di Fabrizio Casari

Monti candidato? Berlusconi che si candida e si scandida nel giro di poche ore? Il grande centro che a giorni alterni c’è o scompare? Come una maionese impazzita, la politica italiana stenta a trovare un punto di partenza e uno d’arrivo per confezionare proposte e programmi in vista del voto. Non che ci sia molto di nuovo da dire, dal momento che i fatti sembrano lasciare meno margine che in passato alle parole, però almeno il tentativo di dire cose si vuole, con chi ci si schiera e per ottenere cosa, andrebbe fatto.

Proviamo a dare uno scorcio veloce al panorama, partendo da Monti, oggettivamente ago della bilancia nella formazione degli schieramenti di centro-destra. Le sue dimissioni annunciate mettono tutti in una situazione di difficoltà, giacché le diverse opzioni - a destra come anche a sinistra - si erano costituite su uno scenario che prevedeva il premier scivolare verso il ritorno alla Bocconi o, al limite, per qualche incarico futuro. In questa seconda ipotesi le varianti erano sostanzialmente due: Quirinale o Ministro dell’Economia nel prossimo governo. La seconda sembra una diminutio vista la superbia del personaggio, mentre la prima appare decisamente troppo.

Il Colle è ancora la sede più alta della nostra sovranità nazionale, non adatto quindi a chi ha dimostrato di essere socio di troppe sigle e tutte estere per definirlo uomo di garanzia costituzionale. Inoltre l’avversione per la politica e i suoi strumenti - sindacati, partiti e parlamento - davvero non consente d’immaginare l’ex-advisor di Goldman Sachs a garante della nostra indipendenza nazionale e della regolarità del processo democratico, missione principale del Presidente della Repubblica. A parte ciò, Giuliano Amato – ma soprattutto Romano Prodi per restare nell’angusto ma indicativo terreno degli ex-premier -  rivendicherebbero con buone ragioni una loro candidatura al Quirinale, avendo in particolare Prodi dei titoli di merito indiscutibili, quali aver risanato i conti del Paese e consentito di entrare nell’euro senza la benché minima macelleria sociale così invece abbondantemente presente nelle politiche dei professori che hanno portato il paese in recessione ed aumentato il debito pubblico.

A chiedere al premier di entrare in campo con una sua lista ci sono Confindustria, Vaticano e comunità degli affari a trazione tedesca in Europa, che vedono al momento sia l’affermazione di Bersani che il ritorno del cavaliere come pericoli, pur essendo per Berlusconi l’allarme maggiore. A costoro si aggiungono Casini, Montezemolo, Fini e i titoli di coda del filmino tipo Lanzillotta e Rutelli. Si potrebbe candidare Monti? Certo che sì, basta solo che si dimetta da senatore a vita.

Ma non è una scelta facile quella che dovrà prendere il professore: un conto è godere di nomina presidenziale e di maggioranza bulgara per governare, un altro è presentarsi ai milioni di italiani che andranno alle urne e saggiare ciò che pensano del suo operato. Difficile che il suo sovrano disprezzo per chiunque non sieda nel board di una banca possa piegarlo alle ragioni dell’inevitabile arena politica e, stando ai sondaggi che girano (danno la sua lista al massimo tra il sei e l’otto per cento), non sarebbe certo un successone. A passare da uomo della provvidenza a uomo del sei per cento ci si mette un attimo.

Nel frattempo, però, la sola minaccia che si presenti con una sua lista mette in angoscia per motivi diversi sia Bersani che Berlusconi. Bersani si troverebbe a dover competere per la vittoria con chi continua a dire tre volte al giorno aver fatto un ottimo lavoro. E allora, se Monti ha fatto un ottimo lavoro e potrebbe continuarlo, perché si dovrebbe cambiare con Bersani?

Ovvio quindi che il segretario del PD proverà ad insistere perché Monti non si presenti con una sua lista, offrendogli magari in cambio l’ascesa al Colle. Monti potrebbe rifiutare o accettare, si tratterà di vedere quale peso avrà la volontà degli oligarchi europei di continuare a tenere l’Italia a loro disposizione. E, persino, potrebbe scegliere una strada oggi ed essere pronto a rimangiarsi tutto quando lo reputasse conveniente. Bersani, che lo conosce, sa cosa rischia. C’è da dire però che se Monti formerà la sua lista, Casini ne sarà tra i promotori; almeno in questo l’alternativa tra lui e Vendola nella coalizione di centrosinistra potrebbe trovare soluzione.

Alla sinistra dell’asse PD-SEL c’è poco: la pur interessante proposta degli arancioni, guidata da De Magistris, Di Pietro e Ferrero (con Ingroia sullo sfondo), è suggestiva ma poco convincente, sia perché un partito che vede tre ex-pm alla guida non appare immediatamente scevro da una lettura particolare della scena politica, sia perché il grande assente - la FIOM - continua a rimanere defilata sullo sfondo. Ad ogni modo non è un mese prima del voto che si costruiscono aggregazioni politiche: in questo modo si fanno cartelli elettorali, che sono cose diverse e, spesso, destinate a raccogliere poca gloria, come la precedente esperienza Arcobaleno ha testimoniato. In queste condizioni la soglia di sbarramento è un ostacolo difficile da superare. L’unica possibilità sarebbe quella di accordarsi per un appoggio alla coalizione del centrosinistra, ma purtroppo non sembra, al momento, uno scenario praticabile per gli uni e per gli altri.

L’incognita Monti ha però soprattutto nel centrodestra la possibilità di rovesciare il tavolo. Berlusconi ha di che preoccuparsi per una eventuale lista del Premier. Sceso nell’agone per poter fronteggiare i processi che ancora lo attendono e per poter immettere benzina fresca nei serbatoi a secco delle sue aziende, il cavaliere di Arcore pensava di lanciare la sua sfida solo a Bersani, riproponendo la storiella della “lotta al comunismo” per vedere se è come la musica melodica, che va sempre bene.

La scesa in campo di Monti lo obbligherebbe a cambiare i piani, giacché la divisione ulteriore del bacino elettorale della destra non farebbe che avvantaggiare ulteriormente il PD e SEL, che potrebbero agevolmente fare a meno di Casini. Sempre che l'alleanza regga: se Bersani continua a riproporre l'agenda Monti, c'é il rischio che la pagina di sinistra si strappi.

I sondaggi ultimi assegnano a Berlusconi tra l’8 e il 15 per cento, in dipendenza dall’alleanza con la Lega e gli ex-AN oppure no. Del resto la diaspora quotidiana dei suoi che ogni mattina propongono un nuovo raggruppamento, certo non aumenta compattezza e coesione e non sarà certo un’operazione di maquillage sul nome che invertirà l’andazzo. Con la Lega che conferma il suo no all’accordo elettorale con Berlusconi candidato, può scordarsi di vincere anche solo in una circoscrizione al Nord e l’alleanza con l’eventuale “Centrodestra italiano” di La Russa e Gasparri avrebbe un’influenza elettorale minima, coerente con lo spessore intellettuale dei due ispiratori.

Ove quindi Monti si presentasse, Berlusconi troverebbe lo spazio politico al centro e il sostegno dei poteri forti del paese schierato con il professore e non avrebbe perciò un bacino elettorale da occupare. D’altra parte, Vaticano, Confindustria, Tv e giornali che oggi appoggiano Monti, sono esattamente gli stessi che gridano contro la ricandidatura di Berlusconi (dopo averlo però sostenuto, alcuni di loro, per vent’anni).

Il cavaliere di Arcore, che non combatte mai battaglie che teme di perdere, pur se in grado di dare il meglio di sé nelle campagne elettorali, che si caratterizzano per le promesse irrealizzabili, troverebbe ostacoli seri e, vista l'impossibilità di vincere, potrebbe decidere di ritirarsi. Lo farebbe raccontando che affronta il sacrificio per impedire che i moderati divisi offrano il governo a Bersani, ma in realtà affiderebbe a Monti il ruolo di garante dei suoi interessi in cambio del ritiro dalla competizione e dell’appoggio mediatico ed elettorale che gli fornirebbe.

Insomma un quadro ancora confuso e suscettibile di cambiamenti repentini. L’aspetto più interessante è che dovendo andare a votare con il Porcellum, chi prende abbastanza  avrà tutto. Voleranno scimitarre e si riempiranno i calici di veleni per uno di quei mille scranni circa. Meglio però andare in strada a offrire lezioni di memoria a chi non ce l’ha allenata piuttosto che rimanere sul divano a godersi lo spettacolo.

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