di Carlo Musilli

A quanto pare lo odiano tutti, ma lui, il mostro, è ancora lì. E ci sbeffeggia da tre legislature, salvato per otto anni dall'ipocrisia bipartisan del Parlamento. Pochi giorni fa però al club "nemici del Porcellum" si è aggiunto un nome pesante, quello della Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno depositato un'ordinanza in cui definiscono "rilevanti" le "questioni di legittimità" sollevate in un ricorso contro la legge elettorale partorita nel 2005 da Roberto Calderoli (il quale a suo tempo liquidò come "una porcata" la sua stessa creatura). In ballo c'è la conformità del provvedimento alla Costituzione italiana e alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. A questo punto gli atti passano alla Corte costituzionale, chiamata ad esprimere il verdetto finale.

Nel mirino ci sono in particolare i due aspetti più mostruosi del Porcellum: il premio di maggioranza e le liste bloccate. Il primo è deleterio soprattutto alla Camera, dove si affida un oceano di seggi (340 su 630, il 55%) alla coalizione che ha vinto le elezioni, il tutto senza soglia di sbarramento. Traduzione: basta un voto in più rispetto agli avversari per surclassarli a Montecitorio. Il secondo aspetto invece sancisce l'impossibilità di segnalare preferenze per i candidati in cabina elettorale. A scegliere chi va in Parlamento sono solo i partiti.

Per la Cassazione "è dubbio che l'opzione seguita dal legislatore costituisca il risultato di un bilanciamento ragionevole e costituzionalmente accettabile tra i diversi valori in gioco". Ovvero la distribuzione dei seggi non rispecchia correttamente il risultato del voto e questo rischia di compromettere la "sovranità popolare", garantita dagli articoli 1 e 67 della Carta.

Il giudizio più articolato dei giudici è quello sul premio di maggioranza: "Si tratta di un meccanismo premiale - scrivono nelle motivazioni - che, da un lato, incentivando (mediante una complessa modulazione delle soglie di accesso alle due Camere) il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l'esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano (con l'ulteriore conseguenza che l'attribuzione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo all'inizio della legislatura, potrebbe invece ostacolarla con riferimento ai governi successivi basati un coalizioni diverse); dall'altro esso provoca un'alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l'altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura". Ecco spiegata "l'irragionevolezza" della misura, che lede "i principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza democratica".

Com'era prevedibile, il parere della Cassazione ha dato il via all'ennesimo valzer del finto pentimento. I rappresentanti degli stessi partiti che hanno scritto, approvato e poi lasciato al suo posto il Porcellum mentre la crisi affossava il Paese, oggi se ne tirano fuori. Come se la colpa fosse di qualcun altro.

"Abbiamo una legge elettorale su cui grava un sospetto d'incostituzionalità, sarebbe bene quindi che la politica dimostrasse di non voler cincischiare e risolvesse il problema prima della magistratura", ha detto Gaetano Quagliariello, ministro pidiellino delle Riforme e ex membro dei saggi (l'unico a suggerire per l'Italia un sistema presidenziale). "È evidente e noto che abbiamo una legge elettorale probabilmente incostituzionale", gli ha fatto eco Anna Finocchiaro, senatrice di quel Pd che non ha mai corretto l'abominio prodotto dagli avversari nell'illusione di trarne vantaggio al primo giro di giostra favorevole.

Come ne usciremo? Il Partito Democratico vorrebbe tagliare la testa al toro ripristinando il Mattarellum (perfino Calderoli sarebbe d'accordo...), ovvero la legge precedente, che prevedeva un sistema maggioritario al 75% e proporzionale al 25%, senza premi di maggioranza. Il Pdl però non ci sta e per voce di Renato Brunetta propone una serie di "ritocchi light" al Porcellum, ma senza toccare le liste bloccate. Dicono che si rischi di cadere nella trappola del voto di scambio, ma fanno finta di non vedere che il sistema attuale è il miglior incentivo possibile alla compravendita di deputati e senatori, visto che i partiti sono in grado di garantire a chi vogliono una rielezione sicura.

A questo punto il rischio è che proprio sulla modifica della legge elettorale i berluscones concentrino le loro minacce di far cadere il governo. Il ricatto dovrebbe essere semplice: o un leggero makeup, oppure niente. Come se si potesse sconfiggere il mostro mettendogli il rossetto.

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