di Antonio Rei

La polemica del Nuovo Centrodestra sulla social card è quanto di più strumentale si sia visto in Italia negli ultimi mesi. Gasparri & Co. gridano allo scandalo perché, secondo loro, un emendamento del governo alla legge di Stabilità estenderebbe agli immigrati i benefici della carta sociale. Ma la premiata ditta Ncd dà solo prova d'ignoranza: secondo la legge italiana, infatti, gli stranieri con regolare permesso di soggiorno godono di questo diritto ormai dall’inizio del 2014. E non perché l'Italia sia un Paese solidale e progressista, ma perché ce lo ha imposto la Corte di Giustizia Europea.

I vertici parlamentari del partito di Angelino Alfano hanno chiesto che "il governo ritiri l'emendamento sulla social card agli stranieri", mentre il senatore Maurizio Gasparri ha sentenziato che "il regalo agli immigrati Renzi non può farlo sulla pelle degli italiani". Eppure, meno di 24 ore prima, il Tesoro aveva spiegato in modo abbastanza chiaro che "l'emendamento del governo non prevede modifiche alle condizioni personali, anche quanto alla nazionalità, per accedere al beneficio, rispetto alla legislazione vigente, che prevede anche per il soggetto extracomunitario con regolare permesso di soggiorno di lungo periodo il diritto alla social card".

Per comprendere l'ottusità della destra sul tema, è bene ripercorrere la storia di questo strumento, che, ricordiamo, è una carta prepagata rilasciata da Poste Italiane con cui lo Stato eroga 80 euro ogni due mesi in favore dei bambini e degli anziani svantaggiati per il pagamento di cibo e bollette.

Nata nel 2008 con l'allora ministro del Welfare Maurizio Sacconi (oggi guarda caso nelle fila di Ncd), la carta sociale fu concessa, inizialmente, ai soli cittadini italiani. Il Servizio Antidiscriminazione dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione presentò quindi un esposto alla Commissione europea contro l'esclusione degli stranieri. In seguito, nel tentativo di evitare una procedura d'infrazione davanti alla Corte di Giustizia europea, il governo Monti varò nel 2012 un nuovo beneficio chiamato "carta acquisti sperimentale", destinato ai Comuni con più di 250mila abitanti, che stavolta era esteso anche ai cittadini Ue e ai loro familiari, ai rifugiati e ai cosiddetti lungosoggiornanti.

La toppa però non fu sufficiente a chiudere la falla giuridica: visto che la precedente social card era ancora in vigore su tutto il territorio nazionale a beneficio dei soli cittadini italiani, la Commissione europea avviò una procedura formale d'infrazione per i "profili discriminatori" della legge del 2008.

Arriviamo così all'anno scorso, quando, con la legge di Stabilità 2014, il governo Letta cancellò i famosi "profili discriminatori" nell'accesso alla social card, estendendola anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea, ai loro familiari e agli extracomunitari che soggiornano in Italia con il permesso per lungosoggiornanti. Per rispondere al conseguente aumento del numero dei beneficiari, nella stessa manovra fu previsto un incremento degli stanziamenti sia per la carta ordinaria sia per quella sperimentale.

A cosa serve, quindi, l'emendamento del governo Renzi nella nuova legge di Stabilità? A rimediare a un altro errore di procedura che - se non venisse sanato - costringerebbe tutte le persone che hanno ricevuto i soldi dalla social card fra gennaio e marzo di quest'anno a restituire quanto percepito. Suona assurdo, ma è così. E non parliamo soltanto degli stranieri, con buona pace di Ncd.

La spiegazione ufficiale arriva ancora una volta dal ministero dell'Economia: l'emendamento del governo "ha l'obiettivo di porre rimedio alla situazione che si è creata a seguito della mancata conversione della norma contenuta nell'articolo 9 comma 15 del D.L. 150/2013 (decreto proroga termini) - scrive il Tesoro -. Tale disposizione garantiva la continuità del programma Carta Acquisti consentendo a Poste italiane spa di erogare il servizio di pagamento in favore degli aventi diritto alla social card in attesa dell'espletamento della gara per la nuova aggiudicazione del servizio.

Lo stralcio della norma in sede di conversione in legge del decreto avrebbe quindi come conseguenza la mancanza per Poste della titolarità giuridica ad effettuare il servizio. Poste spa dovrebbe quindi recuperare da questi soggetti indigenti le somme erogate da gennaio 2014 a marzo 2014, quando la società, dopo aver vinto la gara indetta dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha stipulato il relativo contratto (24 marzo 2014)".

La faccenda, insomma, non è proprio lineare. Eppure, per quanto ingarbugliata, non si tratta di microchirurgia: sono fatti che ogni parlamentare ha il dovere di conoscere prima di lanciarsi in crociate non solo retrograde, ma anche prive di fondamento giuridico. Purtroppo, però, la destra italiana è vittima del solito incantesimo: basta che qualcuno pronunci la parola "immigrati" e subito scatta l'istinto primordiale a difendere la terra, le donne e il cibo, ricompattando le fila della tribù.

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