di Rosa Ana De Santis

Torna in libertà l’adolescente che in un impeto di furia, con la complicità del fidanzatino Omar, ammazzò madre e fratellino con inaudita efferatezza. I più esperti, giunti sulla scena del crimine raccontarono di uno scempio assoluto, mentre l’allora biondina, assalita da sentimenti di gelosia e dai fumi delle droghe, interpretava sceneggiate di rapinatori albanesi per occultare la macabra verità, lucidamente pianificata e incompiuta per la sopravvivenza dell’unico superstite, il padre, che non hai mai smesso di esserle accanto.

La legge ha fatto il suo corso e trattandosi di una minorenne, come ricordava il magistrato Matone in una recente intervista televisiva, i dieci anni scontati rappresentano già un unicum in un panorama giudiziario di forte e comprensibile garantismo per i minori.

Mentre le parole di Don Mazzi vanno nella direzione del recupero, della nuova vita di Erika nella casa famiglia tra pony, letture di filosofia e lavori domestici, arriva la nota stonata per mano della stessa ragazza con una lettera di fuoco, indirizzata al fidanzatino Omar, correo del brutale assassinio di Novi Ligure. Toni carichi di veleno, lo chiama “viscido” per lo sfruttamento mediatico della propria famiglia, lo invita a lasciar stare la memoria.

Se certamente i riflettori accesisi su Omar rappresentano una evidente prova della deformazione macabra del nostro circuito di informazione e un indizio della ricerca furbesca di collocazione sociale da parte di un ragazzo segnato, le parole di Erika non sono da meno. Invocare rispetto e dignità per quegli affetti che la propria mano ha spazzato via con la barbarie di più di cento coltellate, è un monito che rasenta il ridicolo e che assomiglia pericolosamente a una farsa. “La mia famiglia merita pace” non è proprio qualcosa che possa dire Erika, semmai suo padre cui quegli affetti appartengono ancora come ieri. Erika li ha strappati e questo è l’unico elemento di verità da cui ripartire.

Peraltro i toni cosi densi di rancore e durezza non restituiscono il ritratto di un animo placato e redento dall’odio. Supposizioni certo, ipotesi che solo il futuro di Erika comproverà e forse mai del tutto se non agli occhi di suo padre e a quelli del cuore. Il percorso è ancora lungo, il primo a dirlo è proprio il suo sacerdote del recupero, Don Mazzi.

Dieci lunghi anni per un massacro di quella portata sono, nelle matematica della giustizia umana, assolutamente pochi e se nulla possono risarcire e restituire altrettanto nulla garantiscono. Che Erika sia davvero un'altra e che, soprattutto, possa e voglia diventare un'altra persona. Il suo percorso di studi e la sua crescita che oggi la inchiodano come una goccia d’acqua, per beffa dei geni, al viso della madre ci dicono tutto quello che vediamo e nulla di lei.

Erika imparerà fuori dalla casa famiglia che non si può bandire il clamore come un fastidioso annesso della fama, almeno non quello che ruota intorno a lei e alla storia di una normale famiglia di Novi Ligure annientata dal niente. Erika comprenderà, e forse deve, che il suo clamore la inseguirà perché troppo grande è stato il male inferto ed esile, per quanto forte nella sua vita, il tempo della pena. Grande e insopportabile per tutti coloro che lo hanno saputo.

Non sarà lei a chiedere pace sulle tombe dei suoi cari, ma loro a lasciarla andare. Lontana chilometri dal luogo di quella morte assoluta e dal paese che la conosce come l’ha vista dieci anni fa o chiusa in un eremo civile dove tante anime come la sua cercano ossigeno. Forse la prigione più lunga di Erika è appena iniziata.

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy