di Antonio Rei

Il problema non è quasi mai nel “che cosa”, ma quasi sempre nel “come”. La regola trova conferma nel nuovo bonus bebè, l’ultima mirabolante perla del premier Matteo Renzi. L’idea di base è più che condivisibile: lo Stato aiuta le famiglie con meno possibilità a sostenere le spese extra che la nascita di un figlio comporta. Sacrosanto.

Peccato che, per com’è stato concepito, il bonus rischi di trasformarsi in un folle e iniquo sperpero di denaro pubblico, buono forse per far recuperare qualche punto nei sondaggi al giovanotto in camicia bianca, magari anche per risarcire la Chiesa Cattolica di un’eventuale legge su gay e diritti civili, ma non certo per ridistribuire ricchezza e aiutare chi più avrebbe bisogno.

"Dal primo gennaio del 2015 - ha detto Renzi domenica sera - daremo gli 80 euro anche a tutte le mamme che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta del mezzo miliardo destinato alle famiglie" nella legge di Stabilità.

Che l’obiettivo sia d’immagine è confermato dalla sede in cui il Presidente del Consiglio ha scelto di annunciare l’intervento. Nonostante pochi giorni prima si trovasse a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Stabilità davanti a una platea di giornalisti professionisti, il capo del Governo ha dato l’annuncio del bonus bebè dal salottino di Barbara D’Urso su Canale 5.

La signora, che pure si definisce “giornalista” ogni volta che può, ha passato il tempo a sorridere, ad appellare il Premier con un confidenziale “Matteo”, a farsi con lui selfie che risulterebbero imbarazzanti anche in un film per teenager. Di domande vere, ovviamente, nemmeno l’ombra. 

La signora D’Urso avrebbe potuto chiedere conto, ad esempio, della platea a cui s’intende concedere il bonus, ovvero tutte le famiglie con un reddito annuo lordo fino a 90mila euro. Una folla oceanica di persone che comprende anche parte della classe medio-alta. “E’ mai possibile, caro Matteo - avrebbe potuto dire Barbara . che in un Paese dove mancano le risorse per aiutare i poveri si trovi il modo di dare soldi a chi può permettersi due automobili?”.

Già, perché ancora una volta rimangono sullo sfondo i cosiddetti incapienti, ovvero le persone che guadagnando meno di 8mila euro l’anno, non pagano l’Irpef e perciò sono escluse dal bonus di 80 euro introdotto la scorsa primavera. A quel tempo Renzi aveva promesso che il Governo avrebbe fatto qualcosa anche per loro, ma ora che ha 500 milioni di euro da spendere decide d’includere fra i beneficiari anche gli abbienti.

Non solo. L’importo è uguale (80 euro) e al Premier fa comodo alimentare la confusione (“daremo gli 80 euro anche a tutte le mamme”), ma i soldi del bonus Irpef e quelli del bonus bebè sono due aiuti distinti e - udite e udite - addirittura cumulabili. Chi guadagna 1.500 euro netti al mese e fa un figlio intascherà un doppio sostegno da parte dello Stato. Chi invece non guadagna abbastanza per vivere, ma è abbastanza coraggioso da fare un figlio, avrà diritto solo agli 80 euro del bonus bebè. Insomma, si dà di più a chi ha di più e di meno a chi ha di meno.

“Non ritiene, Presidente, che destinare quei 500 milioni soltanto ai poveri avrebbe ridotto un po’ la crisi sociale del Paese? - avrebbe potuto chiedere Barbara -. Non pensa che sarebbe meglio intervenire per ridurre gli squilibri invece che per aumentarli?”.

Nella distribuzione delle risorse che ha a disposizione, il Governo continua a violare ogni principio di giustizia sociale e di progressività. Il bonus bebè pone un limite di reddito entro il quale non sono previste distinzioni: che si guadagnino 90mila o 10mila euro l’anno, il bonus è sempre da 80 euro.

Lo stesso difetto grava anche sul bonus Irpef, ma in quel caso il tetto di reddito lordo annuo oltre il quale non si ha più diritto al benefit è di 26mila euro. Non 90mila. L’assurdità della soglia per il bonus bebè emerge anche da confronto con la situazione attuale. Oggi il benefit legato ai figli funziona in modo diverso e sono le Regioni a stabilire il reddito-limite: nel Lazio, ad esempio, è di 20 mila euro a famiglia, mentre in Sicilia è addirittura di 5mila. Non 90mila.

Bisogna poi tenere presente il peso che la nuova misura avrà sulle casse pubbliche. Stando alle statistiche, i 500 milioni di euro saranno sufficienti per coprire il bonus bebè nel 2015. L'anno successivo, però, il conto raddoppierà, perché avranno diritto al benefit le neomamme del 2015 e del 2016. La stessa logica porterà i costi a triplicare nel 2017 fino a quota 1,5 miliardi, che dovrebbe rappresentare l'uscita costante dal 2018 in poi.

Non sono pochi soldi, soprattutto per chi imposta la legge di Stabilità quasi esclusivamente su aumento del deficit e tagli agli enti locali. Ricordiamo poi che la manovra prevede anche una mortifera clausola di salvaguardia: se non si riuscirà a raggiungere l'obiettivo di medio termine (leggi pareggio di bilancio) scatteranno aumenti automatici dell’Iva e delle altre imposte indirette per 12,4 miliardi di euro nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e ben 21,4 miliardi nel 2018. "In queste condizioni, si sentiva proprio il bisogno di regalare 80 euro a chi ogni mese ne guadagna 4mila?", avrebbe potuto chiedere Barbara. Ma la signora sapeva che Matteo era lì proprio per non rispondere.

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