di Rosa Ana De Santis

Sorprende che sia proprio il pontefice dell’ortodossia teologica, il successore del pacifico Wojtyla del Giubileo, ad aprire la Chiesa ai problemi del mondo reale. Nel libro intervista “Luce del Mondo”, del giornalista tedesco Peter Seewald, il Papa apre all’uso del profilattico nel caso della prostituzione. Un’indulgenza che soltanto un anno fa, nella contestatissima visita in Africa, non era stata nemmeno accennata. Un giallo sulla traduzione mette un’ombra sulle interpretazioni.

Pare che nel testo tedesco, l’unico approvato da Benedetto XVI, si parli di uomini. Mentre la versione italiana parla di prostitute. Quale che sia la corretta declinazione di genere è incontestabile l’apertura alle “protezioni meccaniche” in caso di relazioni sessuali promiscue, veicolate dalla modalità della prostituzione. Non è chiaro chi sia il diretto interlocutore del discorso di Ratzinger, se donna o uomo, ma l’apertura sull’uso dei preservativi è indubbia.

Non cambia la condanna morale rispetto alla promiscuità sessuale, così come rimangono tutti i dubbi sull’effettiva efficacia che il profilattico può garantire - soprattutto nei paesi in via di sviluppo - come protezione dal virus dell’HIV. Castità e fedeltà continuano a rappresentare l’unica via durevole di tutela dalle malattie sessuali. Il passaggio di straordinaria apertura della Chiesa è proprio in queste poche righe. Rimane la lezione morale sul valore del sesso, sul suo legame con la nobiltà dei sentimenti, sul rifiuto della banalizzazione che un certo costume sessuale sta portando nelle relazioni.

La Chiesa impara a non perdere di vista la teoria generale mentre analizza e giudica il caso particolare, nel quale addirittura la scelta del preservativo può trasformarsi - se pur attraverso un mezzo non lecito - in una presa di coscienza e di consapevolezza della “gravità” dell’atto sessuale.

A questo Papa, che pure porta addosso la responsabilità di lunghissimi anni di silenzio, non possiamo rimproverare l’assenza di una presa di posizione conclusiva intransigente con i pedofili che definisce come uno “ shock difficile da sopportare” e una modernità di visione, nelle teorie morali e nel loro adeguamento storico, che trova proprio nel difficile argomento della libertà sessuale la sua prima prova pratica. Rimangono i divieti assoluti sull’eutanasia e sulle donne sacerdoti. Interessante il passaggio sul burqa che Benedetto XVI non ritiene giusto vietare in modo indiscriminato.

L’apertura del Papa all’uso del condom in alcuni casi singoli è importante non tanto per quello che effettivamente dice (quasi un’inevitabile presa di coscienza di fronte a un flagello di contagi e malattie) ma per quello che ci lascia vedere. Cioè una chiesa abbattuta dagli scandali della pedofilia, in piena emergenza di rigenerazione. Una chiesa attenta, difesa da un papa silenzioso, poco mediatico, chiuso nelle sue stanze e sulle sue carte. Benedetto XVI non ha il piglio del pastore, ma più quello del professore.

Ed è forse nelle mani di quest’uomo di scienza e di teologia che la confessione cattolica e la sua architettura apostolico-romana possono pensare di trasformarsi senza cambiare. Conservare il peccato e l’irriducibilità del piano religioso-morale da quello reale rimane una premessa insopprimibile di qualsiasi chiesa, anzi la condizione fondativa di ogni morale religiosa. Ma l’attenzione ai singoli casi e alle eccezioni rappresentano il recupero di un’anima umana, storica della Chiesa che non va sottovalutata. L’ago della bilancia, l’equilibrio sociale, la politica e le speranze dei più semplici, ma anche la sensibilità delle menti più sofisticate in Italia passa per il Vaticano.

E forse Joseph Ratzinger, teologo rigoroso e ortodosso, è l’uomo che saprà salvare la dottrina attraversando questo momento di storia e di crisi universale, dentro cui c’è la crisi della stessa Chiesa. Lo stesso motivo per cui invece le donne, insiste il Santo Padre, non saliranno mai sugli altari.

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