di Fabrizio Casari

Quella della commissione di saggi sarà anche un’iniziativa informale, “a tempo limitato” e di tipo “ricognitivo”, ma è una soluzione sbagliata, perché sembra proporre una sorta di “governo ombra”, commissariando nei fatti il governo tutt’ora in carica. Ed è sbagliata anche sul piano simbolico, perché offre l’immagine di una linea di difesa disperata del sistema.

Ricacciato indietro il cambiamento emerso con prepotenza dalle urne, viene riproposto il vecchio schema del governissimo, senza avere però la forza d’imporlo formalmente. La mossa di Napolitano appare dunque come la resurrezione delle larghe intese, proponendo una miscela di personaggi che, seduti intorno a un tavolo, più che a un summit di saggezza fanno pensare a un vertice di maneggioni.

Nel merito della scelta dei nomi ci sarebbe molto da dire; eccezion fatta per Valerio Onida, costituzionalista di primissimo piano, per gli altri si tratta nella maggior parte di persone la cui “saggezza” o “terzietà” è dura da rintracciare. Spiccano in cambio due elementi: l’assenza di donne (cui evidentemente manca “saggezza”) e l’essere indicati - o comunque graditi - trasversalmente al sistema dei partiti, grillini inclusi, che iniziano così nel modo più opaco il loro processo di contaminazione nel sistema politico.

All’impossibilità di trovare un accordo tra i partiti, grazie al mantenimento di una linea di decenza da parte di Bersani, Napolitano ha reagito riproponendo lo schema con il quale ha condannato il suo ex partito alla sconfitta duratura con la nomina del governo Monti. Un protagonismo fuori luogo quello del presidente, che se voleva accorciare i tempi per la formazione del nuovo governo avrebbe potuto dimettersi anticipando così l’elezione del suo successore. Questi, in possesso dei pieni poteri, avrebbe poi affidato il mandato per la formazione del governo o sciolto il Parlamento e riconvocate le urne.

Tra i mugugni del PDL e del PD, pronti comunque a non rendere la vita facile ai presunti saggi, spicca a sorpresa il via libera dei grillini. Questi ultimi, infatti, dopo aver rifiutato qualunque soluzione con Bersani rivendicando coerenza e aver gridato ogni accusa contro il governo di “rigor montis”, si dicono oggi favorevoli alla prorogatio di Monti a Palazzo Chigi. Si assumono così una responsabilità non indifferente, cioè quella di prorogare per altri sei mesi l’agonia che la compagine tecnica infligge all’Italia.

Oltretutto non si capisce quale soluzione potrebbero proporre questi esponenti di partiti che gli stessi partiti non potrebbero decidere da soli. Perché se si tratta di decidere modifiche sostanziali al DEF esse possono essere decise dalla conferenza dei capigruppo di Camera e Senato, dato che saranno poi le due assemblee a dover votare la legge di stabilità (ex legge finanziaria) che dovrà presentare il governo in carica.

Per quanto riguarda l’agognata riforma della legge elettorale, niente impedisce che una proposta di legge in questo senso possa trovare in Boldrini e Grasso la disponibilità ad una calendarizzazione rapida e una legge che dovesse proporre sei semplici parole - “è abolita la vigente legge elettorale” - sarebbe la soluzione migliore e più rapida. Si tornerebbe automaticamente al Mattarellum, che aveva in sé le due caratteristiche fondamentali di una buona legge elettorale: garantire governabilità e rappresentatività.

E ancora: se si tratta di decidere l’allentamento del patto di stabilità dei Comuni, anche qui non servono poteri straordinari; bastano quelli di un Parlamento sovrano che vengono attuati da un governo anche solo in carica per il disbrigo degli affari correnti, dal momento che è nella legge di stabilità che va inserito il provvedimento. Lo stesso dicasi per lo sblocco dei debiti della P.A. verso le imprese, ammontanti a circa novanta miliardi di euro e il cui pagamento anche parziale produrrebbe uno stop alla morìa di PMI e più di 200.000 posti di lavoro: per sbloccare anche solo la metà del dovuto é sufficiente inserire il provvedimento nella legge di stabilità, non servono nuove elezioni o tsunami istituzionali. E non serve nemmeno l’autorizzazione di Bruxelles dalle cui labbra pendono Napolitano e Monti, giacché anche l’esborso immediato di quanto s’ipotizza terrebbe al 2,9 (quindi dentro al differenziale del 3 previsto da Maastricht) il rapporto tra Pil e debito.

Dunque non si capisce il senso di una decisione come quella di Napolitano; una scelta irrituale e poco rispettosa del Parlamento e delle forze politiche che lo compongono che doveva essere evitato, visti gli esiti per il paese di una altra delle sue pensate quale quella di non convocare le elezioni dopo le dimissioni di Berlusconi e inoculare Monti nelle vene degli italiani. Re Giorgio poteva e doveva evitarci un bizantinismo di cui non si sentiva il bisogno, poteva e doveva abdicare in modo migliore.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy