di Carlo Musilli

Dal 2001 siamo arrivati a 14. In media, una legge incostituzionale l'anno sul capitolo giustizia. L'ultimo pronunciamento in ordine di tempo è arrivato sulla norma della Fini-Giovanardi, che dal 2006 equiparava droghe leggere e pesanti, livellando verso l’alto le pene. Giovedì scorso la Consulta ha bocciato questa assurdità, ripristinando la distinzione precedente. Risultato: circa 10 mila persone attualmente in carcere per reati connessi alla droghe leggere potrebbero tornare presto in libertà. Nel frattempo, per molti di loro la vita è diventata un inferno e per l'insieme della giustizia un aggravio di costi pesante e inutile.

Prima della geniale assimilazione di marijuana ed eroina, tuttavia, la galleria degli orrori parlamentari italiani aveva già collezionato una serie di exploit. Il più noto è l'abominio elettorale del Porcellum, dichiarato incostituzionale lo scorso 4 dicembre per le maxi-liste bloccate e lo sterminato premio di maggioranza alla Camera senza alcuna soglia da raggiungere.

La sezione più ampia riguarda però varie leggi ad personam che Silvio Berlusconi ha tentato di far passare negli ultimi anni per risolvere i propri guai giudiziari. Su questi provvedimenti si è espressa pochi giorni fa anche la Commissione europea, che - in uno studio sulla corruzione - li ha definiti un "ostacolo ai tentativi" di produrre norme per garantire processi efficaci.

Fra le trovate ad Cavalierem abolite dalla Corte costituzionale, la prima fu il lodo Schifani del 2003, nella parte che garantiva l'immunità penale alle cinque più alte cariche dello Stato. Seguirono il quasi analogo lodo Alfano del 2008, che sospendeva i processi alle quattro più alte cariche dello Stato, e la legge sul "legittimo impedimento" del premier e dei ministri firmata nel 2010 ancora una volta dall'attuale leader del Nuovo centrodestra, che fu dichiarata parzialmente illegittima dalla Consulta e poi abrogata in toto via referendum. Intanto, era stata giudicata in massima parte contraria alla Costituzione anche la legge Pecorella del 2006, che sanciva l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado.

La falce della Corte si è abbattuta poi su una sfilza di altri provvedimenti: da alcuni aspetti della ex Cirielli alla legge per escludere il pm Giancarlo Caselli dalla corsa alla Direzione nazionale antimafia, da parti della Bossi-Fini sull’immigrazione all’aggravante della clandestinità inserita nel "pacchetto sicurezza" targato Roberto Maroni, da una norma dell'indulto del 2003 alla legge che concedeva ai sindaci troppo potere in materia di pubblica sicurezza.

In uno sforzo di suprema ingenuità o smemoratezza, potremmo anche considerare questi scempi legislativi come reperti di una stagione buia ormai alle nostre spalle. Eppure, le persone che li hanno prodotti sono le stesse che oggi vorrebbero vestire i panni dei nuovi padri costituenti, abolendo il bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato e rimettendo mano al titolo V della Carta, quello sugli enti locali. Il tutto in accordo con il Pd (e fra poco il governo) di Matteo Renzi.

Non solo: sabato scorso, dopo esser stato ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato per le consultazioni, il pregiudicato Berlusconi ha anche rilanciato la propria battaglia contro "l'oppressione giudiziaria" che, a suo dire, tormenta non solo lui, ma tutti i cittadini italiani.

A questo punto bisognerebbe porsi alcuni interrogativi. Il primo riguarda la principale riforma istituzionale proposta dai renziani e accettata dai berluscones. Come ricorda Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, in quasi tutte le leggi bocciate nell'ultimo decennio dalla Consulta le ragioni d'incostituzionalità erano state più volte segnalate nel corso dell'iter parlamentare.

Molti di quei provvedimenti, tuttavia, sono stati approvati in tempi brevissimi, dimostrando che il legislatore - quando vuole - non è affatto ostacolato dal bicameralismo perfetto. Al contrario, è stata proprio la struttura bipartita del nostro Parlamento ad aver scongiurato in diversi casi l'approvazione di leggi inique o contrarie alla Carta.  

Inoltre, allargando lo sguardo ad una prospettiva più generale, dovremmo chiederci di quale credibilità possa godere una classe politica che in pochi anni è incappata tante volte nel giudizio negativo della Consulta. E per quale motivo stiamo dando ancora una volta a loro il potere di riformare la Costituzione e la giustizia.




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