di Fabrizio Casari

Nel penoso teatrino della politica italiana c’è una scena che si ripete ormai regolarmente: i partiti politici, che teoricamente dovrebbero essere comunità di valori condivisi, portatori di progetti di governo della società, diventano sempre più proprietà privata di chi li fonda e strumenti della loro personale ambizione. E così non ci sono più dirigenti o leader, quadri o militanti, ma solo proprietari e peones. A destra con Berlusconi, altrove con Di Pietro prima e Grillo ora (passando per Pannella, Segni e Fini, parziali varianti del tema) la questione della proprietà personale dei partiti politici è divenuta ormai una caratteristica costante della scena e del proscenio politicante. Lo spettacolo si accavalla poi con quello delle lobbies che controllano i partiti finanziandoli e influenzandone i leader, e Pantalone è sempre lì che paga.

In questi ultimi giorni a dare spettacolo è stato Renzi con il Pd (ma questo ormai è una replica), mentre per l’avanspettacolo (e questo invece dispiace molto) ci ha pensato il M5S. Le posizioni assunte da Beppe Grillo e dal suo socio Casaleggio in merito alla proposta del M5S di superamento del reato di immigrazione clandestina, raccontano purtroppo di una isterica involuzione padronale della coppia di soci proprietari di fatto del Movimento. Le argomentazioni dei due sono risibili sul piano metodologico e vergognose su quello contenutistico: su quello metodologico non vi sarebbe l’autorizzazione da parte di deputati e senatori del M5S a proporre tutto quanto non scritto nel programma con il quale i grillini si presentarono al voto nello scorso Febbraio. Su quello contenutistico la proposta sarebbe un errore perché fa perdere voti. Proviamo a vederle separatamente.

Sul piano contenutistico la cosa è grave. La posizione di Grillo sull’immigrazione è la stessa di Bossi e Calderoli. Del resto, già in campagna elettorale il petting ripetuto con l’estrema destra sull’immigrazione aveva già chiarito il sistema valoriale dell'ex comico e di come intenda procacciarsi il consenso della pancia del paese. Spiace quindi per chi, di sinistra, ha scelto di votare M5S e si ritrova oggi pentito della scelta. Non sono pochi, tutt’altro.

Sul piano metodologico la cosa invece non è grave, bensì ridicola. Se quanto non previsto dal programma è per ciò stesso improponibile, possiamo allora dire che, non appena eletti, i parlamentari grillini sono già scaduti come uno yogurt, dal momento che il mondo, infischiandosene del programma di Grillo e Casaleggio, va avanti. Propone fatti nuovi e accadimenti inediti senza il minimo rispetto per il fatto che non siano stati precedentemente previsti dalle teorie psichedeliche di Casaleggio. Dunque, impossibilitati a decidere alcunché, i parlamentari grillini possono al massimo fare spallucce, non politica. Ma non sempre è così.

Ad esempio, sul Porcellum il programma dei grillini espone un rifiuto assoluto, totale ed assolutamente condivisibile; ma questo non impedisce però all’ex-comico d’invocare le elezioni subito, col Porcellum, perché ritiene che con l’orrendo sistema elettorale vigente comunque le possibilità di vincere per lui aumentano. E come si permette Grillo di violare il programma deciso dalla mitica Rete senza autosospendersi o cacciarsi? Non vale anche per lui il principio della rigida adesione a quanto scritto prima del voto? Oppure per lui tutto si evolve mentre per gli altri tutto è congelato? Sembra che la storiella dell’uno uguale ad uno sia già stata superata. Come nella Fattoria degli animali di Orwell, sono tutti uguali ma qualcuno è più uguale degli altri.

C’è poi la storiella della discussione interna. Grillo e il suo socio sostengono che comunque dovrebbe essere consultata la Rete, ma l’esperienza della gestione informatica quantomeno dubbia delle “quirinarie” ha già dimostrato lo scarso livello di affidabilità e trasparenza che offre la Casaleggio associati.

Epurazioni, minacce, grida, insulti e giravolte sono state fino ad ora la cifra del verbo di Grillo, mentre alcuni dei suoi parlamentari, i più seri, hanno cominciato a prendere le distanze dalla setta cercando di fare politica, di provare ad incidere per quello che possono. Pensando magari che, come Costituzione prevede, i parlamentari rispondono ai loro elettori e alla loro coscienza, non allo sciamano piemontese e al suo socio e che le leggi ed i provvedimenti si votano in ragione dell’utilità che si pensa abbiano per la popolazione, non per la vanagloria del capo.

La deriva nordcoreana di Grillo e Casaleggio è già costata diversi consensi al M5S e non poteva essere diversamente. Le modalità dell’iniziativa politica degli eletti radiocomandati suscita ilarità diffusa, in certi momenti sembra evocare le immagini dei dirigenti berlusconiani vestiti tutti uguali a passeggio nella villa del capo o del celeberrimo “kit del candidato” con cui Pubblitalia istruiva i replicanti.

E’ davvero un peccato assistere basiti, travolti, dalla mancanza di senso del ridicolo di un Movimento che aveva avuto davvero le chiavi per aprire le porte del Palazzo e introdurre uno tsunami di rinnovamento nel quadro politico italiano. Anche chi non li ha votati ne ha visto comunque con simpatia e interesse l’affermazione, salvo cominciare progressivamente, idiozia dopo idiozia, a chiedersi se davvero diventava inevitabile un percorso di autoavvitamento su se stessi destinato a strozzare, per l’ennesima volta, l’ennesimo tentativo di muovere la palude italiana.

L’augurio è che le energie migliori di quel Movimento sappiano trovare un percorso distinto e distante da quello della setta dei due soci; c’è davvero bisogno delle risorse di cui M5S dispone e si deve evitare ad ogni costo la fine del possibile rinnovamento di cui così tanto c’è bisogno. E’ ora trovino il coraggio di emanciparsi da chi ritiene siano dei loro camerieri e provino ad aprire un cammino possibile con le opposizioni di sinistra in Parlamento e fuori nella comuni battaglie a difesa della Costituzione.

Grillo e Casaleggio, invece, provino a ritrovare la strada della politica della trasformazione. Hanno ricevuto un consenso grande tanto quanto la disperazione che circola ma il mandato popolare era per cambiare il Paese, non per occupare militarmente il Movimento. Cambino registro e in fretta, perché il rischio è che se all’inizio del film apparivano come il Gatto e la Volpe, ora stiano sempre più somigliando a Gianni e Pinotto.

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