di Rosa Ana De Santis

La televisione ha immortalato Beppe Grillo per anni, prima di mandarlo in esilio, e gli ha permesso di costruire la fortuna e la popolarità che ha poi utilizzato per fondare un movimento e inaugurare una militanza politica di partito, oggi in co-brand con la Casaleggio associati. La tv lo ha seguito passo passo in ogni piazza, per arrivare all’ultimo show che lo ha visto attraversare con successo lo Stretto.

Quando però le telecamere non sono per lui, solo questo sembra essere il discrimine, il leader maximo del Movimento Cinque Stelle tira fuori chili di odio contro la televisione, confondendo il fenomeno del berlusconismo con la storia e anche il valore sociologico della rivoluzione televisiva.

Si è consumato su questo il fattaccio che ha visto insultata e isolata dai colleghi, all’interno del Movimento, la consigliera di Bologna, Federica Salsi per il suo intervento a Ballarò. Non una sfilata di moda alla Minetti o Amici di Maria de Filippi, ma una trasmissione di approfondimento e dibattito politico. Si può pensare tutto il male possibile di Ballarò ma, appunto, non era la trasmissione di Floris, bensì la TV in quanto tale l’oggetto dell’ira del comico genovese.

Dopo la scomunica di Grillo, confezionata con un esempio illuminante di maschilismo linguistico e l’accusa di avere nella TV il “punto G”, sono piovuti sulla Salsi insulti di ogni sorta dagli adepti e un isolamento consumatosi nella stessa aula del Consiglio comunale dove i colleghi, Marco Piazza e Massimo Bugani, si sono alzati dissociandosi dall’ordine del giorno PD- Sel di solidarietà per la consigliera sommersa di insulti feroci da parte dei grillini. I suoi adepti sul web, come l’intendenza, hanno seguito: e giù insulti sessisti e vaffanculo a gogò, persino velate minacce alla Salsi, rea di aver parlato di cose concrete e, par di capire, rea soprattutto di essere risultata convincente. La pece non era disponibile, pare.

Oltre al metodo squadrista, c’è un merito ridicolo. Sciocco pensare che rimanere fuori dalle ospitate televisive significhi non stare in televisione e Grillo questo lo sa benissimo. Pare proprio che si attacchi ad un cavillo filologico per non confessare la propria vanità di avere tutta l’esclusiva televisiva. Perché di interviste da dietro la scrivania lui ne ha rilasciate tante. Proprio perché conosce l’animale televisivo, sa come salirci e sa anche che dominarlo rende noti; l’idea che chiunque, o molti, possano essere quindi identificati con il suo movimento a prescindere da lui od oltre lui, pare farlo letteralmente impazzire.

La Salsi, che è persona sensata e non sprovveduta, accusa i suoi di avere pericolose derive da setta religiosa e di avere poco senso di democrazia. Grillo, del resto, non è nuovo nel proclamare veloci epurazioni. Il Movimento patisce quindi un altro strappo, forse questa volta ancor più insidioso per la propria unità.

Era accaduto già con il consigliere comunale a Ferrara, Valentino Tavolazzi, che aveva osato aprile un tavolo di discussione anche su quanto tenere Grillo dentro al simbolo. Liquidata la discussione come partitocrazia o come eresia, Grillo lo ha cacciato. Il Movimento ha mostrato quindi in ripetute occasioni di non conoscere alcuna prassi di confronto interno, ma di seguire in maniera verticistica e fiduciaria i proclami del fondatore.

Difficile credere che si possa essere garanti di democrazia all’esterno se se ne è privi, persino con orgoglio, dentro casa. Così funziona nelle Chiese, in Egitto ai tempi dei faraoni o sotto i fascismi. O, per essere più attuali, dentro Scientology, come dichiara la stessa consigliera epurata. A parte con Casaleggio, spin doctor e neo Aristotele di Alessandro Magno a cinque stelle, Grillo non pare consultarsi con alcuno quando decide cosa il Movimento debba fare o non fare nell’agone elettorale italiano, come del resto certifica il decalogo appena diffuso.

Forse è solo espressione autoritaria di narcisismo, dato che ad oggi e' l’unico che pur rifiutando  confronti (atteggiamento di Berlusconiana memoria), si è concesso dal comodo di casa lunghe interviste e monologhi. E’ proprio lui per il quale il decalogo, a quanto pare, sarà corredato di tutti gli emendamenti del caso.

Difficile, per chi mastica un po’ di storia, non riconoscere insidiose assonanze di altri italiani che prima di arrivare a marciare su Roma parlavano la stessa lingua dell’antipolitica, dei movimenti dal basso e del rinnovamento. Anche Mussolini, per essere più chiari, non è stato sempre il Duce della guerra, ma anche quello del manifesto sociale di San Sepolcro. E quando si agita il vaffanculo come sintesi, difficile non trovare similitudini con il tristemente noto “me ne frego”.

Un mito di lusso, infine, quello di pensare che la rete sia la nuova forma mistico-tecnologica di democrazia, addirittura sostitutiva dei mezzi di informazione che da sempre arrivano nelle case della gente. Aldilà del merito c’è una questione di evidenza spicciola che solo un popolo innamorato di un guru può decidere di ignorare per atto di fede.

Insomma nella triste vicenda di una consigliera, giovane e preparata, che va in televisione, convince ed è brava e per questo subisce ostracismo, c’è tutta la parte meno nobile del fenomeno politico Grillo. Predicatore e anti-machiavellico come un sacerdote. Arcangelo del rinnovamento e impastato di maschilismo a buon mercato (se la Salsi fosse stata meno carina nessuno l’avrebbe accusata di essere di facili costumi). Innamorato della rete, ma nostalgico della democrazia diretta ateniese. Il controsenso di chi vorrebbe portare nella democrazia moderna tutto il peggio di quello che eravamo.

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