di Carlo Musilli

Nel Paese europeo con il più alto tasso di evasione fiscale, l'Italia, una folla di contribuenti finanzia la Chiesa cattolica senza saperlo. E' una sorta di redenzione involontaria che si realizza attraverso l'8 per mille, canale in cui fluisce ogni anno oltre un miliardo di euro. Buona parte di queste risorse potrebbe dare sollievo alle casse pubbliche, bilanciando in parte i tagli alla spesa imposti dall'Europa, ma lo Stato non muove un dito perché ciò avvenga. Al contrario, si rassegna di buon grado a incassare sempre meno pur di non fare concorrenza alle confessioni religiose.

A dipingere questo scenario è la Corte dei Conti, che la settimana scorsa ha pubblicato un rapporto sulla “Destinazione e gestione dell’8 per mille” versato dagli italiani. Secondo i numeri ufficiali citati dalla magistratura contabile, quest'anno il valore del contributo è stato pari a 1,278 miliardi di euro. Di questa somma, appena 170,347 milioni sono andati allo Stato, mentre 1,054 miliardi sono stati girati alla Chiesa cattolica, che ha così più che quintuplicato il risultato ottenuto nel 1990, anno d’esordio dell’8 per mille, quando incamerò circa 200 milioni di euro.

E' chiaro che molti italiani scelgono liberamente di destinare alla Chiesa il proprio contributo, eppure non sono loro a spostare la maggior parte delle risorse. Stando ai calcoli dell’Agenzia delle Entrate, nel 2011 (ultimo anno per il quale sono disponibili i dati) la quota di 8 per mille attribuibile alla Chiesa cattolica in base alle scelte espresse dai contribuenti era pari al 37,93% (contro il 6,14% di quella attribuibile allo Stato), mentre la somma effettivamente corrisposta ha raggiunto l’82,28% del totale (contro il 13,32% incassato dallo Stato).  

Com'è possibile una tale sproporzione? Il segreto è nel criterio con cui vengono ripartiti gli 8 per mille dei contribuenti che non hanno indicato alcun destinatario. La Corte, citando un testo della Presidenza del Consiglio, spiega che “la percentuale di preferenza delle scelte espresse determina l’assegnazione dei fondi derivanti  dalle scelte non espresse”, e questo, secondo i magistrati contabili, porta al paradosso per cui “i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella” destinata volontariamente dai contribuenti (54% contro 46%). Insomma, la maggior parte degli italiani non indica alcun destinatario per il proprio 8 per mille, quasi sempre senza sapere che i suoi soldi non andranno allo Stato, ma saranno spartiti in modo proporzionale sulla base alle scelte fatte dalla minoranza.

Su questo meccanismo, la magistratura contabile ritiene che “non vi sia adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati”. Secondo la Corte, inoltre, “manca trasparenza sulle erogazioni, non ci sono verifiche sull'utilizzo dei fondi erogati, né controlli sulla correttezza” delle indicazioni dei contribuenti, “né un monitoraggio sull'agire degli intermediari”.

Non solo: “Nell'attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo – si legge ancora nel rapporto – queste risorse sono le uniche ad essersi notevolmente e costantemente incrementate”, ma lo Stato “mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni”.

A sostegno di queste conclusioni, i magistrati ricordano che lo Stato non ha mai promosso in modo adeguato le proprie iniziative per spingere i contribuenti a destinare l'8 per mille alle casse pubbliche. Anche quest'anno le campagne informative sono state insufficienti, nonostante fosse stata introdotta la possibilità di destinare le risorse all’edilizia scolastica.

E' possibile tuttavia che il silenzio sull'8 per mille torni utile anche per tenere nell'ombra la prassi delle "distrazioni". La Corte sottolinea infatti che lo Stato sposta regolarmente i contributi percepiti su finalità di bilancio diverse, se non antitetiche, rispetto a quelle indicate dai contribuenti. E non si tratta di una pratica marginale: nel corso degli anni oltre due terzi delle somme assegnate alle casse pubbliche sono state reindirizzate (1,8 miliardi in 24 anni).

Nel 2011 e nel 2012 la "distrazione" ha riguardato addirittura il 100% dei soldi incamerati con l'8 per mille. Quest’anno, invece, dei 170 milioni incassati si sono salvati appena 400mila euro. Con buona pace delle "finalità speciali": lotta alla fame nel mondo, assistenza ai rifugiati, calamità naturali, conservazione dei beni culturali, e, naturalmente, edilizia scolastica.

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