di Antonio Rei

Papa Francesco non l'avrà invitato a Filadelfia, ma qualcuno - purtroppo - lo ha eletto sindaco. Da più di una settimana si discute del botta e risposta fra Ignazio Marino e il Pontefice, perché in effetti la notizia tira, grottesca e surreale com'è (sorvoliamo per il momento sul fatto che in realtà si tratta di uno scontro politico). Tuttavia, il gusto per la tragicommedia non deve far dimenticare quali siano le vere responsabilità del primo cittadino della Capitale.

Dell'antipatia personale che ha evidentemente ispirato nel cuore del Vicario di Pietro, Marino risponderà (eventualmente, in futuro) a entità superiori. Per il momento, dovrebbe rispondere ai romani delle condizioni in cui versa la loro città: case popolari allo sfacelo, appalti comunali affidati con gare sospette o addirittura senza gara, la malavita che controlla con spavalderia intere zone della città, l'Atac disastrata che viene lasciata fallire solo per poter privatizzare un domani il trasporto pubblico locale (intanto, però, i dipendenti scioperano quasi tutti i venerdì, creando un traffico da pandemonio e impedendo a molte persone di andare a lavorare).

E ancora: il bilancio contabile della città prossimo al collasso, le strade sporche e i netturbini dell'Ama che promettono d'incrociare le braccia per due giorni, i tombini che non funzionano e trasformano interi quartieri in piscine olimpioniche ogni volta che piove per mezza giornata, la carenza di poliziotti e carabinieri nelle zone più pericolose della città. Ah già, poi ci sono gli strascichi di Mafia Capitale. Il tutto a un paio di mesi dal nuovo Giubileo.

Intendiamoci, praticamente tutti questi problemi esistevano già prima che Marino diventasse sindaco. Il punto è che, da quando è arrivato al Campidoglio, il chirurgo ligure non ha fatto nulla per provare ad affrontare almeno una delle malattie croniche di Roma (chi usa la parola "emergenza" non ne conosce il significato, oppure non conosce la Capitale). Anzi, sotto la sua amministrazione da stato vegetativo permanente, molte questioni non hanno fatto che aggravarsi. In un quadro simile, i viaggi negli Stati Uniti sono il meno, ma certo il fatto che il sindaco sguazzasse ai Caraibi mentre veniva commissariato non depone in favore di quella straordinaria intelligenza da supermedico che Marino stesso si attribuisce ogni volta che ne ha occasione. 

Con questo, naturalmente, non s'intende affatto rivalutare l'opera di Gianni Alemanno, erede diretto di Galli, Visigoti, Vandali e Lanzichenecchi, nonché oggi indagato a rischio processo per corruzione (avrebbe ricevuto soldi da Buzzi e Carminati attraverso la sua fondazione). La sua amministrazione è anzi stata un'onta che una città come Roma non meritava.

A ben guardare, però, Marino e Alemanno hanno un'origine elettorale comune. Entrambi sono usciti vincenti dalle urne per la pura mancanza di concorrenza. L'ex attivista neofascista riuscì a spuntarla nel 2008 soltanto perché il Pd ebbe la geniale idea di candidare per la terza volta Francesco Rutelli.

Il medico genovese, invece, è stato  prima miracolato alle primarie Pd dalla clamorosa esclusione dell'ex numero uno della Provincia, Luca Zingaretti (trionfatore designato alle comunali, ma costretto da lotte interne al partito a ripiegare sulla Regione Lazio), poi ha avuto vita facile nella sfida contro lo stesso Alemanno, che nel frattempo era stato travolto da tanti scandali quanti nessun altro sindaco di Roma (Parentopoli prima ancora di Mafia Capitale).

Ma torniamo al battibecco col Papa. Paradossalmente - per quanto la simpatia di tutti, sinistra e destra, s'indirizzi naturalmente a Bergoglio - l'ultima batosta inferta a Marino è l'unica dalla quale il sindaco andrebbe difeso. Il Vaticano non era affatto ostile ad Alemanno (per quanto calamitoso, era pur sempre un cattolico con al collo il crocefisso e la croce celtica), mentre si accanisce contro l'attuale primo cittadino.

Come mai? Non c'entrerà mica il fatto che - pur "professandosi cattolico", come ha detto il Papa - Marino abbia sostenuto in passato il referendum sulla fecondazione eterologa? Oppure è perché ha istituito il registro comunale per le unioni civili? O magari ai preti ha dato fastidio anche il patrocinio del Comune al Gay Pride? Finché si indossa un abito talare, queste idiosincrasie sono comprensibili e prevedibili. I laici, invece, dovrebbero scegliere meglio i motivi per cui attaccare Marino. Tanto ce ne sono a iosa.

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