Sulla riedizione dei voucher il Pd ha organizzato una doppia trappola, economica e politica. Se non funzionerà la prima, scatterà la seconda, e probabilmente è proprio quello che spera il segretario Matteo Renzi, alla ricerca del trabocchetto giusto per andare al voto anticipato scaricando la colpa su qualcun altro.



Ma partiamo dall’inizio. La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento alla manovrina (quella imposta da Bruxelles per aggiustare i conti) che introduce il “Libretto famiglia” e il “Contratto occasionale”. Il primo è pensato per i lavori domestici (giardinaggio, ripetizioni, baby-sitting) e prevede il pagamento con tagliandi telematici da 10 euro l’ora.

Il secondo, invece, è un nuovo istituto con paga oraria minima di 9 euro, cui si aggiungono i contributi a carico del datore nella misura del 33% del compenso e il premio assicurativo contro gli infortuni. Non potranno usarlo le imprese con più di 5 lavoratori a tempo indeterminato, quelle del settore edilizio e minerario e le aziende esecutrici di appalti di opere e servizi.

La novità principale rispetto ai vecchi voucher è nei limiti d’utilizzo: datore di lavoro e lavoratore non potranno chiedere o effettuare prestazioni per un valore che superi i 5mila euro l’anno. In più, ciascun lavoratore potrà offrire prestazioni a un singolo committente fino a un massimo di 2.500 euro nel corso dello stesso anno. Superata quella soglia, scatterà l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato.

Nessuno di questi limiti vale per il settore agricolo, dove però l’utilizzo del nuovo “contrattino” sarà limitato a pensionati, disoccupati, studenti e persone che ricevono sussidi integrativi.

Ora, è evidente che – pur con qualche correttivo – i voucher sono rientrati dalla finestra. Il governo li aveva cancellati lo scorso marzo per evitare il referendum promosso su questo tema dalla Cgil, che infatti ha già annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale. Secondo il sindacato, la nuova norma contiene un “incentivo all’abuso”, perché il datore di lavoro può comunicare online, sul portale dell’Inps, la propria intenzione di avvalersi di una prestazione occasionale, ma poi ha 3 giorni di tempo per segnalare che quella prestazione, per un qualsiasi motivo, non è avvenuta. Non ci vuole un genio a ipotizzare che qualcuno (molti?) dichiarerà che la prestazione non c’è stata per poi pagare il lavoratore in nero.

L’altra magagna è nel limite dimensionale previsto per le aziende: non 5 dipendenti, come era stato anticipato, ma 5 dipendenti a tempo indeterminato. In tutto i lavoratori potranno anche essere decine, basterà che ad avere un contratto stabile non siano più di cinque. È una differenza sostanziale, che in un paese come l’Italia allarga il perimetro a milioni di imprese. Con tanti saluti alle “rigide limitazioni”.

L’emendamento che dà alla luce queste riedizioni dei voucher è stato approvato con i voti determinanti di Forza Italia e Lega, una prova generale della maggioranza Renzi-Berlusconi che si sta apparecchiando per la prossima legislatura. Mdp, invece, ha votato contro, così come Sinistra italiana e M5S.

Per il via libera alla Camera non ci saranno problemi. Al Senato, invece, i numeri della maggioranza sono molto più risicati e la misura rischia di non passare. È qui che arriva il colpo di genio renziano. Il segretario del Pd sembra deciso a imporre la questione di fiducia sul testo che contiene i nuovi voucher: con questa mossa, il Pd avrebbe vinto in ogni caso, mentre i “traditori” di Mdp si ritroverebbero spalle al muro.

Se la misura passasse, a Renzi sarebbe riuscito il colpo di mano di cancellare i voucher per poi reintrodurli subito dopo aver evitato il referendum. In caso contrario, ancora meglio: arriverebbe la tanto sospirata pietra tombale su questa legislatura e si potrebbe tornare alle elezioni quanto prima (peraltro con il Consultellum, che in fin dei conti ai dem non dispiace affatto). E tutto questo facendo la figura dei martiri pugnalati alla schiena dalla sinistra traditrice.

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