di Antonio Rei

Dopo lo spettacolo di Ventimiglia è difficile credere ancora in un progetto politico unitario per l'Europa. Il mancato accordo sulla proposta della commissione Juncker, che prevede la redistribuzione continentale dei richiedenti asilo, è già un fatto grave, ma ha perlomeno un peso politico generale e si può credere che le parti abbiano bisogno di tempo per ragionare sui dettagli.

Vedere però i gendarmi e i poliziotti francesi che bloccano il confine e caricano la folla per impedire il passaggio a poche decine di perone disperate smonta questa illusione. E non per l'impatto emotivo prodotto da quelle immagini, capaci di generare a loro volta una forma di populismo uguale e contraria a quella cavalcata da leghisti o lepenisti.

Si tratta di piuttosto dell'ennesima dimostrazione di un fenomeno paneuropeo. Per non perdere consenso e voti, diversi Paesi centrali dell'Ue, fra cui la Francia, non esitano a rinnegare la forma di solidarietà più elementare, quella dovuta a un essere umano che cerca di sopravvivere. Non devono fare nemmeno lo sforzo di superare uno scrupolo morale, assumendosi la responsabilità di decidere della vita o della morte di chi chiede aiuto. All'Europa lontana dalle coste africane basta girare la testa e scaricare il barile.

Quello dei migranti dalla Libia è un problema italiano per ragioni geografiche e in pochi sono disposti a condividerlo. Fra tutti i membri dell'Unione (con la poco rilevante eccezione di Malta) il nostro Paese è l'unico a non potersi concedere il lusso dell'ignavia, perché solo nel nostro caso l'indifferenza sarebbe causa diretta di stragi a ripetizione. Tanto è vero che la Germania non ha esitato a sospendere Schengen, mentre l’Austria - interpretando in chiave egoistica il Regolamento Dublino II, che obbliga i profughi a rimanere nel Paese in cui sbarcano - ci rispedisce i migranti arrivati dall'Italia, ma evita accuratamente di fermare quelli che dal suo territorio cercano di varcare il nostro confine. 

"Nei prossimi giorni - ha detto il premier Matteo Renzi al Corriere della Sera - ci giochiamo molto dell'identità europea e la nostra voce si farà sentire forte perché è la voce di un Paese fondatore. Se il consiglio europeo sceglierà la solidarietà, bene. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B. Ma sarebbe una ferita innanzitutto per l'Europa. Vogliamo lavorare fino all'ultimo per dare una risposta europea. Per questo vedrò nei prossimi giorni Hollande e Cameron e riparlerò con Juncker e Merkel. In Europa va cambiato il principio sancito da Dublino II e votato convintamente da chi oggi protesta contro il nostro governo".

Per il momento, il Presidente del Consiglio deve fare i conti con l'ultima bozza del documento preparatorio del Consiglio europeo in agenda per il prossimo 26 giugno. Il testo incentiva gli Stati a rimpatriare subito i migranti economici illegali, anche grazie a una non meglio precisata "mobilitazione di tutti gli strumenti possibili", ma non spende nemmeno una parola sulla questione più urgente, ovvero il protocollo da adottare nei confronti dei profughi che hanno i requisiti per ottenere l'asilo politico.

L'obiettivo principale è portare la quota dei rimpatri oltre il 39,9% registrato nel 2013 attraverso un potenziamento di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere (che ha il suo quartier generale a Varsavia, anziché in Sicilia...). Le altre misure previste comprendono anche la "velocizzazione dei negoziati con i paesi terzi (non solo quelli in rima linea); lo sviluppo di regole nel quadro della Convenzione di Cotonou; il monitoraggio dell’attuazione degli Stati della direttiva sui rientri".

Non si parla invece dei 40 mila eritrei e siriani (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia) che secondo quanto stabilito il 27 maggio scorso dalla Commissione Juncker dovrebbero essere spartiti fra gli Stati Ue. Quello che l'Esecutivo europeo vuole imporre è un obbligo e sembra che sia proprio questo aspetto a incontrare l'ostilità della maggior parte dei Paesi - in primo luogo la Spagna -, che vorrebbero accogliere i profughi su base volontaria, evitando così di creare un precedente che in futuro potrebbe rivelarsi pericoloso.

Francia e Germania - secondo alcune fonti europee - sarebbero disposte ad accettare temporaneamente i profughi ad una condizione: che Italia e Grecia s'impegnino a fare un lavoro migliore in termini di fotosegnalazioni e raccolta d'impronte digitali dei profughi, così da ridurre i casi in cui è difficile ricostruire il luogo di sbarco. Un dettaglio che la dice lunga su quanto Parigi e Berlino siano disponibili a cambiare le regole attuali.

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