di Mariavittoria Orsolato

Lo scorso aprile il Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, aveva annunciato in pompa magna l'estinzione del beauty contest e il contestuale ritorno a regolari aste per l'assegnazione degli slot di frequenze televisive digitali. Credevamo che con questa decisione l'odissea del digitale fosse finalmente e positivamente chiusa ma non è stato così. Qualche giorno fa, infatti, lo stesso Corrado Passera ha assegnato a titolo gratuito la bellezza di 19 frequenze, bloccandone l'usufrutto per vent'anni: quattro di queste sono andate alla Rai, quattro a Mediaset, tre a Telecom Italia Media e cinque ad altrettante emittenti private.

Inutile dire che la decisione abbia risollevato il polverone di polemiche e i soliti sospetti sul fatto che questa sia solo l'ultima delle gentili concessioni fatte alle televisioni dell'ex presidente del consiglio che, a questo punto, non dovrà più preoccuparsi della “provvisorietà” dell'usufrutto.

Il Ministro, da poco iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Biella per reati finanziari risalenti al 2006, si è giustificato dicendo di essersi strettamente attenuto alla procedura e a sua discolpa ha tirato in ballo il Codice delle Comunicazioni Elettroniche e il regolamento Agcom 353/11/CONS, secondo cui il periodo di rilascio deve essere adeguatamente lungo per consentire così l'ammortamento degli investimenti necessari per la “valorizzazione delle infrastrutture che operano su tali frequenze”.

In più, nella Finanziaria 2010 il ministro dell’economia dell’epoca, Giulio Tremonti, fece scrivere che c’era “l’obbligo di trasformare i titoli provvisori (rilasciati a livello regionale tra il 2008 e il 2012 nda) in definitivi entro il 30 giugno 2012, in coincidenza con il passaggio al digitale su tutto il territorio nazionale”. Passera avrebbe quindi effettivamente ottemperato alle prescrizioni, salvo però dare a Mediaset le frequenze ‘più pulite’: stando a quanto affermano gli esperti di etere, gli slot consegnati alle tv di Berlusconi sarebbero infatti migliori dal punto di vista qualitativo, non soffrirebbero cioè delle interferenze con le tv dei Paesi stranieri confinanti con il nostro.

Secondo il parere di alcuni addetti ai lavori, l’operazione ha tutte le caratteristiche di un vero e proprio blitz: all‘asta per la banda, infatti, chi ci guadagnerà saranno le Tv e non lo Stato che s’è spogliato di un proprio diritto.

“Il rischio è reale - sottolineano gli esperti - e l’unica possibilità che ha il governo di uscire dall’impasse è avviare una rigorosissima politica sul reale uso delle frequenze, perché non si può accettare che un bene così prezioso, parliamo di svariati miliardi di euro, possa essere sottoutilizzato”. “Un monitoraggio che garantisca che le frequenze non vengano accaparrate sine cura, ma si osservi il principio anglosassone Use it or lose it” ovvero: o sfrutti a pieno (e soprattutto per la collettività) il bene statale che ti viene dato in concessione, oppure lo perdi a tempo indeterminato.

Troppo bello per essere vero in un'Italia famosa per i suoi pantagruelici sprechi di risorse pubbliche. Non a caso, su Affari&Finanza di qualche giorno fa, il professo Antonio Sassano, docente della Sapienza spiegava come, “grazie a queste assegnazioni ventennali, il diritto di ogni operatore a mantenere la frequenza assegnata o una frequenza equivalente diventerà difficilmente contestabile”.

“Le emittenti - ha aggiunto il professore - saranno le proprietarie effettive dello spettro televisivo. Di conseguenza, una rivoluzione del numero di frequenze destinate alla tv sarà impossibile e con essa il coordinamento internazionale e la liberazione della banda a 700 Mhz”. “In altre parole - ha concluso Sassano - esiste un rischio concreto che l’Italia non riesca a cogliere tutti i vantaggi di una progressiva assegnazione delle frequenze televisive alla banda larga mobile e che abbia effettuato assegnazioni definitive che non potranno mai essere coerenti con il quadro europeo e internazionale”.

Il tutto metterebbe quindi in serio rischio gli impegni presi dall’Italia in seno all’Unione europea per la Digital Agenda e in sede ITU, dove s’è deciso che, dal 2015, la banda 700 MHz sarà co-primaria tra tv e banda larga mobile. Ma, dal momento che stiamo ancora pagando 350.000 euro al giorno per sorbirci l'ormai ex tg di Fede su rete 4 - la frequenza che RTI scippò a Europa 7 senza mai restituire, nonostante la corte di Strasburgo avesse deliberato a favore di quest'ultima - il problema per i nostri governanti evidentemente non si pone.


 

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