di Tania Careddu

Quattrocento e settantanove. Tanti sono stati, nel corso del 2015, gli atti intimidatori ai danni di sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali e personale della Pubblica Amministrazione. Una media di quaranta minacce al mese, più o meno una ogni diciotto ore, con un’impennata del 33 per cento rispetto all’anno precedente.

Sebbene sia un fenomeno che coinvolge l’intero territorio nazionale, quello della minaccia agli amministratori locali è più riscontrabile al Sud, isole comprese. La Sicilia, con novant’uno atti intimidatori, capeggia la classifica italiana, con un aumento del 30 per cento rispetto al 2014, e in Sardegna, al quinto posto, sono stati censiti cinquanta casi, soprattutto nel corso delle campagne elettorali.

Fra queste regioni, il secondo posto della graduatoria spetta alla Campania, record di aumenti pari al 42 per cento, con settantaquattro episodi; al terzo posto, la Puglia con sessantadue casi e al quarto, Calabria e Lazio, con un incremento del 118 per cento, probabilmente a seguito dell’inchiesta Mondo di mezzo (più comunemente, Mafia Capitale). Di contro, nel Nord Est si registra una leggera flessione, con in testa, sempre, il Veneto. Napoli, Roma, Palermo, Agrigento e Cosenza, le città maggiormente sotto tiro.

Invio di lettere minatorie con proiettili e parti di animali morti, furti e incendi (che rimane il modo più adoperato) in sedi di comitati elettorali e di auto di proprietà dei candidati, strappo e imbrattamenti di manifesti elettorali, minacce verbali e aggressioni fisiche, scritte offensive sui muri delle città, telefonate minatorie, spari contro le abitazioni, profanazione di tombe di famiglia, le modalità più utilizzate per minacciare. E nel mirino sono finite anche biblioteche, uffici anagrafe, uffici protocollo, scuole, auto della Polizia Municipale, mezzi di ditte incaricate alla raccolta dei rifiuti e piantagioni di alberi da frutto.

Minacce dirette o indirette, prendendo di mira collaboratori o parenti, nel 2015, sono state indirizzate soprattutto ai vicesindaci e agli assessori comunali aventi specifiche deleghe. I quali, spesso, sono stati oggetto, pure, di minacce verbali e aggressioni fisiche, in spazi pubblici, da soggetti, il più delle volte, pregiudicati o affetti da patologie psichiche e da problemi di tossicodipendenza.

Le motivazioni? A detta degli aggressori, secondo quanto riporta la cronaca e l’ultimo rapporto Amministratori sotto tiro, redatto da Avviso Pubblico, perché infastiditi dal dover rispettare una regola o dal dover corrispondere una sanzione prevista dalla legge, oppure per questioni relative all’accoglienza degli immigrati nel territorio comunale o per la possibilità, paventata dalle amministrazioni comunali, di attuare progetti per il loro inserimento sociale o professionale.

Su questioni in materia di appalti, di concessioni di licenze commerciali, balneari o demaniali, di gestione o smaltimento rifiuti, di parchi o riserve naturali, di sanità, le intimidazioni sono riconducibili a organizzazioni criminali. Ma gli autori, tutti, il più delle volte, rimangono ignoti. E perciò impuniti.

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