di Fabrizio Casari

Alla porcata della legge Calderoli, si aggiunge ora la maialata del lodo Casini. L’emendamento alla legge elettorale approvato l'altro ieri in Commissione Affari Costituzionali al Senato, prevede il raggiungimento della soglia minima del 42,5 % per far scattare il premio di maggioranza. Al blitz in Commissione sono seguite grandi dichiarazioni sull’importanza di non amplificare eccessivamente la relazione tra voti ottenuti e seggi a disposizione. Ma è fuffa.

L’emendamento, infatti, è stato votato dagli stessi che, all’epoca del Porcellum, avevano votato per un premio di maggioranza ben più ampio, che non prevedeva nessuna soglia minima da raggiungere per incassare il 55% dei seggi; bastava semplicemente che uno schieramento avesse un voto in più di quello avverso. Inoltre, blocco delle liste confermato, così da evitare il fastidio degli elettori che dovrebbero scegliere donne e uomini che li rappresentino.

Casini è dunque tornato all’ovile. La maggioranza che ha votato in Commissione è la stessa che votò il Porcellum nel 2005, quando ancora l’UDC governava con Forza Italia, lega e An. E come già con il Porcellum, hanno confezionato un prodotto che è in sintonia con le necessità politiche del centro-destra e dei poteri forti nazionali ed internazionali che vogliono ad ogni costo evitare un governo progressista o anche solo sul modello di quello di Hollande in Francia. Dicono di averlo fatto per liberarsi del Porcellum, ma la verità è che se rimanesse in vigore il Porcellum, il PD - che viene accreditato sia come primo partito che come coalizione vincente - avrebbe un premio di maggioranza che gli consentirebbe di governare insieme a Vendola. Per questo il blitz che mette i poteri forti al riparo dal rischio di un governo a tinte progressiste.

Lo scenario, infatti, sarà il seguente: non è possibile un allargamento dell’alleanza a Grillo o a quant’altro di simile da parte del PD: dunque la soglia massima cui potranno aspirare a Via del Nazareno arriverà al 30-35%, Vendola compreso. A destra lo sfaldamento del PDL non potrà essere evitato nemmeno dalle iniezioni provenienti dai neofascisti e dal centro e il rischio è che la destra diventi decisamente minoritaria (intorno al 20-25% o poco più) in Parlamento. Il cosiddetto centro arriverà intorno al 5%, dunque inservibile sia per destra che per sinistra, inutile anche per blandire o minacciare niente e nessuno.

Dunque, il senso del blitz è questo: dal momento che nessuna coalizione sarà in grado di ottenere la maggioranza assoluta e nemmeno di arrivare alla soglia del 42,5%, la strada obbligata sarà o il ritorno al voto o il governo di unità nazionale. Guidato da chi? Da Monti, ovvio.

La mossa del cavallo orchestrata da Casini e dal PDL, non si limita poi al solo scenario di governo, dove con l’ipotesi Monti si garantisce la continuità delle politiche ultraliberiste e dell’inchino perenne alle gerarchie ecclesiali. I riflessi sono inevitabilmente sulla corsa al Quirinale. Infatti, tenendo "rigor montis" a Palazzo Chigi, si riduce il numero dei papabili per il Colle, tra i quali spicca proprio Casini. Non solo per l’ambizione nota di cui il suocero di Caltagirone è pervaso, ma anche per il patto non scritto ma vigente che vede alternarsi al Quirinale presidenti provenienti dalla tradizione laica e progressista e da quella cattolica e conservatrice.

Dal momento che se Monti fosse in campo avrebbe molte più possibilità di Casini, se il professore fosse a Palazzo Chigi e quindi fuorigioco per il Colle, il capo dell’UDC avrebbe un avversario in meno e potrebbe far pesare il ruolo di Presidente della Camera avuto in passato. Prodi sarebbe decisamente più autorevole, ma l’opposizione della destra è scontata e dal momento che il presidente lo elegge il Parlamento con maggioranza qualificata…

Qualcuno da Via del Nazareno si accorge fuori tempo massimo di avere dietro di sé il famoso ombrello di Altan e chiede al governo Monti e a Napolitano d’intervenire. Ma Monti (ammesso che non accarezzi proprio l’idea di rimanere a Palazzo Chigi) non ha nessun potere d’intervento, perché anche un decreto deve poi trovare il voto di Camera e Senato per divenire legge e in entrambi i rami del Parlamento il centrodestra ha la maggioranza. Quanto a Napolitano, solo chi non ha capito come ci sia proprio la sua mano nell’operazione di ritorno di Monti può credere che sia contrariato dal voto in Commissione.

E ad ogni modo, volendolo anche estraneo all’operazione, addirittura contrariato, il massimo che potrebbe fare è inviare un messaggio alle Camere. Ma sarebbe una mossa sterile, non solo perché non può minacciare di non apporre la firma sulla legge, non avendo essa tratti palesi d’incostituzionalità, ma anche perché ogni tentativo di pressione sarebbe ininfluente. In campagna elettorale nessuno rispetta la moral suasion e la solennità di un messaggio alle Camere sarebbe decisamente ridotta causa inizio del semestre bianco, cioè i sei mesi nei quali il Presidente della Repubblica non può più sciogliere le Camere e diventa buono solo per il taglio dei nastri e i funerali di Stato.

In un colpo solo, così, il leader dell’UDC, come sempre, ha giocato le sue carte in modo spregiudicato, indifferente ad ogni forma di decenza politica. Annuncia di allearsi con il PD (per impedire che lo stesso stampi il negativo della foto di Vasto e sposti l’alleanza dei progressisti su un terreno elettoralmente più ampio e politicamente più radicale) mentre in realtà sta costruendo da mesi l’alleanza con il PDL depurato da Berlusconi.

Perché l’obiettivo d’impedire l’accesso al governo del centrosinistra è stato ed è il motivo fondamentale che tiene in piedi (o meglio, sulle poltrone) l’UDC. Che è formazione politica organicamente parte della destra clericale: la sua rottura con il PDL è stata rottura del suo gruppo dirigente con la persona di Berlusconi, non con la destra. Ora che il cavaliere pare voler abbandonare lo scenario, l’UDC è pronta a rientrarvi; se mantiene ancora qualche balletto d’incertezza apparente, è solo perché non è ancora chiarissimo quale sarà la decisione finale del cavaliere.

Pare che successivamente al voto in commissione, Bersani abbia sostenuto che è stata una trappola. Sembra anche che abbia aggiunto come risulti chiaro che la soglia sia stata posta per impedire al PD di governare. Straordinario! Acume politico purissimo quello del segretario del PD. Esempio lampante di chi sente avvicinarsi la tragedia quando già si contano le vittime. Adesso dovrà scapicollarsi per spiegare come sia andata in frantumi l’idea di una alleanza con Casini e le sue frattaglie, sul cui altare il PD ha sacrificato il suo rafforzamento politico, che poteva darsi aprendosi alla sinistra sociale prima ancora che a quella politica.

Non avrà nemmeno la forza (e l'intenzione) di rompere nelle giunte con l’UDC e dovrà spiegare perché una linea politica così sgangherata abbia potuto caratterizzare le scelte e la sequela di errori compiuti dal suo partito dall’arrivo di Monti a Palazzo Chigi fino ad oggi. Dovrà trovare la forza per dire a Napolitano di riparare ora ai danni che ha fatto. Tutto questo mentre corre per vincere le primarie. Complimenti.

L’Italia è l’unico paese al mondo che cambia continuamente la sua legge elettorale. L’incapacità di garantire gli equilibri di potere a vantaggio dei conservatori e dei reazionari del nostro paese, costituisce la motivazione di fondo dei ripetuti cambiamenti. Il sistema di voto proporzionale, che per tanti decenni aveva caratterizzato la metodologia elettorale, è stato progressivamente stracciato proprio per adeguare il controllo dei partiti allo stravolgimento continuo del patto sociale e costituzionale sancito dalla Carta.

Nei decenni trascorsi dal dopoguerra alla fine del secolo, dove la collocazione internazionale dell’Italia faceva tutto quello che c’era da fare e anche di più per impedire l’arrivo al governo dei comunisti, c’erano gli Andreotti e i Moro a garantire la vigenza del "fattore K". Adesso, per fregare il PD, è stato sufficiente l’ex portaborse di Forlani. Dice abbastanza dei tempi che ci tocca vivere.

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