di Rosa Ana De Santis

E’ stata istituita dall'Assemblea delle Nazioni Unite, il 17 dicembre 1999, la giornata contro la violenza sulle donne. La data del 25 novembre è nata per ricordare il drammatico episodio del 1960, quando nella Repubblica Dominicana tre sorelle che si stavano recando a trovare i mariti in prigione, furono rapite da alcuni agenti: torturate, violentate e poi uccise. La giornata appena passata ha portato alla luce numeri di abusi e morti assolutamente drammatici, che non accennano a diminuire, anzi. Nel nostro Paese il numero delle donne uccise, nel biennio 2007-2009 è aumentato dal 15,3 %degli anni precedenti al 23, 8%. In aumento ci sono anche i casi di violenze di gruppo tra i giovani minorenni ai danni di giovanissime coetanee.

Episodi che rimandano a un modo di intendere il sesso e la questione femminile che sembra tornata indietro di tanti anni, da parte delle stesse donne che sono sempre meno protagoniste di una cultura del riscatto e dell’emancipazione e sempre più disponibili ad assecondare il paradigma maschile  e maschilista del piacere e del potere. In tutto il mondo le donne muoiono più di violenza che non di cancro, incidenti o malaria.

Le vittime in Italia sono circa 7 milioni, molte giovanissime, la maggior parte subisce violenze sessuali, percosse, minacce da parte di uomini conosciuti che fanno parte del proprio cerchio di affetti: mariti, partner, padri. Poche quelle che denunciano in nome dell’onorabilità della famiglia. Nel 63% dei casi i figli sono i primi testimoni di queste violenze, riportando danni da trauma gravissimi e spesso irrecuperabili proprio perché taciuti e negati dalle stesse donne.

In un momento in cui, soprattutto nel nostro paese, si fa un gran parlare di sviluppo culturale e arretratezza, di civiltà poco evolute, di orde di barbari che premono alle porte della nostra civiltà vale la pena ricordare come la questione femminile, la sottomissione delle donne al potere maschile nelle sue forme più violente, sia ancora immutata e anzi in pericolosa ascesa. Vale la pena domandarsi, in occasioni di giornate di studio e di riflessione come quella appena trascorsa, quale sia lo stato di reale emancipazione e di sviluppo di una società che non riconosce le forme elementari di parità e di diritti umani tra i sessi. C’è poi tutto quello che riguarda le molestie sessuali, gli stalker e quanto con la nuova ultima legge è emerso come reato di cui moltissime donne sono vittime, spesso inconsapevoli per abitudine a subire rapporti sociali fondati sulla forza e il predominio maschile, in ambito privato come pubblico.

Accanto infatti alle forme più esplicite di violenza, i centri del Telefono Rosa e le Consulte Femminili rilevano innumerevoli altre forme di abuso che passano sotto silenzio: matrimoni imposti e precoci, violenze psicologiche, malnutrizione, casi più frequenti di quanto si creda che raramente vengono denunciati.

Le donne diventano quindi il primo ostacolo alla loro stessa tutela, in virtù del fatto che la società che si muove intorno a loro continua a coltivare sentimenti di scetticismo di fronte ai casi di violenza denunciata e che la famiglia tipo italiana continua a vivere secondo una subcultura in cui la donna è la parte più fragile.

Il neo ministro in carica, Elsa Fornero, è intervenuta evidenziando l’’urgenza di misure di prevenzione e da tempo Amnesty International esorta l’Unione Europea e tutti gli stati del Consiglio d’Europa a firmare e ratificare la convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne.

Solo 17 paesi ad oggi hanno firmato e la presenza di numeri importanti sulla violenza domestica continua a rappresentare una grave infrazione dei diritti umani fondamentali. E’ sorprendente come tutto questo avvenga nel cuore dell’Europa che si considera la culla della cultura liberale, dei principali sistemi di pensiero che hanno promosso e fondato teoreticamente la questione dell’eguaglianza e della differenza della donna.

Non sono, è evidente, le culture ad incrinare la piena affermazione dell’eguaglianza. Non solo, almeno. Esiste un’ancestrale tendenza al dominio della donna che parte dal dato anatomico e dalla supremazia biologica assegnata dalla natura con la potenzialità femminile della procreazione, per arrivare ad una sorta di compensazione punitiva esterna in cui questo capitale di libertà assoluta deve essere controllato dagli uomini, dal diritto, dallo Stato e dove tutto questo non può arrivare, dai codici culturali e tradizionali.

Ma proprio la vicenda ignobile delle cortigiane di Arcore ha raccontato l'altra faccia della medaglia, quella dove le donne ci mettono del loro. Non tanto quando sono vittime di questo duplice sistema di forza: quella esplicita, che lascia ferite sul corpo e che spesso porta a morire. Ma anche quella sotto traccia che le penalizza nel lavoro, nelle relazioni sociali, nell’autodeterminazione.

Le donne ostacolano la loro liberazione quando fanno propri modelli e i comportamenti che sono propri dell’universo maschile. Basta appunto pensare ai recenti scandali delle giovanissime prostitute del nostro ex Presidente del Consiglio e a quanto di simile ruota nel sistema televisivo che entra dentro le nostre case ed educa i nostri figli, segnando un’intera generazione.

Il corpo femminile ridotto a pista di lancio del futuro, ad occasione commerciale senza alcuna mediazione di libertà di scelta o di piacere, ma di bisogno o di ambizione, rimanda alle più preistoriche categorie del sesso come dominio. Un’idea di disparità e di sudditanza che nasce nel profondo e nell’essenziale, nella carnalità e nel sesso per diventare una tollerata prostituzione collettiva, quasi un archetipo di comportamento sociale normalizzato e pacifico, instillato a gocce di balletti nelle figlie d’Italia.

Difficile pensare che tutto questo possa portare a una generazione di donne libere, forti e tutelate. Donne che non solo non siano più vittime, ma che siano in grado di accorgersi in tempo quando iniziano a subire abusi e soprusi. Quelli che oggi sembrano privilegi e vantaggi di essere donne, giovani e belle.

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy