministro britannico, Boris Johnson, sabotò di fatto le trattative. Questa versione è stata ora confermata per la prima volta da una fonte autorevole all’interno del regime di Kiev in una recente intervista, il cui tempismo solleva anche ulteriori interrogativi sulle manovre in corso per trovare una via d’uscita dal conflitto.

A parlare dell’argomento con una TV ucraina è stato il leader del gruppo parlamentare del partito di Zelensky, “Servitore del Popolo”, David Arakhamia. La sua ricostruzione dei fatti è particolarmente significativa in quanto fu lui a guidare la delegazione ucraina nei colloqui di pace della primavera dello scorso anno a Istanbul e a Minsk. Arakhamia conferma in sostanza le posizioni di Mosca sulle ragioni della guerra. L’obiettivo russo non era cioè l’occupazione dell’intera Ucraina, ma creare le condizioni per ottenere la neutralità di questo paese.

Sono passati sette anni dalla scomparsa fisica del Comandante in Capo della Rivoluzione cubana, Fidel Castro. Fidel è stato il più grande statista del 900 e ha reso Cuba il primo territorio libero delle Americhe. E’ nell’olimpo dei grandi rivoluzionari che hanno cambiato il corso della storia. Una storia che è stato capace di anticipare, di affrontare e di dominare. E’ stato maestro e guida per tutti coloro che, in ogni angolo della terra, abbiano provato a fare del mondo un luogo più giusto e degno di quello che avevano davanti a sé.

L’accordo per un cessate il fuoco provvisorio a Gaza, raggiunto tra Hamas e Israele con la mediazione egiziana e del Qatar, potrebbe portare almeno un breve sollievo alla popolazione palestinese sotto il ferocissimo assedio sionista. La tregua favorirà uno scambio parziale di prigionieri ed è il risultato in primo luogo delle crescenti pressioni internazionali, ma anche interne, sul regime di Netanyahu. In Occidente sono in molti ad avere espresso un cauto ottimismo a proposito del momentaneo stop ai combattimenti, ma non sembrano esserci elementi concreti per sperare in una soluzione pacifica di lunga durata. La “pausa umanitaria” potrebbe anzi essere sfruttata da Israele per riorganizzare le forze e ricalibrare l’offensiva genocida contro la Resistenza e la popolazione palestinese nella striscia.

L’assedio genocida di Israele contro la popolazione palestinese nella striscia di Gaza ha dato un altro colpo fatale alla credibilità degli Stati Uniti e dei loro alleati come baluardo di democrazia, pace e stabilità per l’intero pianeta. A Washington continua tuttavia a dominare l’illusione della superiorità morale dell’Occidente e della popolarità dei suoi “valori” di fronte alla presunta minaccia di una sorta di reincarnazione dell’“asse del male”, contro cui sarebbe in corso una guerra dall’importanza vitale sui fronti ucraino e mediorientale. Questa dottrina che ribadisce la supremazia incontrastata degli USA è stata rilanciata in un editoriale di Joe Biden apparso nei giorni scorsi sul Washington Post, anche se il risultato è apparso piuttosto una conferma del declino irreversibile di una potenza che non ha più nulla da offrire se non guerra e distruzione – oltre a ipocrisia e “doppi standard” – di fronte alla decomposizione del sistema di governance internazionale che ha segnato gli ultimi sette decenni.

Il voto in Argentina sconcerta e preoccupa. Non tanto e non solo per il destino che attende il paese gaucho finito nelle mani di un personaggio che non passerebbe nessuna selezione improntata sul Q.I., quanto per la capacità di attrazione delle sue follie su un Paese che, benché preso nella rete del peronismo agonizzante, seppur orfano della memoria dei suoi anni peggiori, quelli vissuti col terrore nelle vene ed il sangue nelle strade, è dotato di sufficiente cultura e storia politica da saper distinguere un originale da un pazzo, un social-confuso da un fascista, per giunta immerso in un delirio mistico che in Europa sarebbe affrontato con un TSO.

L’Argentina conferma che quando il sistema imperiale a trazione anglosassone avverte rischi di smottamento, è pronto ad ogni risorsa pur di mantenere il comando. Ovviamente, Massa non avrebbe rappresentato un problema per l’establishment finanziario e militare del Paese, ma per gli Stati Uniti ciò non era sufficiente, perché la vittoria del peronista avrebbe confermato l’adesione ai BRICS, autentico incubo per gli USA. La candidatura di Milei è stata allora costruita e sostenuta dal sistema di potere argentino e statunitense. Dopo il Brasile, il prossimo ingresso della Bolivia, del Venezuela e del Nicaragua, i segnali di agitazione che arrivano dalla Colombia, la conferma dell’Argentina nel blocco alternativo all’impero unipolare avrebbe determinato una definitiva inclinazione per la Regione e per il Centroamerica, dove sempre più paesi svolgono consultazioni formali e informali allo scopo di verificare le condizioni di accesso ai BRICS. Facile immaginare le conseguenze, con l'ovvia riduzione progressiva dell’ingerenza USA sul resto del continente. Scansato il rischio in Ecuador, la partita decisiva era a Buenos Aires e gli addetti alla reazione non si sono fatti trovare impreparati.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy