di Antonio Rei

Più dei numeri a questo punto conta la sostanza: l'Italia non è governabile. Quello che il Porcellum dà, il Porcellum toglie. Alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio il centrosinistra ha conquistato il vergognoso premio di maggioranza alla Camera partorito dalla mente di Roberto Calderoli, ma ha mancato clamorosamente l'obiettivo al Senato. E non di poco. Allo stato attuale, non esiste alcuna soluzione possibile a Palazzo Madama: anche a voler proporre un'improponibile alleanza (come alcuni paventavano) che parta da Sel e arrivi a Monti passando per il Partito Democratico, la soglia della maggioranza assoluta (158 seggi) rimane comunque una chimera.

Un risultato del genere è forse il peggiore che ci si potesse attendere, perché sancisce una situazione di stallo difficilmente superabile, soprattutto in vista delle rigide scadenze che attendono il nuovo esecutivo. Le Camere dovranno essere pronte ai blocchi di partenza il 15 marzo e un mese dopo si riuniranno in seduta comune con i rappresentanti delle Regioni per eleggere il nuovo Capo dello Stato. Come stabilito dalla Costituzione, la seduta si svolgerà esattamente 30 giorni prima che termini il mandato del Presidente in carica. Insomma, a un calendario di questo tipo non si può sfuggire. Scordiamoci di rivotare almeno fino a giugno, ammesso che la destra abbia un qualche interesse a sostenere un governo di larghe intese per cambiare la legge elettorale e tornare alle urne il prima possibile.

I dati numerici più impressionanti che emergono dalle ultime elezioni sono due: il boom del Movimento 5 Stelle e l'ancor più inatteso recupero del centrodestra, che in un mese di campagna elettorale è riuscito a colmare gran parte del gap che lo separava dagli avversari. La rimonta è stata possibile grazie a Silvio Berlusconi e alle sue indiscutibili doti di piazzista. Il Cavaliere ha letteralmente comprato il voto degli italiani, sparando a casaccio le solite promesse fiscali: dal rimborso dell'Imu sulla prima casa al condono tombale, passando per l'abolizione dell'Irap.

Questo la dice lunga sulla qualità di una buona fetta del nostro elettorato. Italiani popolo di evasori e costruttori abusivi? Sì, ma non solo. O almeno, non è questo il punto. Al di là degli illeciti penali e/o amministrativi, ciò che più colpisce è la totale mancanza di senso dello Stato che caratterizza circa un terzo dei nostri connazionali. Persone cui evidentemente non interessa nulla della comunità in cui vivono e il cui campo visivo è drammaticamente limitato al proprio orticello. Sono ancora disposti a credere a tutto, anche alle promesse più inverosimili, reiterate nei decenni e sistematicamente infrante. Irriducibili avversari delle regole, hanno un unico scopo: pagare il meno possibile ed essere liberi di fare il proprio comodo, senza porsi il problema delle conseguenze. La regola aurea di questa ampia categoria è una sola: "Se non provi a fare il furbo, sei un fesso".

Berlusconi tutto questo lo ha capito benissimo fin dal 1994. Parla allo stomaco ingordo degli italiani e lo lusinga con l'abilità di chi saprebbe vendere ghiaccio nell'Antartide. Noi purtroppo, pinguini sprovveduti, continuiamo a comprare, o meglio a farci comprare (con i nostri soldi) da chi per anni ha massacrato il Paese, gettandolo in una delle crisi sociali ed economiche più gravi della storia repubblicana. Per un paio di banconote siamo disposti a dimenticare tutto.

Chi invece di questi meccanismi non ha mai capito nulla è il centrosinistra, riuscito nell'impresa titanica di farsi sfuggire le elezioni in cui - a rigor di logica - avrebbe dovuto trionfare. I peccati sono tanti, ma partiamo dai più recenti. Innanzitutto, la campagna elettorale. Mentre il Cavaliere spadroneggiava sui media promettendo qualsiasi cosa agli italiani, Pier Luigi Bersani nel migliore dei casi rimaneva fermo. Immobile. Ed era la performance migliore, considerando che abbiamo assistito anche ad imbevibili tournee europee e a un sapido comizio al teatro romano Ambra Jovinelli in compagnia di Nanni Moretti. Nel segno di quell'intellettualismo snob e radical chic che da decenni taglia le gambe alla sinistra italiana.

Ma oltre alla totale insipienza comunicativa, non bisogna dimenticare il sublime masochismo politico. Ieri sera Enrico Letta ha parlato con un velo di stupore della crisi sociale che attraversa l'Italia. Un po' tardi per ricordarsene, no? E' davvero incredibile che il Pd non abbia compreso la necessità di proporsi come alfiere di un cambiamento radicale. A sentir parlare Bersani sembrava quasi che lo status quo del Paese fosse accettabile nelle linee generali, pur necessitando di qualche illuminato ritocco qua e là. Il risultato inevitabile è stato che gli esasperati (non solo gli esodati) hanno preferito dissociarsi, votando per Beppe Grillo.

L'harakiri definitivo è arrivato quando il Partito Democratico ha fatto sentire chiaramente ai suoi potenziali elettori la puzza di una "inevitabile" alleanza con il centro montiano. Non si sono resi conto che il Professore è acclamato come una rockstar solo a Bruxelles e nei Cda. Non in Italia.


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