di Antonio Rei

C'erano una volta le leggi. Oggi ci sono gli annunci, quelli che fanno polemica sugli annunci e quelli che - per rispondere alle polemiche sugli annunci - si producono in nuovi annunci. Lo spassoso teatrino italiota va avanti da mesi, ma in questo fine settimana ha potuto contare su un palcoscenico di un certo livello: la mitica Cernobbio, con il forum Ambrosetti che ogni anno raccoglie il gotha della politica e dell'economia italiana per ciarlare boriosamente sul destino di 60 milioni di persone. Lo chiamano "Workshop", ma di fatto è la più lussuosa e opulenta friggitoria d'aria di cui disponga il nostro Paese.

Quest'anno ad animare quel ramo del lago di Como ci ha pensato Sergio Marchionne, che, senza svestire del tutto i panni dello sponsor renziano, si è improvvisato novello Massimo Troisi: “Il consiglio che posso dare è questo - ha detto ieri al governo l'ad di Fiat-Chrysler - dalla vostra to-do-list, che sappiamo essere lunghissima, scegliete tre cose, realizzatele, e poi passate alle tre successive”.

Una variazione sul tema di "Ricomincio da tre" che lascia un po' interdetti, perché ci si aspetterebbe che almeno il più importante manager italiano (italiano?) entri nel merito delle questioni. Invece no, nel momento in cui bacchetta il Premier, Marchionne ne mutua il gusto per il cazzeggio: secondo un report della Banca Mondiale, spiega Mr. Maglione Nero, "è più facile fare impresa in Botswana, Ruanda, Armenia e pure nelle isole Tonga". Quindi? Se fosse ancora fra noi, magari potremmo chiedere a Troisi qualche riflessione concreta in tema di politica industriale.

Criticare il governo è sacrosanto, ma fermarsi alla solita tiritera del "bisogna passare dalle parole ai fatti" significa rimanere sullo stesso piano della vacuità renziana. Un vuoto pneumatico di cui, peraltro, il Presidente del Consiglio ha dato prova anche sabato, intervenendo all’inaugurazione del nuovo stabilimento della Bonomi Group a Gussago (in provincia di Brescia), di proprietà del numero due di Confindustria, Aldo Bonomi.

"Di là (a Cernobbio, ndr) c’è un convegno in un hotel cinque stelle sul lago con Barroso, Trichet, Almunia e Enrico Letta - ha detto Renzi -. Di qua si apre un rubinettificio in periferia con Annibale, Domenico, Luciano, Elio. Quale crede che sia il mio posto?". Chi sono Annibale e gli altri? "Sono i vecchi operai della Bonomi, quelli che ho citato dal palco. Li ho visti all’ingresso e mi sono fatto dire i nomi".

Parole indubbiamente efficaci nel nascondere che a Cernobbio Renzi non è andato semplicemente perché lì avrebbe dovuto affrontare una platea avversa. Annunciare di essere disposti al confronto è una cosa, esserlo davvero è un'altra.

La verità è che il buon Matteo evita sempre come la peste tutti gli appuntamenti dove qualcuno potrebbe criticarlo direttamente, senza dare tempo al suo ufficio marketing di elaborare una replica salace.

Nei mesi scorsi ha disertato anche l'assemblea di Confindustria e schifato sdegnosamente i tavoli con i sindacati, nel preciso intento di cancellare a monte il ruolo delle parti sociali, le quali a loro volta - bisogna riconoscerlo - non fanno davvero nulla per recuperare una minima frazione dell'autorevolezza che hanno avuto in passato.

"Noi andiamo avanti, cattivi e determinati - ha chiosato il Premier -. Io accetto le critiche, ma preferisco quelle della gente a quelle dei soliti noti, che stanno lì da trent’anni e non ne hanno mai azzeccata una. Per fortuna, vedo che tra la gente il sentimento nei miei confronti è ancora positivo. E non perché amino me, ma perché in me vedono uno che nell’Italia ci crede davvero".

Si richiede, a quanto pare, un approccio fideistico. Se ne dovranno fare una ragione i colletti bianchi di Cernobbio: quel ramo del lago di Come è buono per Renzo, non per Renzi.

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