di Rosa Ana De Santis

Roma è ancora una volta teatro di azioni selvagge e violente contro gli omosessuali. Una coppia gay è stata pestata da un gruppetto di giovanotti con la testa rasata. Il rigurgito contro la differenza e il rifiuto della diversa identità sessuale è radicato, è viscerale. Gli aggressori sono sempre gli stessi. Ragazzi di estrema destra, calamitati nella rete di una nostalgia nera, attaccata come colla a una pagina funesta di storia contemporanea. Le parole di solidarietà del sindaco Alemanno e del Presidente della Regione Lazio arrivano puntuali. Ma la politica deve aver chiaro, dietro gli allori delle commemorazioni, l’allarme e l’urgenza con cui intervenire. Bisogna fare qualcosa e subito perché non è più solo il gesto isolato di uno Svastichella qualunque. E’ un fronte politico compatto che da diverso tempo organizza azioni di pestaggio ed azioni punitive ai danni degli omosessuali. Riconoscibile il loro look da skinhead e il richiamo allo squadrismo dei camerati.

Un errore quello di invocare intolleranza e addirittura il bullismo. Una scelta di tiepida cautela che il sindaco di una città colma d’intolleranza non può permettersi oltre. Non è sempre il tempo di analizzare la gioventù dispersa, senza riferimenti, non è sempre il tempo dei ragazzi fuori e di quelli di strada. In alcuni casi, e quest’ennesimo avvenimento di violenza lo conferma, è il tempo di riconoscere una pericolosa riesumazione di codici e religioni politiche criminose. La coppia aggredita è stata accerchiata e malmenata da un gruppetto di giovani fascisti. Sono stati proprio loro, i picchiatori in fasce, a definirsi così. Per quanto il sindaco possa avere il cuore nel suo passato, da sindaco sarebbe ora che prendesse qualche provvedimento.

La risposta delle Istituzioni deve partire dall’alto e dal basso. Da una parte in campo c’è la questione della legge ad hoc - forse bipartisan - contro l’omofobia, che non piace a molti per ragioni di bigottismo parrocchiale, dall’altra il lavoro capillare sul territorio. Vorremmo veder partire per le strade della capitale una forte campagna. Vorremmo leggere la firma del sindaco sotto tappeti di manifesti che condannano con disonore i raid dell’estrema destra. Vorremmo veder partire azioni di educazione nelle scuole. Vorremmo che non fossero patrimonio soltanto dell’Arcigay le campagne d’informazione e di sensibilizzazione.

Secondo Jean-Leonard Touadì, deputato del Partito democratico, sotto la giunta Veltroni Roma era una città più “aperta” e meno intollerante e la conta delle aggressioni subite dagli omosessuali - 53 dall’inizio dell’anno - e dei raid veri e propri (7 contro i locali gay da maggio scorso) non ci suggerisce affidabili scenari di fiducia. Il sindaco di Roma si unisce alle fiaccolate contro tutti i razzismi, ma preferisce pensare a picchiatori isolati e a discriminazioni che non hanno affinità con alcuna tradizione politica. Sarà perché è storia dell’album di famiglia, ma proprio non si riesce a sentirlo denunciare un pericolo di neofascismo nella Capitale, un pericolo d’incolumità oltre che di riconoscimento per tutte le minoranze.

Eppure i fatti stanno lì, tutti in fila e molto chiari. Diritti civili calpestati, omosessuali rifiutati come appestati, negri da cacciare in altre cronache recenti. Questo cantano le periferie della nostra città. Quelle dei più poveri che si sono trasformati nei nuovi camerati. E non c’é bullismo e psicologia giovanile che possa inventarsi altre e nuove spiegazioni. Questa volta è storia del passato. E questa volta forse è tornato.

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