di Carlo Musilli

Il Cavaliere con le spalle al muro finge il colpo di mano, ma non va fino in fondo. Mentre il Pdl entra in decomposizione insieme alle primarie, Berlusconi rilancia la sua candidatura (la sesta a Palazzo Chigi), dà uno strattone alle redini e ordina ai suoi di astenersi da ben due voti di fiducia, prima al Senato e poi alla Camera. In entrambi i casi però i pidiellini stanno ben attenti a garantire comunque il numero legale. Con un atteggiamento vagamente schizofrenico, si scagliano lancia in resta contro l'Esecutivo e allo stesso tempo evitano di farlo cadere.

In serata si viene a sapere che venerdì mattina Angelino Alfano salirà al Quirinale. “Per coerenza istituzionale informeremo il Capo dello Stato su quanto intendiamo fare”, spiega il segretario, chiarendo però che non intende annunciare una crisi di governo: “Non precipiteremo il Paese nell'esercizio provvisorio, non metteremo a repentaglio la Legge di stabilità”.

Insomma, la crisi rimane nell'aria, ma non arriva. Perché mai allora tanto teatro? In primo luogo Silvio Berlusconi sta cercando di far dimenticare agli italiani che nell'ultimo anno il Pdl è stato il partito più rappresentato in Parlamento.

Il fedelissimo capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, sbotta in Aula contro la politica economica dei professori, snocciola i più drammatici fra i dati Istat e Eurostat, prova a farci credere che le attuali condizioni dell'Italia abbiano qualcosa a che vedere con l'estemporanea isteria dei berluscones. Ma dov'erano tutti loro mentre i tecnici - per dirla con il Cavaliere - gettavano “nel baratro” il nostro Paese? Sono sempre rimasti lì, seduti sui loro scranni, ad approvare le stesse leggi contro cui oggi si accaniscono. Si dissociano, ma non ne hanno diritto.

Il partito è allo sfascio e ormai da tempo si dice che Berlusconi voglia abbandonarlo al suo destino per creare una sorta di Forza Italia 2.0 all'insegna del finto rinnovamento. Il programma politico come sempre non esiste e dai sondaggi arrivano i risultati peggiori di sempre.

Il Cavaliere quindi non ha altra scelta se non quella di puntare sull'antimontismo, sull'antieuropeismo, sull'antigermanismo. Un'ipocrisia insostenibile per chiunque abbia un minimo di memoria storica e oltre ad ascoltare le parole di oggi ricordi anche le azioni di ieri. Ma un intero sistema di potere è alla deriva e ai naufraghi non rimane che appigliarsi alla demagogia più superficiale.

Il blitz parlamentare di ieri ha consentito però ai pidiellini di centrare almeno un obiettivo. Il Consiglio dei ministri ha varato il decreto per l'incandidabilità dei condannati, ma ha limitato l'esclusione a coloro che hanno ricevuto condanne superiori a due anni. In ogni caso il testo si accoda alla fila di decreti in attesa di approvazione ed è probabile che, scaduti i sessanta giorni canonici, cada nel dimenticatoio.

Un altro nodo fondamentale resta poi quello delle elezioni. Quando si terranno? Il sospetto è che Berlusconi punti sulle urne a febbraio con uno scopo preciso: evitare che il Tribunale di Milano abbia il tempo di arrivare a sentenza sul processo Ruby prima del voto. Tornare in campo oggi è difficilissimo, ma farlo dopo un'eventuale condanna per prostituzione minorile lo sarebbe ancora di più.

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