di Fabrizio Casari

La debacle elettorale del renzismo è il vero dato politico della tornata elettorale amministrativa, conclusasi ieri con la sconfitta storica di Venezia, città da due decenni in mano al cento sinistra, anche quando la regione risultava essere uno dei principali feudi del centrodestra italiano. Il pur bravo Felice Casson, benché in vantaggio al primo turno, è riuscito a farsi superare dal candidato del centrodestra.

Solo La Repubblica può scrivere che Casson ha perso per non essere renziano, alla lingua pendula non c’è rimedio. Invece, così come già successo con la Paita in Liguria e con la Moretti in Veneto, gli abbracci e la spinta di Renzi sembrano esser stati la penalizzazione decisiva per Casson. Per quanto l’ex magistrato non sia annoverabile tra il cerchio magico renziano, il sostegno del premier non gli ha giovato.

Non è un paradosso, ma l’esatta conseguenza di quello che si determina quando un candidato viene identificato con il governo. Quando il capo del governo si sovrappone a quello del partito, il voto, anche se locale, diventa inevitabilmente un voto al governo e il candidato spesso subisce il dissenso su di lui insieme a quello sul governo e sul loro reciproco sostenersi.

Che gli elettori del M5S abbiano abbandonato Casson al suo destino era del resto inevitabile, proprio perché ben oltre l’apprezzamento per Casson (che pure si era pronunciato ripetutamente a favore di una collaborazione con i grillini) la volontà di colpire il governo Renzi è risultata essere maggiore di quella di sostenere un candidato onesto e dalla storia specchiata.

Per i grillini non fa molta differenza la vittoria del centrodestra o del centrosinistra e il non comprendere la distanza sarà anche un limite di quel popolo; ma è altrettanto vero che se invece di proporre un progetto ed un programma di alternativa si propone solo il meno peggio, se la vicinanza tra coloro che dovrebbero battersi risulta evidente, allora diventa legittima anche l’equidistanza. E la vittoria nei ballottaggi siciliani dei 5 stelle indica una crescita del movimento che ora risce a misurarsi anche sui temi dei singoli territori. Naturale credere che la sua capacità d'attrattiva aumenterà ulteriormente.

Non si capisce proprio chi e perché, al di fuori del PD, avrebbe dovuto correre a sostenere i candidati del partito di governo. Non a caso dove i candidati del PD si sono affermati è perché le figure presentate brillano di luce propria, cacicchi e capipopolo forti del loro insediamento territoriale, che non obbediscono a Renzi e che si sono ben guardati dall’averlo vicino nella campagna elettorale.

La lezione subìta alle amministrative vale anche per le politiche. Se Renzi aveva immaginato nel suo Italicum un’idea di vittoria derivante da un ballottaggio tra PD da un lato e Forza Italia-Lega dall’altro, contando che il voto grillino arrivasse al secondo turno a sostegno del centrosinistra, a Venezia ha avuto la conferma di come, prima che un obbrobrio, l’Italicum sia un errore di valutazione colossale, tipico di un personale politico non all’altezza per competenza, esperienza e capacità politica.

Immaginare un sistema bipolare in un quadro tripolare è già abbastanza idiota, ma pensare che il terzo blocco elettorale si sposti su quello di prossimità, significa non cogliere come l’unica vera prossimità ed affinità sia rappresentabile proprio nella somiglianza tra PD e PDL, suggellata dal patto del Nazareno e confermata dall’azione di governo quotidiana. Di conseguenza, con il voto o anche solo con l’astensione, chi rifiuta l’indegna mescolanza non darà mai il suo voto.

L’altro errore, non meno grave, è aver ritenuto Berlusconi e il berlusconismo ormai archiviati, magari con l’illusione che le simpatie per il nuovo mandarino e il suo cerchio magico, fatto di ancelle furbette e filibustieri con il colpo in canna, potesse comportare una migrazione di voti dal centrodestra al centrosinistra.

Errore madornale: l’unica migrazione è stata quella dell’elettorato di sinistra che è rimasto a casa o ha scelto i 5 stelle. Renzi dovrebbe almeno farsi spiegare una regola elettorale semplice: non si tratta solo di sommare voti nuovi, ma di non perdere quelli che si avevano. Succede infatti che prendere voti nuovi non sempre fa vincere, ma lasciare quelli vecchi quasi sempre fa perdere.

Quanto a Berlusconi è tutt’altro che sepolto: pur privo di quella forza e quella spregiudicatezza di un tempo, è comunque un personaggio capace di far convergere sul suo nome un elettorato che viaggia intorno al 20 per cento. Un elettorato comunque disponibile ad una convergenza con la destra più oscurantista se il patto politico con la Lega e il neofascismo (due entità ormai inscindibili) viene in qualche modo garantito da Forza Italia nella vesta di azionista di maggioranza della bad company.

Berlusconi e Salvini hanno un'identica consapevolezza: nessuno dei due, senza l'altro, può vincere. Ma Salvini sa che Berlusconi dispone di risorse in grado di unire le varie anime della destra, mentre la Lega e Casa Pound insieme non potrebbero mai presentarsi agli occhi del'elettorato moderato come una soluzione praticabile e vincente.

Il renzismo è già in affanno, però lo strascico negativo di una concezione de-ideologizzata della politica è ancora tutto da vivere. Il PD, privo di ogni riferimento ideale ed etico persino, viene ormai - anche quando così non è - identificato con il partito del malaffare e della corruzione, dell’incapacità di governare e delle ambizioni smodate. Sebbene la destra italiana sia per definizione una combriccola di affaristi e corrotti, priva di dignità ideologica e imperniata solo sul qualunquismo, l’elettorato progressista non perdona al centrosinistra di somigliargli ogni giorno di più.

Il Presidente del Consiglio, che pure all’inizio aveva incantato i più ingenui, ormai si è rivelato ormai in tutto il suo progetto. Appetito vorace su enti, banche ed aziende di stato destinate ad allargare l’area di consolidamento presso i poteri forti; concezione spiccata del comando in superamento all’arte di governo; instaurazione di un cerchio magico di fedelissime e fedelissimi al netto di qualunque qualità con lo scopo di azzerare il personale politico del PD; pressioni violente sul sistema mediatico utile alla diffusione urbi et orbi della sua persona; disegno riformatore destinato a comprimere i capisaldi democratici del sistema al fine di azzerarne anche quel residuo di sovranità politica. Quanto allo stile personale, esso si è caratterizzato per una diffusa arroganza verso la sua sinistra e simultanei abbracci verso la destra.

La stessa azione di governo, del resto, ha confermato la tendenza al regime autoritario: eliminazione del sistema di tutele per il lavoro, di cui l’abolizione dell’art. 18 è solo il primo passaggio: si proseguirà con l’abolizione dei contratti nazionali di lavoro per rendere il sindacato un inutile residuo delle politiche industriali e la contrattazione collettiva un lontano ricordo. Quindi le mani sull’istruzione, che insieme alla sanità ed al sistema previdenziale formano le grandi praterie dove far correre i profitti dei grandi gruppi bancari ed assicurativi ai quali è particolarmente legato. Politiche sociali ambigue, con elemosine scambiate per welfare e welfare concepito come elemosina.

Lavoratori, pensionati, studenti e professori, pubblica amministrazione ed Enti Locali, sono stati i bersagli scelti da Renzi per autopromuoversi verso padronato, banche e istituzioni sovrannazionali affatto trasparenti. Spartito sotto dettatura di Marchionne, Guerra e Carrai, mentre a Camusso e Landini si riservano gli insulti.

Resta agli atti un rovescio elettorale storico per quello che fu un partito del centrosinistra, caduto in mano ad una congrega di apprendisti stregoni improvvisamente sentitisi la mano sinistra di dio. Intanto, in attesa che Landini scelga cosa fare da grande, aspettando che la minoranza del PD scelga di che morte morire spalmata sulle poltrone che la “ditta” gli garantisce, l’onda lunga del berlusconismo ha ripreso a spazzare le coste.

A mettersi in favore, come si fosse su una tavola di wind surf, accarezzandola e senza mai contrastarla, nella speranza di andare in alto e rimanere in piedi, si finisce per affogare.

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