di Fabrizio Casari

A sentire il cavaliere nero, non ci sarebbe da stupirsi - e meno che mai indignarsi - per le tangenti che le imprese italiane pagano per ottenere appalti o commesse all’estero. Sarebbe l’unico modo, a suo dire, per poter gareggiare all’estero e pareggiare le attività dei competitor internazionali. In questo senso, il comportamento dei vertici di Finmeccanica sarebbe improntato al senso di realtà; una sorta di adeguamento dovuto ad una condizione oggettiva. Se vuoi vincere, devi oliare i meccanismi.

Intendiamoci: quanto a oliare i meccanismi Berlusconi sa di cosa si parla. La sua è autorità riconosciuta in materia, come hanno sentenziato i tribunali della Repubblica italiana. E nello specifico non c’è nemmeno da chiedersi se parla come imprenditore o come politico: in entrambe le vesti la sua modalità di manovra in ordine alla questione è stata identica. Ma quello che stupisce è come altri soggetti - nella politica e soprattutto tra i media - si lancino senza ritegno nella difesa dell’operato dei vertici di Finmeccanica, sposando in qualche modo l’idea delle tangenti come una sorta di necessità inderogabile, quasi un atto dovuto per poter lavorare, come se non esistesse il reato di corruzione internazionale.

Siamo in presenza di una sottocultura nazionale del “fine che giustifica i mezzi”, dell’adagio che recita “una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso” e potremmo proseguire con tanti altri detti popolari; tutti a concepire la corruzione come un peccato inevitabile e dunque veniale, qualcosa nella migliore delle ipotesi riprovevole ma la cui condanna sarebbe “puro moralismo”. Perché due sono le abitudini radicate nel Belpaese: la prima è corrompere e farsi corrompere, la seconda é accusare di “moralismo” chi denuncia la corruzione.

In discussione non c’è la possibilità (a volte, è vero, quasi un obbligo) di ottenere l’appoggio di mediatori internazionali, lobbisti si dovrebbe dire, che facilitano i rapporti con le entità preposte grazie al loro network di relazioni. Nessuno vive nel mondo delle favole ed è perfettamente risaputo che il denaro elargito direttamente o indirettamente a chi si trova nella posizione giusta favorisce il buon fine del contratto.

Ingaggiare costoro, riconoscendogli una somma fissa o una percentuale sull’affare, non è di per sé un reato, purché la cifra venga regolarmente iscritta a bilancio e, soprattutto, purché corrisponda a quanto effettivamente versato. Quando la cifra non viene iscritta a bilancio trattasi di reato (occultamento di fondi, evasione fiscale e contributiva) e ove invece, pur iscritta a bilancio, risulta superiore a quanto effettivamente versato, si configura una chiara attività destinata alla creazione di fondi neri, utilizzabili poi a fini di corruzione o concussione oppure a scopo esportazione di capitali.

Nell'affaire Finmeccanica, secondo i Pm, una parte consistente dei finanziamenti relativi ai mediatori ritornava in Italia, destinazione Orsi, che a sua volta li girava a Lega e CL. Dunque non ci si trova di fronte ad una remunerazione dell’attività di lobby, ma ad una vera e propria tangente a soggetti italiani che nulla con la commessa di elicotteri all’India avevano a che fare.

Siamo al settantaduesimo posto nella classifica mondiale dei paesi che combattono la corruzione. Non è un caso se in diciassette anni di governo e tre di opposizione, il cavaliere sia riuscito nella storica impresa di impedire che una qualunque legge che inasprisse davvero le norme contro la corruzione, o anche solo che rendesse questa più semplice da individuare e più rapida da colpire vedessero la luce. Straordinaria invece è stata la rapidità con la quale i suoi governi hanno depenalizzato i reati societari afferenti la corruzione e il falso in bilancio permettendo i più loschi affari e accentuato invece le pene per chi quegli affari li patisce.

Solo in Italia, infatti, si può andare in carcere per essere entrati clandestinamente sfuggendo alla fame e alla guerra e solo in Italia si può essere processati per aver fumato un paio di spinelli. Ma sempre solo in Italia si possono allegramente truccare i bilanci delle società di qualunque ordine e tipo, evadere o eludere il fisco (la differenza, come si sa, risiede nella bravura del fiscalista), esportare illecitamente capitali (tanto arrivano i condoni) compiere abusi edilizi (tanto arriva la sanatoria) e inquinare il territorio.

Il costo sociale ed economico che rappresenta la corruzione per il nostro paese è pari a sessanta miliardi di Euro all’anno. Sono risorse enormi che vengono sottratte all’imprenditoria piccola, grande e media, che influiscono sulla qualità e sui costi dei servizi pubblici e sulla moralità di funzionari pubblici e privati che certificano l’iniquità del trattamento e delle opportunità, stabilendo classifiche infami dove la furbizia, le famiglie potenti e le relazioni amicali, oltre che il malaffare, prevalgono sul merito, determinando carriere e conti in banca, tenore di vita e opportunità mentre respingono competenze e valori di tutti coloro che di quella struttura di potere non possono avvalersi.

E anche sul piano imprenditoriale ci sono fior di aziende che competono lealmente, mostrando una capacità di eccellenza operativa, qualità dei prodotti e prezzi concorrenziali che le pone ai primi posti nel mondo in diversi settori di beni e servizi, ma che sempre più raramente riescono a imporre la qualità del loro merito sugli “arrangiamenti” dell’altrui metodo.

Le accuse che formulano i Pm dovranno reggere alla fase dibattimentale e, per quanto ci riguarda, insistiamo a considerare chiunque innocente fino a prova del contrario, incolpevole fino alla verità processuale della sua colpevolezza. Ma giustificare la corruzione e le tangenti e definire una pratica indegna una necessità, aggiunge solo indecenza alle già penose condizioni in cui il nostro sistema industriale, finanziario e mediatico si dimena. Non a caso Berlusconi ha operato per venti anni in connessione sentimentale con l’Italia e gli italiani. Una riscossa morale del paese al pari di quella economica e sociale non è più rinviabile. Anche per questo andiamo a votare. Impugnare bene la matita aiuta a tenere la schiena dritta.


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