di Fabrizio Casari

La sindaca di Roma, almeno sulle Olimpiadi, non ha incertezze e non compie retromarce. “Sarebbe irresponsabile dire sì alla candidatura di Roma” ha detto ieri in conferenza stampa. Difficile darle torto. Se infatti è chiaro l’interesse dei costruttori romani per gettare milioni di metri cubi di cemento per la costruzione di opere destinate all’appuntamento olimpico del 2024, sono altrettanto chiare le ragioni opposte.

Ovvero quelle di chi amministra una città decisamente in affanno per la gestione ordinaria di viabilità, rifiuti e manutenzione di strade e immobili, per non parlare della mancanza di fondi necessari alla riqualificazione delle periferie e ad un piano di edilizia popolare non più rinviabile e teme che un’ulteriore pressione porti al collasso.

La questione, dunque, non è dire Si o No alle Olimpiadi. Il fatto è che Roma non è in grado di mettere un carico di stress ulteriore quale quello che si determinerebbe con la città invasa da cantieri. Peraltro, i precedenti del 1960 (per i cui costi a distanza di 56 anni lo troviamo come una delle voci con cui si compone il debito comunale!), come pure per i mondiali di calcio del 1990, non incoraggiano alla disinvoltura nella candidatura.

Non si tratta, infatti, di scarso spirito olimpico o di controllo sulle fonti di corruttibilità che, nei costruttori romani, non trovano certo un ostacolo insormontabile. Se il problema fosse il rischio di corruzione, peraltro, non si potrebbe realizzare più alcuna opera in Italia. E non c'é dubbio che realizzare opere con un controllo rigido sui rischi di corruzione e sprechi avrebbe potuto qualificare la giunta a 5 stelle come la vera novità per Roma, ma l'impressione è che il M5S e la stessa giunta non si sentano ancora in grado di controllare e gestire un simile impegno. Si tratta comunque di un No ad opere fondate sul gigantismo edilizio, inevitabile per le dimensioni che richiede la celebrazione dell’evento olimpico, che però non sono in nessun modo fruibili dalla città il giorno dopo la chiusura dei giochi.

Non c’è una capitale, né in Europa né altrove, che possa dire di averci guadagnato dall’organizzazione di eventi sportivi a carattere internazionale. Né Pechino, né Londra, né Berlino o Parigi, tanto meno Rio de Janeiro, solo per citare gli ultimi, hanno avuto vantaggi importanti a fronte dei problemi innescatisi con la gestione degli impianti successiva alle competizioni per i quali erano stati costruiti.

E allora non è un caso che siano state molte le città che hanno rinunciato alla candidatura. Da Monaco di Baviera ad Amburgo, Da Boston a Budapest, la gara è stata quella a sfilarsi. Tutti ingenerosi verso lo sport? Tutti indifferenti allo spirito olimpico? E allora perchè Roma dovrebbe immolarsi?

In una città con problemi enormi e mancanza di fondi per la riqualificazione (e a volte persino per l’agibilità) di diverse strutture sportive, davvero risulterebbe paradossale concepire altre mega opere. D’altra parte è quanto successo con i padiglioni di Expò a Milano, dove il sindaco Sala non riesce ancora a trovare una destinazione d’uso che valorizzi la mega opera edile.

Se poi, come qualche commentatore ha insinuato, le Olimpiadi servono per aumentare il flusso turistico, Roma è certamente uno dei pochi posti al mondo a poter fare a meno di qualsivoglia evento: capitale dell’arte e della storia, oltre che della cristianità, non ha certo bisogno delle Olimpiadi per farsi visitare dai turisti di tutto il mondo.

Ovviamente ora la decisione della sindaca dovrà essere ratificata da un voto del Consiglio comunale, che dovrà votare un provvedimento che annulli la precedente delibera della giunta Marino che aveva dato parere favorevole alla candidatura di Roma per le Olimpiadi. Sono abbastanza fuori luogo le minacce di richiesta di rimborso da parte del CONI nei confronti di Roma; si tratta di pura fantasìa, sono fendenti a vuoto.

Sarebbe piuttosto opportuno che le pressioni che la lobby del mattone esercita sulla città con minacce, promesse, finti sondaggi ed autentico livore, trovasse un suo contenimento. Anche chi non vedrebbe nulla di sbagliato nell’ospitare le Olimpiadi, infatti, comincia a interpretare in maniera maliziosa tanta agitazione e i suoi riflessi condizionati che si possono notare, ad esempio, anche nelle difficoltà a reperire competenze disponibili per la giunta capitolina.

I cittadini romani sono alle prese con questioni decisamente più gravi relativi al funzionamento della Capitale. Chiedono interventi rapidi che tirino fuori la città dal collasso. E magari pensano che le olimpiadi, per godersele, non c’è bisogno per forza di ospitarle.


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