di Giovanni Cecini

Nel giorno in cui cade il 18° anniversario del primo arresto di Mani Pulite, sembra che l’Italia possa rivivere giorni come quelli, nei quali una classe politica collassava per effetto della montagna di illeciti commessi in ogni comparto della scena pubblica del Paese. Gli scandali sessuali condiscono con un po’ di pepe l’appetito dei gossippari, ma la realtà è ben diversa per chi sa osservare il fenomeno tale e quale è: il persistere di attività illecite nel comparto della pubblica amministrazione, dove concussione, corruzione, abuso d’ufficio e favoritismi di ogni specie sono solo i più lampanti tra i reati mai spariti tra i capi d’imputazione degli amministratori e dei politici italici.

Si sperava che Tangentopoli avesse insegnato qualcosa o quanto meno avesse permesso agli italiani di comprendere a fondo quanto di rivoltante ci sia nell’approfittarsi della cosa pubblica. Per fortuna - e forse anche cosa palese - gli onesti sono sempre maggioranza, anche perché altrimenti i disonesti non saprebbero a chi rubare. Tuttavia, attanagliata in ciascuno di noi c’è sempre l’ombra di una possibile attività illegale. A urlarne la presenza sono due fonti abbastanza autorevoli e differenti tra loro, tanto da dover far suonare più di un campanello d’allarme per coloro che si ostinano a credere che in fondo in fondo quella telefonata al potente di turno è fatta a fin di bene, senza nuocere a nessuno.

Sulle colonne del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia invita a meditare sull’attitudine disonesta dei connazionale, imbevuti di un familismo amorale che si accresce di generazione in generazione, senza scampo a possibili ripensamenti o pentimenti. Da un pulpito diverso, questa volta da un ente censore per antonomasia, come quello della Corte dei Conti, proprio in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario il grido di allarme tocca le stesse corde. Anche qui lo scenario è tutt’altro che rassicurante, se viene indicata come manchevole la stessa Pubblica Amministrazione perché impreparata a combattere le tante piaghe insite nel suo tessuto connettivo.

Forse anche per effetto della gigantesca burocrazia interna ed esterna il cittadino onesto perisce nel mare magno di bolli e scartoffie, mentre il disonesto alla fine non ha troppi problemi a raggiungere il suo basso scopo, perché sa oliare le ruote giuste del farraginoso congegno statale o parastatale. Al cospetto del furfante lo Stato non sa essere inflessibile e drastico, mentre il cittadino perbene, che segue le tortuose regole molto spesso ne è vittima, perché le trova ostiche e illogiche. Va da sé che il cerchio si chiude, proprio perché la morale della favola è che solo seguendo l’illecito si vive e si procede nel proprio cammino, tanto che la raccomandazione, la spintarella e ogni altra possibile diavoleria, per dare corso alla propria attività, diviene cosa quotidiana, normale o addirittura corretta, perché svolta per necessità di sopravvivenza.

Ecco quindi il proliferare di atti o fatti quotidiani dell’italiano qualunque che solo apparentemente non danno adito a irregolarità, ma che sommati tra di loro rendono le casse dello Stato o degli Enti locali più povere e mettono in soffitta il bene pubblico. Chi non ricorre all’amico che lavora in quel determinato ufficio o che intesta la casa al mare alla figlia per un personalissimo e quindi egoistico interesse, è uno sciocco che crede ancora al senso civico e al rispetto per le istituzioni come valori un po’ come i fanciulli con Babbo Natale.

In Italia si vive molto spesso così, non ci si può nascondere dietro un dito; ed è proprio per questo motivo che alcune piaghe congenite nel fare popolare sono immuni da qualsiasi possibile anticorpo, di cui hanno accennato le relazioni alla Corte dei Conti. Quest’ultima ha rivolto l’indice contro tutti quei settori dove si controlla poco e male, fonti prime di guasti all’intero sistema-paese. In risalto è quindi emersa la ricorrente nociva attività dei lavori pubblici e della mala sanità, dove tra sprechi, opere inutili e interventi non necessari, si rosicchia gran parte dei bilanci nazionali, senza un vero perché al di fuori di riempire le tasche dei cacciatori di commesse e di quella fetta di politici spregiudicati, che rappresentano nelle sedi preposte solo il peggio dell’italiano medio.

La risposta a tutto questo non è semplice né immediata, tanto che la rivoluzione dovrebbe partire dal basso, per far tornare nei suoi propri binari la correttezza e la moralità. L’astenersi dal fumare dove non si può, evitare di parcheggiare in doppia fila, fare la raccolta differenziata, non copiare un compito a scuola, sembrano piccoli gesti, ma rappresentano anche il minimo germe che può fare la differenza. Via via offrirebbero senso a quel principio per il quale ci si prepara meglio a un concorso, sperando nelle proprie capacità senza aiuto della grazia ricevuta o nel garantire un progetto impeccabile, utile ed economico sotto ogni punto di vista, rispetto agli scandali colossali di cui siamo pieni.

L’Italia si candida agli Europei del 2016 e Roma alle Olimpiadi del 2020? C’è già chi pregusta le commesse, mentre altri tremano solo all’idea di ripetere gli scempi e le brutture di quel che fu Italia ’90 e i recenti Mondiali di nuoto con le loro colossali mostruosità. La speranza è e rimane sempre che il senso di sdegno venga percepito e possa mutare gli animi, perché altrimenti si continuerà imperterriti nel crogiolarsi di fronte ai vizi altrui, senza dare peso alle tante e pesanti leggerezze di cui siamo, narcotizzati dal sistema, artefici.

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