di Alessandro Iacuelli

Alla fine, dopo averne negato l'esistenza per diversi giorni, Google e Verizon hanno reso pubblica la loro proposta comune, destinata per ora ai legislatori statunitensi, circa l'ennesima riforma della rete telematica mondiale. I due colossi già in passato avevano parlato insieme di net neutrality, alimentando un forte dibattito. L'impegno (dichiarato) è a favore di una Internet aperta e di continui investimenti per le infrastrutture di banda larga. Tuttavia, una parte del documento, reso finalmente pubblico, non convince affatto: le proposte relative alla banda larga mobile, così come presentate da Google, a parere di alcuni rischiano di uccidere proprio la net neutrality.

Il documento rappresenta la visione comune delle due aziende per una futura riforma della normativa sulla Rete, una visione della net neutrality apparentemente ideale per quanto riguarda la rete fissa, ma molto meno per quella mobile: infatti entrambi si trovano d'accordo nel riconoscere la diversa natura delle due infrastrutture, riconoscendo a quella wireless la necessità di dover rimanere più libera da controlli in quanto appena nata e ancora in fase di mutamento. Potrebbe restare implicito che tutti i controlli a garanzia della neutralità sulla rete fissa non debbano valere per quella mobile su cui, per esempio, Google potrebbe garantirsi il diritto ad una maggiore velocità di transizione di dati semplicemente stipulando un accordo ad hoc con Verizon.

Dal punto di vista del controllo dei contenuti che vi scorrono, invece, la proposta dei due colossi parte dall'ottica che la net neutrality e gli altri principi che vigilano sulla Rete - e garantiscono la possibilità per gli utenti di accedere liberamente a tutti i contenuti legalmente disponibili - debbano poter essere maggiormente tutelati.

Nel testo presentato, Google e Verizon affermano inoltre un nuovo principio, volto a bandire le pratiche discriminatorie, che servirebbe, si legge, a garantire l'effettiva tutela del libero accesso, cioè ai contenuti legali online. Dovrebbe quindi tutelare sia contro i blocchi dell'accesso a determinati contenuti legali, sia alle "priorità a pagamento" rispetto al traffico Internet: i provider di banda larga fissa, insomma, non potrebbero bloccare, degradare e concedere favoritismi, circa particolari traffici di dati, rallentandone alcuni (come per esempio il P2P) rispetto ad altri.

La parte della proposta che maggiormente ha fatto dibattere gli osservatori, tuttavia, è quella in cui Google parla delle condizioni da riservare alla banda larga mobile, da trattare diversamente da quella fissa per quelle che chiamano "intrinseche caratteristiche di mercato": l'unico principio che vi si dovrebbe applicare sarebbe quello della trasparenza, con il Governo a vigilare sulla naturale evoluzione di questo nascente settore. Insomma, le due aziende, secondo molti osservatori, avrebbero ritagliato uno spazio ad hoc per la banda larga mobile, tale da escludere potenzialmente futuri operatori interessati ad entrare nel mercato, distorcendo di fatto il mercato statunitense della rete wireless.

Tuttavia, a ben guardare, un po' tutto il testo presentato da Google e Verizon è disseminato di lacune adatte a far muovere liberamente le due grandi aziende negli spazi bianchi della futura normativa, e solo loro due. Lacune che saltano all'occhio dei soli addetti ai lavori e non del grande pubblico degli utenti della rete. Soprattutto in Italia, sono decisamente pochi quelli che hanno colto uno degli aspetti più importanti di Internet: la sua relazione con l'innovazione. Tutti sono testimoni dello straordinario flusso di innovazioni prodotto grazie alla Rete in questi anni, ma in pochi hanno finora colto le ragioni di fondo che hanno reso possibile tutto questo.

Come racconta il professor Juan Carlos De Martin, docente presso il politecnico di Torino, queste ragioni non sono legate "a un’improvvisa maggior ingegnosità di informatici e imprenditori, ma piuttosto al fatto che per la prima volta gli innovatori avevano a disposizione una rete di telecomunicazione strutturalmente - potremmo dire: costituzionalmente - diversa dalle reti precedenti". Una rete che ha come caratteristiche la semplicità e l'apertura.

Semplicità perché Internet è una rete stupida, che si limita a smistare i bit il più velocemente possibile; quindi, per introdurre un nuovo servizio non è necessario aggiornare tutta l’infrastruttura di rete, come invece occorre fare nella telefonia, ma basta rendere disponibile il software del servizio stesso. Apertura perché non occorre chiedere il permesso a nessuno per pubblicare, e magari fare innovazione, su Internet: basta avere una buona idea, un computer e una connessione.

Apertura vuol dire però anche un'altra cosa: per il principio della neutralità tutti i bit vengono trattati allo stesso modo, che siano una mail o un film. "Questa rete", continua il professor De Martin, "strutturalmente aperta, senza guardie ai cancelli, ha reso possibile una stagione d’innovazione senza precedenti, permettendo sia ad aziende affermate di evolvere, sia a brillanti innovatori di creare dal nulla applicazioni di grande successo, quando non addirittura nuovi mercati."

Il documento presentato da Google, il colosso della rete, e da Verizon, lo storico monopolista telefonico nordamericano erede della Bell, chiede ai legislatori di includere in qualsiasi normativa relativa a Internet nove punti a loro avviso ritenuti essenziali. Mentre la maggior parte di tali punti è in linea con l’ideale di una rete Internet aperta e non discriminatoria, i due punti di cui si è parlato sopra stanno invece sollevando pesanti sospetti.

Il primo punto riguarda l’esenzione dai vincoli di non discriminazione per l’accesso a Internet senza fili, richiesta giustificata con poco evidenti caratteristiche di unicità dell’accesso senza fili. Se si considera che é proprio tramite l’accesso senza fili che si sta concentrando il maggior tasso di sviluppo di Internet, ci si rende conto che ciò che Google e Verizon stanno chiedendo di esentare dal rispetto del principio di non discriminazione è buona parte del futuro stesso di Internet e dei loro bilanci aziendali.

Il secondo punto riguarda la possibilità di offrire servizi online aggiuntivi. In pratica, a quel che è possibile capire, la creazione di un Internet-premium che si affiancherebbe, con modalità tutte da definire, a Internet tradizionale per offrire - ovviamente a pagamento - servizi per i quali non varrebbe il principio di non discriminazione, con la morte della neutralità della rete. Servizi che hanno la faccia di canali preferenziali a pagamento per chi ha le capacità di accaparrarseli.

Oggi la barriera all’ingresso della rete, e dell'innovazione, è bassissima. Se si ha l'idea buona, un computer e una connessione, si può fare facilmente innovazione in Rete. Domani non si sa, si potrebbe essere costretti ad affrontare una giungla contrattuale causata dal dover negoziare, con ogni fornitore d’accesso Internet, come e a che prezzo raggiungere i suoi utenti sulla rete a pagamento. Avendo come unica alternativa quella di rimanere sulla vecchia Internet; quindi, di offrire la propria innovazione con minori prestazioni rispetto ai concorrenti, che magari saranno multinazionali nate quanto Internet era davvero neutrale.

Attenderemo, nelle prossime settimane, eventuali chiarimenti da parte di Google e Verizon. Quel che è certo è che, per ora, nel loro documento ci sono due parte eccezionalmente controverse. Ed è solo l'inizio, perché in generale è chiaro che per la Rete si sta per chiudere una prima fase della sua storia, caratterizzata dalle decisioni prese quarant’anni fa dai suoi inventori. Nei prossimi mesi starà a noi decidere se continuare a preservare, anche con forza, l’apertura, e la neutralità, di Internet anche per le prossime generazioni, o se lasciare un trattamento privilegiato alle multinazionali come Verizon.

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