di Rosa Ana De Santis

Non appena sembra che la Chiesa Cattolica affronti delle aperture culturali significative, la sua condotta pubblica torna ad essere avvizzita nelle formule della più ridicola Controriforma. Questo Papa ci ha abituati a meno spettacolo, a più rigore di forma e dottrina e ad abbandonare letture ingenue e frettolose interpretazioni della sua pastorale. Una figura decisamente più ricca di sfumature e potenzialità di quanto non avesse la più immediata missione anticomunista di Wojtyla.

Eppure, mentre qualche giorno fa la stampa accoglieva la notizia delle norme antiriciclaggio imposte allo Ior, oggi deve ribadire, con una compassione di fondo, la condanna del Papa all’educazione sessuale e civile nelle scuole. Troppo laiche e con troppo Stato, secondo lui. Peccato che non si tratti di scuole private religiose e che il monopolio dello Stato non sia il frutto di un’intromissione carbonara, ma di un diritto costituzionale. E’ piuttosto, vale la pena ricordarlo, l’ora di catechismo a rappresentare un’indebita forzatura nel programma laico delle scuole pubbliche, che solo un Ministro come la Gelmini poteva rendere ancor più grave, consentendo che una materia di questo tipo potesse fare media e sommandoci l’imposizione del crocefisso in classe, con tanto di ricorso a Strasburgo.

Ratzinger accusa la presunta educazione laica di essere falsamente neutra e di ledere la tutela della religione e della comunità cristiana. L’atroce attentato nella chiesa d’Egitto aiuta a rendere lo scenario emotivo al punto giusto. Se la Chiesa perde anime, non è colpa dell’illuminismo di Stato, che mai come nel caso della nostra Repubblica, è pavido ed esangue, quanto forse per l’incapacità della Chiesa di essere vicina alla sensibilità e alla vita delle nuove generazioni. Quelle per le quali il Papa vede pericolosa l’educazione sessuale e civile.

Il rischio sarebbe quello di aiutare i giovani a crescere come persone responsabili, autocentrate e consapevoli della propria esistenza. Non è più allarmante pensare che i nostri adolescenti, come testimoniano i dati della Sigo (la Società italiana di Ginecologia), siano del tutto incapaci di tutelare la propria salute nei rapporti sessuali? L’ignoranza che porta le giovanissime a ricorrere in massa alla pillola del giorno dopo, i rimedi della Coca Cola o le gravidanze scoperte dopo mesi di gestazione, dovrebbero lanciare un allarme sull’urgenza di farla meglio e di più questa educazione, soprattutto in Italia.

Persino più grave il sospetto sull’educazione civile. Qui non è possibile riconoscere nemmeno l’attenuante della viscerale sessuofobia che affligge una Chiesa di uomini costretti, per dogma storico, ad una castrazione fisica. In questo caso c’è un disegno dai contorni molto inquietanti che pone ancora la Chiesa in conflitto con lo Stato. La cosiddetta educazione civile è quella che rende i nostri ragazzi edotti sui diritti e i doveri. Sullo spirito fondante degli Stati liberali moderni e sui peccati originali degli Stati religiosi da cui, almeno l’Occidente, si è affrancato. Eccezion fatta per lo Stato del Vaticano. L’idea sommersa che conoscere il diritto del divorzio o, dove esistono, i diritti delle coppie di fatto - solo per fare alcuni esempi - sia un incentivo o un’istigazione all’abbandono della fede, è tanto falso quanto ingenuo.

Nessuno impedisce alla Chiesa di fare la propria evangelizzazione o di testimoniare la propria visione del mondo. Possiamo certamente dire che la persecuzione dei cristiani non è planetaria e che dove questo grave problema è presente, la questione è più politica che religiosa, più legata al reale esercizio delle libertà individuali che non all’educazione sessuale o a quella civica. Per questa ragione non è onesto l’utilizzo strumentale di alcune tragedie terroristiche per pensare di poter prendere a prestito lo Stato e le sue istituzioni e perorare la causa di un banale catechismo di massa. Una campagna elettorale per le anime. Non si possono criticare le forme di alcuni Stati teocratici musulmani e poi svelare una nostalgia per quel perduto potere temporale. Non è così che torneremo ad essere più cristiani, nella fede o nella sensibilità morale.

L’ammonizione del Santo Padre è un pietoso inno alla regressione. E diventa ancora più difficile da comprendere a poco tempo dall’apertura sul profilattico come misura di emergenza per frenare l’HIV e responsabilizzare le relazioni sessuali. Un errore di traduzione, era stato detto subito, un passo falso, trattato e ritrattato mille volte. Come se non dovesse cambiare mai nulla dietro la porta di San Pietro, né fuori. Nonostante i secoli e la storia, siamo ancora a ragionare di quanto la fede sia nemica della conoscenza e di quanto la Chiesa mal sopporti il potere dello Stato. Come se Galileo Galilei o Cavour fossero passati invano.

Del resto è tutto possibile in un Paese che mette i pochi soldi che ha nelle scuole cattoliche e che usa quelle pubbliche come se fossero parimenti religiose. E’ così che è iniziato un nuovo gioco al rialzo per il Vaticano. Uno slittamento continuo e confuso tra laico e religioso che, mentre forma cittadini peggiori e meno preparati, non riempirà le Chiese di anime. Perché il Santo Padre sa bene che il lavoro di Dio non è mai stato quello di Cesare.

 

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