di Rosa Ana De Santis

La politica perbene li chiama “diversamente abili”. Un titolo edulcorato che attenua, per paura di sfiorare la discriminazione, quella prigione di concreto impedimento e di doloroso svantaggio che queste persone hanno tutti i giorni. Soggetti di diritto che hanno meno possibilità degli altri cittadini, per natura o per accidente, per responsabilità o per cieco fato. Ed è doveroso ricordarlo senza sconti di poesia, soprattutto quando viene negato loro ogni sacrosanto diritto.

Davide è un ragazzino di 11 anni, è spastico e vive nella provincia di Piacenza. A scuola dove dovrebbe vedere garantiti i propri diritti e le proprie ore di didattica, l’integrazione nella classe, la condivisione della giornata scolastica con i compagni, proprio lì si è visto togliere 10 ore di sostegno, da 23 che aveva negli anni precedenti è arrivato a 13. Proprio lui che ne ha bisogno prima degli altri.

E’ iniziato così il suo anno scolastico, nonostante sia riconosciuto come disabile grave dalla legge 104. Il padre, Roberto Volpi, si è sentito rispondere che il Provveditorato non può fare altro, né di più, senza neppure il disturbo di argomentate giustificazioni. La famiglia ricorrerà al Tar. Tredici ore sono davvero troppo poche per la carriera scolastica e il supporto generale di cui hai bisogno un ragazzo, soprattutto nell’età della media inferiore, con la patologia invalidante del piccolo Davide.

Certo, se la sua famiglia potesse disporre di mezzi economici, allora potrebbe soprassedere alle lacune insopportabili di una scuola pubblica che collassa sotto i debiti e le manovre sadiche di una ragazza che gioca a fare il Ministro della Pubblica Istruzione. Se pure potessero fare a meno del pubblico pagando centri di assistenza privati, non lo faranno e andranno in Tribunale. Questo conta, oggi più che in passato, oggi che la minaccia incombe sui banchi dei figli di tutti.

Settembre ha visto classi sempre più numerose, con i precari lasciati per strada da un Ministero che non può stabilizzarli, con sempre più disabili rispetto ai numeri previsti dalla normativa vigente. La circolare partita dal Ministero agli uffici regionali raccomanda di seguirli con la “dovuta attenzione”. E si fa fatica a capire come questo possa accadere quando già la didattica ordinaria con una classe numerosa è difficile e obtorto collo meno efficace. Una conciliazione tutta a carico dei docenti superstiti, sempre più umiliati a fine mese e con sempre meno possibilità di fare il proprio lavoro come si conviene.

La Federazione italiana per il superamento dell'handicap ha dovuto faticosamente mediare tra le proteste dei genitori e l’autonomia degli istituti scolastici che in numerosi casi è andata in conflitto proprio con le disposizioni ministeriali in merito alla costituzione delle classi. E’ così che il Ministero rincorre le schegge impazzite della riforma e dell’autonomia delle scuole. A colpi di circolari che invitano a monitorare, verificare, segnalare.

Il binomio costituitosi in questi ultimi anni tra tagli pesantissimi e autonomia scolastica ha portato a questo. A un Ministero che rincorre affannosamente l’applicazione delle sue stesse normative, a colpi di circolari. Un’impietosa barzelletta che lascia già intravedere all’orizzonte la versione italy del federalismo su tutta la scala del pubblico. Ma intanto Davide come farà? E quanto tempo ci vorrà per rimediare? E quelle classi numerose, con tre e quattro ragazzi disabili come andranno avanti quest’anno?

Benvenuti alla scuola alla rovescio. Tagli e autonomia scolastica hanno ridotto di concerto il pregio di una scuola pubblica eccellente in un organismo acefalo che perde colpi, senza rimedio. E’ per farci ridere di questa scuola, forse, che qualcuno propone di dedicare ore preziose all’insegnamento dell’idioma dialettale, mentre i nostri studenti in giro per l’Europa si fanno riconoscere dall’inglese maccheronico. E’ per mettere un’ipoteca sul futuro, forse, che la scuola lascia a terra quelli che da soli sono meno forti degli altri.

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