di Rosa Ana De Santis

Il via libera alla fecondazione eterologa ha rappresentato il colpo finale ad una legge 40 già ampiamente smentita dai fatti a colpi di sentenze. L’Italia finalmente cessa di essere al di fuori di standard e procedure che in Europa sono già possibili da tempo e che  potevano permettersi le coppie più abbienti del nostro Paese, finora costrette ai viaggi della speranza a Londra o a Barcellona.

Fissati i paletti e i rigorosi criteri da seguire per la donazione dei gameti e la loro conservazione, ciò che è stato al centro delle pagine di cronaca degli ultimi giorni, la parte più importante è quella che vede il sistema sanitario nazionale interamente coinvolto nel finanziamento di questa tecnica attraverso i centri specialistici presenti sul territorio.

La sterilità o infertilità ha a che vedere pienamente con il diritto alla salute. Ciò di cui spesso le sovrastrutture moraleggianti promosse dalla Chiesa cattolica italiana non hanno tenuto conto inquinando il dibattito politico e sociale sulla materia, disinformando i cittadini e imponendo a tutti l’etica cattolica come etica tout court.

Fa discutere a questo proposito la situazione della regione Lombardia dove non vale, a quanto pare, la legge dello Stato, ma la legge di Comunione e Liberazione. Qui l’eterologa, autorizzata con delibera regionale, sarà a carico degli assistiti salvo casi accertati di sterilità assoluta o irreversibile.

Non è difficile immaginare il purgatorio che le coppe affette da problemi di fertilità dovranno attraversare per non dover pagare di tasca propria la tecnica eterologa. Un po’ la stessa sorte di una donna che sceglie l’interruzione di gravidanza e trova solo medici obiettori. Ha vinto la linea oscurantista degli uomini di Alfano e dei leghisti, quest’ultimi noti certamente per essere ferventi cattolici, tranne quando si tratta di accoglienza e integrazione degli immigrati.

La posizione della Lombardia lascia a piedi coloro che non sono sterili, ma hanno malattie genetiche trasmissibili tanto per citare l’esempio più grande. I criteri restrittivi sono un modo per rendere quasi impossibile la legge 40 e riesumare un testo di legge che la Consulta ha di fatto demolito.

Sarà la cronaca forse ancora una volta a superare i paletti della legge e i viaggi della speranza verso altre regioni che saranno costrette a fare le coppie che si rivolgeranno ai centri per l’eterologa. Quando emergerà, come già accaduto per la legge 194 sull’aborto, che intere regioni disattendono di fatto i diritti tutelati e previsti dalla legge.

Allora sarà cronaca, fiumi di storie difficili, testimonianze dolorose di chi non ha potuto o ha pagato per diventare genitore in nome di una confessione religiosa che, ricordiamo ai prelati lombardi e ai devoti leghisti, non è più religione di Stato.

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